Emilio De Marchi (Milano 1851 – ivi 1901) è considerato uno dei più importanti scrittori del secondo Ottocento italiano, la cui ispirazione deriva dalla gente umile della terra lombarda e dalla terra medesima, che sempre conforta gli affanni degli uomini. L’opera omnia dell’autore venne pubblicata da Arnoldo Mondadori Editore tra il 1959 e il 1965 col titolo di Tutte le opere di Emilio De Marchi, a cura di Giansiro Ferrata.
Il contratto editoriale era stato approntato tra il maggio e il giugno 1957 e spedito alla signora De Marchi Rampoldi, con la richiesta di farlo firmare alle eredi, il 17 giugno. La versione definitiva era frutto di qualche compromesso da parte della famiglia De Marchi, che intendeva partecipare piuttosto attivamente alla pubblicazione del volume, come da parte della casa editrice, pronta a concedere una percentuale dei ricavi nonostante la legge sul diritto d’autore fosse a loro favore.
Prova di questi atteggiamenti sono, ad esempio, le comunicazioni interne della Mondadori, in cui Enzo Orlandi riassume e discute i termini contrattuali che le eredi chiedono di modificare, domandando che siano «cancellati alcuni paragrafi» o addirittura di «poter approvare lo schema secondo il quale verrà fatta da noi ‘Opera Omnia’ predisposta in accordo con Giansiro Ferrata»;[1] grazie a queste fonti possiamo ipotizzare i contenuti principali del contratto, di cui abbiamo a disposizione soltanto un asciutto riassunto fornito in un “Appunto per il Presidente” e delle menzioni in alcune lettere precedenti l’invio dello stesso alle eredi.
Possiamo affermare con certezza che le percentuali infine proposte per i diritti d’autore, almeno fino al 31 dicembre 1961, sono «per l’edizione nei Classici Contemporanei Italiani 7% sulla brossura; [p]er le collane popolari, 4% sul prezzo di vendita»; prima con la riserva che «se sarà possibile prolungare la protezione di legge dei diritti d’autore invocando il fatto che la nostra è un’edizione critica» si potranno stilare «nuovi accordi»,[2] quindi, determinata l’impossibilità di prolungare i diritti dell’opera, con il «4% sul prezzo di copertina, dedotto il 25% dal 1.1.62 al 31.12.71» per Tutte le opere e il «2% sul prezzo di copertina dal 1.1.1961 al 31.12.1971» per le opere pubblicate nella “Biblioteca Moderna Mondadori”.[3]
Inoltre, sappiamo che la loro richiesta di visionare il piano dell’opera di Ferrata fu approvata, perché ne ritroviamo notizia nella già citata lettera del 17 giugno, in cui si afferma che il suddetto piano è consegnato in allegato (pur riportando l’indicazione che «l’abbozzo relativo non è stato ancora discusso dalla nostra Direzione Editoriale, e potrà quindi subire eventuali varianti»,[4] come poi effettivamente accadrà).
Sappiamo anche che fu concessa alla Garzanti, con l’approvazione delle eredi, la pubblicazione dell’«edizione ridotta per le scuole del romanzo Demetrio Pianelli a cura di Mazzali»,[5] probabilmente perché di nessun interesse editoriale per la Mondadori, e senz’altro non una minaccia per le vendite dell’edizione in preparazione, visto il differente pubblico di riferimento.
Prima della firma definitiva, comunque, ci furono alcuni fraintendimenti tra le eredi e la Casa e per questo motivo la firma definitiva del contratto avvenne solo nel mese di luglio: la signora De Marchi e le figlie, infatti, si sentirono intitolate ad aggiungere delle modifiche a penna alla copia che era stata loro inviata il 17 giugno dalla Mondadori.
Vi rendo il contratto firmato dalle mie figlie, nel quale all’art. 2) abbiamo apportato una modifica riguardo alla durata della cessione, secondo quanto era stato prima accordato e considerando di aver già accondisceso su molti altri punti.[6]
Si può parlare, ancora una volta, di errore in buona fede; come risulta dalle comunicazioni successive, e dall’accenno ad alcune conversazioni telefoniche[7] dopo una prima risposta piuttosto piccata da parte della Casa,[8] le eredi intendevano rifarsi a una «clausola indicata nella prima bozza di contratto da Voi [Mondadori] proposta»,[9] che prolungava il contratto di edizione fino alla durata di vent’anni; il fraintendimento si deve probabilmente, dunque, all’erronea idea che le eredi volessero lucrare sui diritti in scadenza del De Marchi per molto più tempo di quanto la Mondadori non fosse disposta a concedere. Appurato che così non era – benché non ci sia dato conoscere i termini esatti del chiarimento – il contratto definitivo venne spedito il 4 luglio e restituito, firmato e senza modifiche, due giorni dopo.
