«Ciondolare per casa e guardare la tv» fotografa il lockdown che ha ridotto la lettura nel 2020, però finalmente in ripresa verso la fine dell’anno, ed è quanto i genitori chiedono alla Matilde di Roald Dahl. La passione della bambina per i libri sta nella domanda che fa, andando di nascosto in biblioteca, e che ogni bibliotecario vorrebbe ricevere: «Questo Dickens ha scritto altri libri?»
Matilde è uno dei 45 italiani su 100 che leggono almeno un libro l’anno; i suoi genitori gli altri 55 che non ne leggono neppure uno. Gli ultimi dati diffusi dall’Associazione editori fanno sperare sull’assorbimento del calo drammatico di vendita dei mesi centrali della pandemia ma non c’entrano con la crisi vera, che è cronica e coinvolge l’intera filiera, perché i contributi anti-Covid sono occasionali e da sempre manca una politica strutturata del libro (si pensi al sito per l’internazionalizzazione BooksinItaly.it: dal 2014 non è ancora partito, sostituito da un altro portale in avvio).
La morte annunciata del libro è così rinviata zittendo le banalità di chi giustifica la crisi con l’e-book (che ha una quota di mercato minima) perché la questione è la lettura, non i supporti fisici o liquidi, che funzionano se c’è una mediazione editoriale. E i tentativi di saltare la mediazione, tra self publishing e app virtuali, non pagano: lo sanno i lettori consapevoli che hanno bisogno di prodotti fatti bene grazie alle professionalità intellettuali coinvolte. È il segreto della tenuta del libro come prodotto necessario, non un surplus.
Il libro resiste perché il digitale pensato come avversario è invece la nuova anima della sua materialità così funzionate per contenere l’immaterialità della parola e delle storie. Dentro l’apparente debolezza di questo parallelepipedo di carta e inchiostro sta una forza ostinata di un settore che comunque in Italia è la prima industria culturale, comparabile con quella delle pay tv: non è poco.
Se a fine dicembre saranno azzerate le perdite di quest’anno nero ci troveremo a ripartire da dove eravamo. Come? Cercando di capire come il libro sta cambiando e quale sarà la sua nuova dimensione, dove gli store on line, grazie alla loro logistica vincente, fanno da battistrada nel balzo dell’e-commerce analizzato da Anna Zinola nel suo Io compro a casa (ed. Guerini Next) su «carrelli virtuali e reali» che non intaccano, in verità, la capacità del libro di essere non solo un prodotto ma soprattutto un servizio, un’esperienza.
Rodari insegna che il verbo leggere non vuole l’imperativo ma passione, come quella della Matilde di Dahl che supera le proteste dei genitori: «Diavolo, cosa non va con la tv? Abbiamo una stupenda tele a 24 pollici e vieni a chiederci un libro: sei viziata ragazza mia!» Il libro resiste se anche gli editori lavorano bene, con responsabilità, perché le nuove generazioni scoprano la passione per il libro: un gran bel vizio.
Roberto Cicala
(il testo riprende l’articolo pubblicato in “Libri e lettori”-“Avvenire”, dicembre 2020)
(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).
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