Nel maggio 1974 nasce l’Editrice Bibliografica, una casa editrice da sempre rivolta al mondo dell’editoria, della comunicazione e della ricerca, con un’attenzione particolare per le biblioteche e i repertori bibliografici. Un ricordo degli oltre cinquant’anni di storia della casa editrice scritto da Giuliano Vigini, tra i fondatori della casa editrice insieme a Paolo e Michele Costa.
Cinquant’anni di vita di una casa editrice – di qualunque casa editrice – sono un traguardo affettivamente importante per chi l’ha costituita e per quanti l’hanno continuata. Quando poi si tratta di una casa editrice come la Bibliografica che – se l’immodestia non prende in me il sopravvento – ha segnato un punto di svolta nell’informazione libraria e nella manualistica per le professioni del libro, dagli editori alle biblioteche, allora l’affetto si trasforma in una soddisfazione più intima e profonda.
Correva l’anno 1974, quando, con Paolo e Michele Costa, avevo avvertito l’esigenza di una serie di testi, repertori e riviste che fossero, oltreché degli strumenti per il concreto lavoro editoriale, librario e bibliotecario, delle scale di servizio per creare anche in Italia un’organica cultura del libro e della biblioteca.
Avevamo cominciato con una collana periodica trimestrale intitolata “Cosa leggere”, che si proponeva di offrire qualche indicazione bibliografica sulle opere migliori nei vari campi del sapere, ma quella era stata soltanto l’occasione di un inizio. Da subito, con Paolo e suo fratello Michele, che già si era trasferito a Milano da Genova, avevo capito che potevamo costruire qualcosa di nuovo nel panorama italiano, e così è stato, per la consonanza di idee, la condivisione delle competenze, la stima reciproca e soprattutto l’amicizia che ci ha sempre guidato nei nostri progetti: ossia quei valori che fanno l’unione delle forze e danno a quello che si fa una speranza di futuro. Sarò sempre grato a loro per quello che mi hanno permesso di fare, ma credo anche loro a me, per come insieme ci siamo cambiati la vita.
Naturalmente, non è mia intenzione qui ripercorrere le varie fasi di sviluppo dell’Editrice Bibliografica, perché il catalogo storico dei primi vent’anni – curato da un amico della prima ora e da un amato maestro di tanti bibliotecari, Luigi Crocetti – offre già un quadro di ciò che è stato fatto.
Vorrei però almeno accennare ad alcuni passaggi-chiave. In primo luogo, sul piano informativo della produzione libraria, il ruolo determinante avuto dalla pubblicazione del Catalogo dei libri in commercio. Volevamo rendere disponibile anche in Italia un repertorio completo, moderno e tecnologicamente avanzato, sul modello dei tre cataloghi internazionali più noti che avevamo avuto modo di consultare alla Fiera del libro di Francoforte, ossia il Books in print americano; il British books in print inglese e Les livres disponibles francese: tutti in vari volumi e divisi in più parti (autori, titoli e soggetti).
Quest’idea diventerà concreta nel 1975 e, per una casa editrice nata l’anno prima, si trattava indubbiamente di una scelta coraggiosa, economicamente impegnativa, ma giudicata necessaria come strumento fondamentale per il lavoro dei librai e per il commercio librario in generale. Quell’anno il Catalogo era in un solo volume in tre parti (autori, titoli, soggetti) e, dal 1977, veniva aggiornato ogni mese attraverso la pubblicazione delle novità sul “Giornale della libreria”, organo ufficiale dell’Associazione italiana editori, ma gestito dal 1976 dall’Editrice Bibliografica. Poi l’edizione a stampa del supplemento all’interno della rivista sarà sostituita dal CD-rom e successivamente dal DVD di ALICE (Archivio dei Libri Italiani su Calcolatore Elettronico), a cominciare dal 1989.
Se il Catalogo dei libri in commercio era il pilastro annuale dell’attività della casa editrice, cercavamo di individuare altri strumenti utili al mondo del libro. Uno di questi, dal 1976, era il Catalogo degli editori italiani, via via perfezionato nei dati relativi alle singole case editrici, e arricchito ogni volta di statistiche, rapporti sullo stato dell’editoria libraria, analisi storiche.