Sono molteplici le differenze tra il primo piano, steso in una fase ancora embrionale del progetto, e l’effettiva edizione che verrà poi messa in commercio. Quella più lampante è lo sviluppo del terzo volume in due tomi distinti: il materiale inedito si era rivelato più di quanto inizialmente ipotizzato, così la casa editrice pensò di non pubblicare un unico volume di dimensioni esorbitanti e al di fuori della linea della collana. Ma altri cambiamenti si possono trovare anche nella disposizione delle opere all’interno dei volumi, cui poi si preferirà dare dei nomi, piuttosto che una semplice numerazione ordinale.
Occorre infine considerare che in questo primo volume non ci sono solo racconti, ma anche un romanzo come Il cappello del prete, vera e propria esperienza narrativa ormai di largo respiro, e di poco precedente i libri più noti del De Marchi che passeranno sotto il titolo di “Grandi romanzi” (secondo volume).[12]
Inoltre, un appunto redatto da Vittorio Sereni nel gennaio 1959 – oltre a sottolineare elementi di carattere generale come l’immancabile presenza del Presidente in ambito decisionale (d’altronde la Casa era evidentemente organizzata su un modello verticale, per cui le scelte finali passavano sempre attraverso Arnoldo) – ci permette di osservare anche come la stesura dell’edizione critica stesse richiedendo più tempo di quanto precedentemente pianificato: secondo l’Appunto del 6 dicembre che abbiamo già citato, infatti, la pubblicazione del primo volume sarebbe dovuta avvenire entro il 1958, «seguita dagli altri due 6 mesi dopo il 1° e 6 mesi dopo il 2° volume».[13]
Un ritardo dovuto probabilmente alla meticolosità con cui Ferrata stava curando il lavoro: il suo rispetto per l’opera del De Marchi è chiaramente percepibile dalle parole che accompagnano il primo volume dell’opera omnia, quando finalmente uscì nel febbraio 1959:
Ha un significato tutto nuovo per lui [De Marchi] la pubblicazione fra i “Classici Contemporanei”. Romanzi famosi, altri quasi ignorati; racconti editi ed inediti, i migliori capitoli delle opere narrative che l’autore non pubblicò; una scelta di poesie, di scritti per il teatro, di prose, di lettere, di pagine in dialetto, e molte testimonianze di un lavoro critico, di un impegno educativo sempre rilevanti formeranno, nei tre volumi della nostra edizione, un panorama dove Emilio De Marchi avrà finalmente la luce che merita. Confrontando nel Pianelli ed altrove il testo definitivo con gli esperimenti (di grande interesse) da cui nacque; stabilendo in ogni caso l’ultima lezione data dall’autore e illustrando nell’appendice al terzo volume anche i più notevoli elementi linguistici verrà offerta qui una nuova prospettiva sull’intera questione. Perché vi si arriva solo oggi, molti anni dopo che Croce, per esempio, riconobbe in De Marchi qualità di prim’ordine?
Insieme a pigrizie, a indifferenze non rare pesò in questo caso l’opinione che alle strade maestre della sua arte lo scrittore fosse arrivato seguendo viottoli, sentieri, terreni vaghi di trascurabile importanza. Con il solito Demetrio Pianelli si osservavano Arabella, Giacomo l’idealista e qualche racconto; si ritrovavano stimoli di curiosità verso Il cappello del prete, romanzo “d’appendice” a doppiofondo psicologico; il resto venne abbandonato quasi sempre agli specialisti di esperienze lombarde. E troppe volte gli specialisti mancano di strumenti interiori per distinguere i meriti.[14]
Grazie a queste stesse pagine si scopre, inoltre, una precoce attenzione – forse non ininfluente nella scelta definitiva di Ferrata come curatore – all’opera dell’autore meneghino. Lui stesso, infatti, citandosi come «giovane lettore […] abbastanza somigliante al sottoscritto»[15] cui vennero presentate, nel 1930, alcune pagine della “Vita Nuova”, ricorda un articolo da lui pubblicato sulla rivista “Pan” del giugno ’34 e dedicato all’opera di De Marchi, in cui si arrischiò a scrivere «d’aver trovato “dentro alla polvere e alla materia inutile una vena di metallo davvero puro”».[16]
Si può tuttavia aggiungere che a questa sua particolare attenzione all’autore si dovrebbero sommare anche altri motivi per la dilazione della stampa, principalmente le responsabilità sempre maggiori che al Ferrata venivano assegnate in quegli anni nell’ambito della direzione editoriale di Sereni: oltre alle consulenze si aggiunse, infatti, prima il ruolo di direttore della collana “Arianna”, poi – proprio durante il periodo in cui stava portando avanti la curatela esaminata – dei “Classici Contemporanei Italiani”. Compiti onerosi, senza alcun dubbio; non sarebbe un’illazione, dunque, pensare che potessero aver parte nel ritardo della pubblicazione del De Marchi.
