La fortuna editoriale delle traduzioni francesi dei “Malavoglia” di Giovanni Verga ricostruita attraverso l’analisi dei paratesti.

«Verga colava la lingua comune e il dialetto isolano in un cavo straordinariamente lavorato […] rompeva a un tratto tutte le nostre tradizioni letterarie impastate, anzi che no, di pedanteria, tenaci, più di quello che paia, anche nei meglio disposti verso le utili e necessarie novità e le arditezze ben riuscite».[1] Così Luigi Capuana parlava del collega siciliano all’indomani della pubblicazione del romanzo che aveva decretato a tutti gli effetti la svolta verista di Giovanni Verga: I Malavoglia. L’opera, pubblicata dall’editore Treves a Milano nel 1881, non fu ricevuta sicuramente dal medesimo entusiasmo di pubblico e, soprattutto, di critica di cui avevano goduto i romanzi precedenti dell’autore, i cosiddetti racconti mondani; in generale, l’accoglienza fu piuttosto distaccata. In particolare, nei primi tempi di circolazione del romanzo, i letterati del tempo che se ne interessarono alternarono il biasimo alla lode, specialmente per quel che riguarda lo stile del testo, come testimoniano anche le parole di Capuana.[2] Nonostante le premesse di alterno successo di critica e pubblico in patria e all’estero, I Malavoglia ha conosciuto una grande diffusione. Ancora oggi si approntano nuove versioni del romanzo, nelle aree più svariate e lontane fra loro.

Questo elaborato nasce proprio dal constatare quanto il testo verghiano sia giunto lontano dal suo luogo di nascita, e quale attenzione e interesse deve aver richiamato su di sé perché questo avvenisse. Probabilmente fu, oltre al contenuto certamente innovativo e sperimentale di studio sociale del romanzo, strettamente vincolato al clima dell’Italia postunitaria, proprio lo stile, e quindi le modalità di scrittura e il linguaggio adottati, a favorire la fredda accoglienza del libro in patria, dato da cui fu amareggiato anche Verga stesso. Non troppo differente fu il trattamento che comunque l’opera ebbe in Europa. Ciò nonostante, le numerose e diversificate elaborazioni straniere del romanzo, le prime apparse già nei dieci anni successivi la pubblicazione nel nostro Paese, testimoniano la grande curiosità che l’opera ha sempre suscitato, nel bene o nel male, non solamente entro i nostri confini. Malgrado le difficoltà nella resa efficace e nell’accoglienza di queste edizioni fuori dal nostro territorio, esse sono state valorizzate nel tempo da un crescente tentativo di fedeltà al testo e all’intenzione del romanzo, e sono caratterizzate in maniere profondamente diverse in ciascun elemento editoriale e paratestuale, di Paese in Paese, di editore in editore.

Base di partenza fondamentale per il lavoro è stata l’opera Bibliografia verghiana (1840-1971)[3] dello scrittore e critico letterario Gino Raya, consultata sotto suggerimento della Fondazione Verga di Catania; il testo ha fornito un’idea iniziale sulle nazioni in cui I Malavoglia ha avuto maggior fortuna. Quindi, per ottenere il materiale da esaminare, si è attuata una ricerca ampia e accurata, consultando i cataloghi OPAC delle principali biblioteche nazionali, per poi prendere contatti direttamente con ciascuna di queste per richiedere, in copia digitale o cartacea, gli elementi fondamentali dal punto di vista editoriale di ciascun’opera da analizzare ed eventuali informazioni bibliografiche in loro possesso.

Tra le rare fonti riguardo le iniziali vicende in terra francofona del romanzo è stato fondamentale il carteggio con il primo traduttore francese, Édouard Rod, poiché riunisce tutte le lettere scambiate tra quest’ultimo e Verga nell’arco di quasi trent’anni, dal 1881 al 1910 circa, e quindi permette di ripercorrere punto per punto la strada che ha condotto alla pubblicazione di una delle prime versioni straniere del libro.[4] Inoltre, l’intervento di Rita Verdirame, membro della Fondazione Verga, al III Convegno internazionale dell’AIBA (Associazione degli Italianisti dei Balcani), ha svolto un ruolo basilare per trovare informazioni generali sulla rielaborazione e ricezione del testo all’estero, in quanto ne fornisce un quadro sintetico ma accurato.[5] Infine, il volume, a cura del saggista e docente universitario Nicolò Mineo, Altro su Verga, che raccoglie una serie di interventi di intellettuali stranieri riguardanti la fortuna editoriale e critica della produzione dell’autore siciliano nei loro paesi di provenienza, ha fornito un ulteriore arricchimento dei dati di cui si era già in possesso.[6]

Le traduzioni dei Malavoglia in Francia

I letterati francesi si dimostrarono interessati a buona parte dell’attività letteraria di Giovanni Verga, soprattutto agli iniziali racconti mondani. Infatti, frequenti sono le testimonianze del grande successo delle pubblicazioni degli albori milanesi del letterato, in particolare nel già citato carteggio del verista siciliano con lo scrittore e critico franco-svizzero Édouard Rod.[7]