Nel 1977 si verificherà una svolta decisiva, per non dire un’autentica rivoluzione, per tutto il sistema del libro. Prenderà infatti avvio anche in Italia, da parte dell’Associazione italiana editori e la gestione operativa dell’Editrice Bibliografica, l’Agenzia ISBN per l’area di lingua italiana. Significava che il numero a dieci cifre identificativo del libro nel mondo, l’International Standard Book Number (ISBN) apposto su ogni edizione dei volumi a stampa, diventava anche da noi il codice di riferimento indispensabile per la gestione dell’intera filiera del libro, con enormi vantaggi di rapidità, semplificazione e precisione. All’ISBN subentrerà alcuni anni dopo il codice a barre a tredici cifre, l’EAN (European Article Number), che resta la base di ogni sistema e procedura commerciale.
Nel 1978 sarà inaugurata la collana che, sul piano formativo professionale, rappresenterà la carta d’identità della casa editrice: vale a dire la collana “Bibliografia e biblioteconomia”, dove fin dagli inizi troveranno posto testi importanti e, tra questi, mi piace ricordare il Totok-Weitzel, Manuale internazionale di bibliografia, tradotto e aggiornato da Piero Innocenti, con la prefazione di Diego Maltese.
A questa collana per bibliotecari affiancheremo diversi anni dopo anche una collana di saggi e manuali professionali per editori e librai, intitolata “I mestieri del libro”, che mi è cara non tanto perché è stata inaugurata da un mio saggio, L’Italia del libro. Struttura, produzione e mercato editoriale (1990), ma perché ha aperto una strada nello studio dei vari aspetti dell’editoria e del lavoro editoriale, presso l’Editrice Bibliografica ma anche presso molti altri editori.
Sul piano repertoriale, un posto rilevante hanno avuto le “Grandi opere”, che, inaugurate nel 1986 da Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento di Giuseppina Zappella, hanno visto nel 1991, dopo quattro anni di raccolta, registrazione ed elaborazione dati, la pubblicazione di un’impresa bibliograficamente, redazionalmente, organizzativamente e finanziariamente imponente, forse anche temeraria, come CLIO: i 19 volumi a stampa del Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento (1801-1900), ordinati per autori, editori e luoghi di edizione.
Le 420.898 edizioni censite in CLIO erano il risultato di uno spoglio di circa 13 milioni di schede di catalogo di biblioteche e di repertori specifici, attraverso il quale si è prodotta, pur con le sue inevitabili lacune e imperfezioni, «un’opera monumentale – come è stato scritto autorevolmente (Guglielmo Manfrè, “Accademie e biblioteche d’Italia”, anno LX, n. 2, 1992) – che fa onore alla Casa editrice che l’ha realizzata e alla bibliografia italiana». In realtà, penso che si possa essere fieri di esser riusciti a portarla a termine e di aver messo a disposizione di una vasta categoria di utenti un’opera di consultazione che ha reso e rende un prezioso servizio.
Vorrei da ultimo soffermarmi su un altro pilastro, professionale e insieme culturale, dell’Editrice Bibliografica: la rivista “Biblioteche oggi”, nata nel novembre-dicembre 1983 come bimestrale, con direttore Luigi Crocetti, e diventata nel febbraio 1993 mensile, con direttore Massimo Belotti, motore della rivista e anche preziosa colonna della casa editrice.
Mettendomi dalla parte dell’editore di allora, vorrei osservare che la pubblicazione di una rivista è qualcosa di diverso e di più impegnativo che non la pubblicazione di un singolo libro. L’editore sa, o perlomeno avverte, che con una nuova rivista non immette soltanto sul mercato un “prodotto” nuovo, come tanti altri destinati a seguirlo, ma impegna una più forte immagine di sé, forse orientandola in modo decisivo.
Quando si era valutata la possibilità di dar vita a una rivista per le biblioteche, ci siamo posti il duplice obiettivo di aprire degli spazi nuovi nel mondo bibliotecario italiano, per una riflessione matura e aperta sul ruolo e le funzioni di una biblioteca, e al tempo stesso di far sì che la rivista contribuisce a rafforzare ulteriormente l’immagine della casa editrice come riferimento obbligato per la formazione professionale del bibliotecario.
Penso di poter dire che “Biblioteche oggi”, attraverso studi, analisi, inchieste, ma anche il dibattito, lo scambio di idee e un coinvolgimento partecipativo sempre più largo, è riuscita nel suo intento, dando un contributo essenziale all’evoluzione e al progresso di tutto il settore.
Quando una casa editrice dura cinquant’anni, il merito va ai tanti – editori, direttori, autori, collaboratori, lettori – che si sono susseguiti nel tempo. A distanza di tanti anni, l’importante è conservare di tutti un grato ricordo.
Giuliano Vigini
(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).
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