Ferrata comunque non ha mai negato le proprie pecche in tal senso, anzi: è lui stesso a scrivere ad Arnoldo Mondadori, estendendo al Presidente l’invito a una serata dedicata proprio al De Marchi, a dire che «è stato Lei [Arnoldo Mondadori] a proporre questo lavoro, non il sottoscritto, desolantemente recidivo nel rimandare le iniziative a volte più giuste. Ora che il Ferrata prenda lodi un po’ da tutti, per la sua “buona volontà” ecc. ecc., si sentirebbe molto disonesto tacendo sulle sue pigrizie e trascurando di ringraziare, in Lei, la Casa Mondadori per l’incoraggiamento fiducioso e qualche volta… longanime a scrivere, a leggere, a curare almeno i libri degli altri».[17]
Nonostante alcune lungaggini, comunque, i primi volumi di Tutte le opere cominciavano ad entrare nelle librerie e nelle case degli italiani. Il secondo volume (Grandi romanzi), con un ritardo di otto mesi rispetto ai sei definiti dal contratto, venne stampato nell’aprile del 1960; ne abbiamo notizia direttamente da Arnoldo Mondadori, che parlando della «nostra bella edizione amorosamente curata» alla signora De Marchi Rampoldi, «[s]i compiac[e] moltissimo di poterLe inviare il [su]o fervido augurio per quello che sarà […] un nuovo felice incontro del grande Autore col […] pubblico».[18]
Il terzo ed ultimo volume (diviso in due tomi), invece, si fece attendere abbastanza da far sorgere alcune preoccupazioni nella signora De Marchi Rampoldi: passati più di due anni dalla pubblicazione del secondo volume, arriverà a scrivere:
Il Prof. Ferrata quando preparerà il III volume delle Opere complete che dove [sic] uscire, come promesso, entro il 1962? Ero tanto felice di avere offerto a voi le opere complete di Emilio De Marchi e sono tuttora entusiasta delle vostre belle edizioni, ma questi grandi ritardi mi addolorano.[19]
Parole forti, dettate anche dall’età avanzata della signora – cui abbiamo già accennato e che ella sentiva molto – ed è probabilmente per questo che, oltre a scusarsi per il ritardo, la Casa si preoccupò di assicurare, nella risposta del 28 maggio, la pubblicazione entro i primi mesi del 1963.
Purtroppo si trattò d’una promessa destinata a non essere mantenuta: all’alba del 22 gennaio 1963 « Ferrata comunica che è d’accordo con Arneri per la consegna a fine febbraio del materiale»[20] e, più di un anno dopo, questa ulteriore scadenza è stata ampiamente superata, come testimoniato anche da un’altra lettera – particolarmente seccata – della signora De Marchi, che scrive di «non po[ter] tacere quanto [le] spiaccia il lungo indugio a completare la pubblicazione delle opere di Emilio De Marchi nella collana dei Classici Contemporanei».[21]
L’irritazione, d’altronde, è più che comprensibile, soprattutto se si pensa che in questo modo si era persa l’opportunità di legare la pubblicazione ai centodieci anni dalla nascita (e ai sessanta dalla morte) dell’autore, celebrati nel 1961. La stessa signora, mostrandosi ancora una volta attenta all’eredità del suocero, aveva scritto a riguardo a Vittorio Sereni, allegando anche un articolo del “Corriere Lombardo” che parlava di un busto dedicato all’autore eretto a Paderno Dugnano,[22] augurandosi che fosse «l’avvio ad altre commemorazioni così che la data non passi inosservata».[23]
Tuttavia, l’attesa in questo caso ha una giustificazione concreta e di una certa importanza, come è possibile constatare dalla risposta che venne inviata alla signora De Marchi:
La pubblicazione del 3° volume delle Opere Scelte del De Marchi è programmata da tempo, il rimando è stato determinato dal lavoro di ricopiatura degli inediti e dal completamento della traduzione di Milanin Milanon ormai avviata al termine. Tra poco, verso maggio, comunque potremo andare in composizione e nella primavera dell’anno prossimo i due volumi (come forse Ferrata Le avrà riferito il volume terzo uscirà in due tomi) saranno senz’altro pronti.[24]
L’edizione di Tutte le opere, priva degli importanti inediti studiati dal Ferrata, non si sarebbe potuta considerare completa né adatta a svolgere una funzione critica nell’ambito degli studi dedicati al De Marchi. Comunque, in questo caso le rassicurazioni si dimostrarono veritiere: i due tomi finali uscirono nell’aprile e nel maggio 1964, completi di tutte le Varietà e degli Inediti, come si decise poi d’intitolare il terzo volume.