Fu proprio quest’ultimo a redigere la prima versione in francese dei Malavoglia, già nel 1887, proprio sulla scia dell’interesse dimostrato da lettori ed editori per le opere precedenti dello scrittore italiano.[8] Tuttavia, il successo di questa redazione non fu ampio: purtroppo, come era già accaduto nella nostra penisola, quando finalmente, attraverso non poche difficoltà, fu trovato un editore deciso a far vedere la luce al lavoro di Rod, la pubblicazione avvenne senza ricevere troppe attenzioni da parte di pubblico e critica. Profondamente amareggiato, quanto l’autore stesso, per gli scarsi risultati ottenuti, il traduttore tentò di render giustizia al romanzo caldeggiando una ristampa nel 1900. Ciò nonostante, gli esiti non furono mai quelli sperati; l’accoglienza per questo testo fu di gran lunga diversa da quella, relativamente felice, di altri lavori verghiani tradotti dallo stesso Rod, come per esempio Il marito di Elena.

Dopo questa prima esperienza, poco soddisfacente, di trasposizione dei Malavoglia in Francia, dovettero passare settant’anni perché, nel 1957, venisse elaborata una nuova edizione, costituita dal testo tradotto da Henriette Valot.[9] L’esito fu una resa terminologica e semantica sicuramente più fedele e accurata di quella ottocentesca, ma la cerchia degli interessati non si allargò comunque di molto, «relegata com’è (l’opera) nel circuito del Club dei bibliofili che l’ha pubblicata».[10]

In ultima istanza va ricordata, quindi, la più recente edizione del 1988, ancora in commercio, con traduzione di Maurice Darmon.[11] Notevole è qui il tentativo di avvicinamento all’ideale contesto a cui sono strettamente legati opera e autore , per poter rendere al meglio il testo.

Les Malavoglia: moeurs siciliennes di Édouard Rod

Il percorso che porta alla nascita di questa prima traduzione è piuttosto articolato, ma, soprattutto, carico di aspettative disattese, da parte del traduttore come dell’autore.

I primi contatti fra Rod e Verga avvennero quando già erano comparsi, sulle riviste con cui il francese collaborava, gli ottimi giudizi del giovane critico sull’operato verghiano. Dapprima gli elogi furono per i racconti mondani, ma, in seguito, il letterato, approfondendo le sue accurate analisi comparative fra naturalismo francese e verismo italiano, giunse ugualmente a tessere le lodi dello stile del nuovo ciclo narrativo dell’autore. Quindi la collaborazione fra i due scaturì sulla base dei migliori presupposti di stima reciproca, che, presto, si tramutò in onesto affetto. Fu proprio in virtù di queste buone premesse che Verga, consapevole del difficile compito che era trasporre il suo lavoro, ebbe cura di fornire precise indicazioni per la redazione del testo, e mantenne sempre un atteggiamento cordiale e benevolo nei confronti degli esiti dell’operato di Rod. Allo stesso modo, poi, lo scrittore parigino profuse non poco impegno nel tentativo di portare al successo il particolare romanzo verghiano, pur senza ottenere i risultati sperati.

Così Giovanni Verga al traduttore, in una lettera dell’aprile 1881:

So bene la grande difficoltà che vi è a tradurre in un’altra lingua questi schizzi che hanno già una fisionomia tutta loro anche nell’italiano. Il mio è un tentativo nuovo sin qui da noi, e tuttora molto discusso, di rendere nettamente la fisonomia caratteristica di quei contorni siciliani nell’italiano; lasciando più che potevo l’impronta loro propria, e il loro accento di verità.[12]

In seguito in uno scritto del dicembre dello stesso anno, forniva a Rod un vero e proprio prontuario esplicativo dei termini e delle espressioni idiomatiche più complicate da rendere in un’altra lingua, segnalando in dettaglio quali parti eventualmente sopprimere, ma con la specifica richiesta, dominante sin dai primi contatti fra i due, di mantenere il più possibile l’integrità del testo:

Farete bene a sopprimere [a sopprimere] o a sostituire quei proverbi che sono intraducibili in francese, e quegli incidenti legati dal che, caratteristici in siciliano, ma che anche in italiano formarono la mia disperazione quando intrapresi questo tentativo arrischiato di lasciare più che potevo l’impronta del colore locale anche allo stile del mio libro.[13]

Nonostante a più riprese l’autore avesse proposto suggerimenti per la comprensione e la possibile resa delle espressioni gergali e dialettali presenti nel romanzo, i consigli non furono mai pienamente accolti. Per questo, si può affermare che, a livello di resa testuale e terminologica, la traduzione risultò approssimativa e ricca di fraintendimenti semantici, quasi a tratti banalizzante il contenuto del lavoro. Lo stesso Verga non potè evitare che si intuisse, tra le righe delle sue missive, lo scarso entusiasmo per l’esito della trasposizione:

Ho ricevuto 3 copie dei Malavoglia, e ve ne ringrazio. La traduzione deve esservi costata una fatica enorme, ma parmi che il libro abbia fortuna […] ne son lieto per voi e per me.[14]

