«Mai giudicare un libro dalla copertina»: un’espressione del linguaggio comune che invita a considerare l’aspetto esteriore delle persone come poco o per nulla rappresentativo delle stesse. Nel campo dell’editoria, tuttavia, la copertina fa parte di quegli elementi (quali titolo, autore, formato, collana ecc.) che risultano «una componente essenziale delle “sorti” del testo».
Uno straordinario caso in cui l’aspetto — il cosiddetto «paratesto» — ha avuto un ruolo fondamentale nel favorire le vendite e il successo delle pubblicazioni riguarda la collana “Medusa” della Mondadori.
La “Medusa“, nata nel marzo del 1933 con un titolo di Alain-Fournier, Il grande amico, è la prima collana di narratori stranieri contemporanei della Mondadori.
Si tratta di una brossura in formato 14×22 cm la cui veste grafica ha fatto la storia dell’editoria e del design: fondo bianco con cornice verde bordata di nero; al centro un rettangolo in cui, sotto autore e titolo, troviamo il logo della collana — una stilizzazione delicata della gorgone Medusa su progetto grafico di Bruno Angoletta —; in alto, sempre inserita in un rettangolo, la scritta «I grandi narratori d’ogni paese» e, in basso, il nome della casa editrice.
Il «verdemedusa», così Dino Buzzati intitola un articolo dedicato alla collana, rappresenta dunque un’innovazione grafica al cui interno gli autori pubblicati non sono di minor importanza: da Hemingway a Joyce, da Mann a Hesse. A testimonianza di quanto sia importante il connubio contenuto-estetica, quasi che il successo del primo non possa essere disgiunto dalla seconda.
Tra i meriti della collana ricordiamo la sprovincializzazione dell’Italia attraverso l’apertura alle letterature mondiali e la nascita di uno dei laboratori culturali italiani più vivaci all’epoca, tanto che Mario Soldati, in merito alla censura cui molte pubblicazioni andarono incontro sotto il regima fascista, scrisse:
A questo mondo, il grande problema che si chiama vita è affrontato e risolto soprattutto dalla difficile arte della letteratura; […] il grado in cui si eccelle in quest’arte sarà, sempre, il miglior indice della libertà morale di una società o di una nazione. […] Non si spiegherebbe altrimenti il veto che colpì la pubblicazione della “Medusa” nel periodo più crudo e trionfante del nazifascismo. Una storia ben raccontata è sempre, anche quando meno lo si direbbe, un brandello di realtà viva e cosciente: un guizzo di luce in più, un passo avanti.
Per saperne di più: Stefano Salis, Incantati da verde Medusa, in “Il Sole 24 Ore”, 3 ottobre 2010, p. 34 e Velania La Mendola, Per una storia della “Medusa”: contrabbando, consacrazione e declino in Libri e scrittori da collezione, a cura di Roberto Cicala, Maria Villano, EDUCatt, Milano 2007.
(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).
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