Estratto da: Camilla Pelizzoli, Emilio De Marchi: storia editoriale tra Garzanti e Mondadori, tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 2013-2014, relatore Chiar.mo prof. Roberto Cicala.
[1] Appunto della segreteria editoriale di Enzo Orlandi, 23 maggio 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[2] Arnoldo Mondadori Editore a Maria De Marchi Rampoldi, 25 maggio 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[3] Appunto per il Presidente, dall’Ufficio Proprietà Letteraria, 6 dicembre 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[4] Ibidem.
[5] Maria De Marchi Rampoldi a Enzo Orlandi, 21 giugno 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[6] Maria De Marchi Rampoldi a Enzo Orlandi, 21 giugno 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[7] Ci si riferisce in particolare alla lettera del 2 luglio di Magda Boitani De Marchi e Cesarina De Marchi, indirizzata all’attenzione del dott. Orlandi (ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi).
[8] Al messaggio sopracitato la Mondadori rispose con una lettera che si conclude in questo modo: «Siamo spiacenti di non poter accettare il contratto che le Eredi ci hanno rimandato e ci dichiariamo disposti a farle tenere una nuova copia di esso ripristinata nella sua integrità perché venga finalmente firmata. Ove le Eredi non credano di accedere a questa nostra proposta, la Casa è spiacente di dover dichiarare che si disinteresserà della pubblicazione delle opere di Emilio De Marchi quale era stata prospettata precedentemente» (Arnoldo Mondadori Editore a Maria De Marchi Rampoldi, 29 giugno 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi).
[9] Magda Boitani De Marchi e Cesarina De Marchi a Enzo Orlandi, 2 luglio 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[10] Piano per i tre volumi De Marchi nell’edizione critica “Classici Contemporanei”, redatto da Giansiro Ferrata, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[11] Scrive Arnoldo Mondadori a Piero Panzini: «Avrà letto il mio recente “ordine di servizio”, di cui Le feci inviare copia, che annuncia l’inserimento nella Direzione Generale di due elementi che saranno di valido aiuto per il mio lavoro: l’Avv. Arrigo Polillo alla Segreteria della Presidenza, e il Dott. Vittorio Sereni, Direttore Letterario» (Arnoldo Mondadori a Piero Panzini, 7 novembre 1958, ArchAmeSeai, fascicolo Piero Panzini).
[12] Appunto per il Presidente, Vittorio Sereni, 30 gennaio 1959, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[13] Appunto per il Presidente, dall’Ufficio Proprietà Letteraria, 6 dicembre 1957, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[14] Emilio De Marchi, Tutte le opere, a cura di Giansiro Ferrata, Mondadori, Milano 1959, vol. I, p. XIII.
[15] Ibi, p. XIV.
[16] Ibidem.
[17] Giansiro Ferrata ad Arnoldo Mondadori, 10 giugno 1959, ArchAmeAr, fascicolo Giansiro Ferrata.
[18] Arnoldo Mondadori a Maria De Marchi Rampoldi, 28 aprile 1960, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[19] Maria De Marchi Rampoldi alla Casa Editrice Mondadori, 30 aprile 1962, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[20] Appunto della Segreteria Letteraria, 22 gennaio 1963, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[21] Maria De Marchi Rampoldi alla Direzione Amministrativa, 5 aprile 1964, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[22] R.C.P., Un busto ad Emilio De Marchi nel sessantesimo della morte, in “Corriere Lombardo”, 24-25 febbraio 1961, p. 9.
[23] Maria De Marchi Rampoldi a Vittorio Sereni, 29 febbraio 1961, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
[24] Vittorio Sereni a Maria De Marchi Rampoldi, 16 ottobre 1964, ArchAmeSeai, fascicolo Emilio De Marchi.
(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).
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