Ciò che risalta nell’incerta approvazione dell’autore è, soprattutto, l’insistenza, ribadita anche in altre lettere, sulla «fatica enorme» che doveva aver fatto Rod per portare a termine il suo lavoro, palesando, non troppo velatamente, quanto poco il testo francese rendesse giustizia all’originale, secondo Verga. Senza contare poi le diverse reazioni registrate nei confronti delle trasposizioni di altri suoi romanzi, tradotti ancora una volta dal critico franco-svizzero:

La vostra traduzione del Marito di Elena non solo mi piace, ma ve ne faccio i miei complimenti. Bravo, mio caro collaboratore![15]

È possibile, dunque, ipotizzare che la scarsa fedeltà della trascrizione francese abbia aggravato la già poco entusiasta accoglienza dell’edizione del 1887. Infatti i rifiuti per la sua pubblicazione furono parecchi, a partire dal diniego, riportato a Verga in una lettera del 7 febbraio 1882, di Gaston Berardi, direttore della rivista “Indépendance belge”, a cui era stato proposto il romanzo: «j’ai reçu une lettre de Bérardi qui trouve les Malavoglia trop particulier pour un journal».[16] Questa ritrattazione rispetto all’iniziale disponibilità manifestata, rimane emblematica della difficoltà nella comprensione del romanzo verghiano da parte del panorama editoriale e critico d’oltralpe.

Appunto, ingente fu la difficoltà di Rod, diversamente da ciò che avvenne con altri lavori, a trovare spazio per la sua opera presso gli editori in Francia. Molteplici sono gli scritti in cui Verga manifesta speranze per un’eventuale collocazione non ancora avvenuta, o solamente chiede notizie sull’evoluzione delle vicende legate all’edizione; in ogni occasione, comunque, lo scrittore verista si mostra ben disposto verso qualsiasi proposito del collega, e lo lascia pienamente libero su ogni tipo di decisione riguardo l’edizione, ribadendo spesso la consapevolezza della sua buona fede:

Credete che in seguito Il marito di Elena possa trovare un editore a Parigi? E se lo trova credete che potrebbe spianare la strada a suo fratello I Malavoglia? O credete che Il marito di Elena nel Parlement possa agevolare la collocazione dei Malavoglia in qualche altro giornale.[17]

Così in una lettera successiva :«Spero se Il marito di Elena piace in appendice, che sia facile trovare l’editore per l’edizione in volume. E spero pure che questo apra la via ai  Malavoglia, cui, lo sapete, tengo assai dippiù».[18] Infine :«Voi siete un amico prezioso, caro Rod, e se i Malavoglia troveranno un editore in Francia sarà tutto merito vostro».[19]

Queste le conclusioni riguardo la spartizione degli eventuali guadagni:

Circa alle condizioni della pubblicazione delle vostre traduzioni delle mie opere vi avevo già detto che avrei accettato ogni vostra proposta, e che quel che avreste fatto voi sarebbe ben fatto. Resta dunque stabilito che noi divideremo egualmente fra di noi il ricavato della pubblicazione in appendice e che il ricavato della 1a tiratura in volume vi sarà interamente riserbato, come sarà interamente riservato a me l’ammontare istesso della 2a tiratura in volume. Continuando poi a dividere egualmente fra di noi quello che renderanno le successive edizioni di questi  Malavoglia e Novelle rusticane che avrete tradotto.[20]

Terminata a tutti gli effetti la traduzione alla fine del 1886, il volume vide la luce, appunto, a Parigi nel 1887, grazie all’editore Albert Savine,[21] che conobbe Rod, molto probabilmente, quando collaborava alla “Revue Contemporaine” come esperto di letteratura spagnola. Nello stesso anno pubblicò anche Eva tradotto da A. Mouraux. Il titolo è un calco dell’epigrafe italiana, con la sola aggiunta della definizione «pescatori siciliani» («moeurs siciliennes»), che va a specificare meglio la natura dei protagonisti del romanzo ed è probabilmente uno dei tanti modi per avvicinare maggiormente i lettori francesi a un ambiente molto distante dal loro. Il volume, alto 19 cm, in formato in sedicesimo, constava di 300 pagine.[22] L’uscita, dunque, non ebbe per nulla la ricezione auspicata, con grande rammarico dello stesso traduttore:

I Malavoglia non ha funzionato: si potrà forse rilanciarlo in un dato momento. Se è andata così male, è perchè la stampa ha fatto la congiura del silenzio: c’è tra i critici una certa irritazione contro le traduzioni.[23]

La medesima, amara, considerazione viene esplicitata da Luigi Capuana in una lettera a Rod:

Avrei voluto scrivere qualcosa sulla vostra stupenda traduzione dei Malavoglia, ma aspettavo che ne parlassero i giornali francesi, per far dei confronti tra il giudizio della critica francese e italiana. Io veggo la Revue indépendante, La revue littéraire et artistique, il Gil Blas, Revue de Deux Mondes, e non ho trovato nulla se si eccettua un piccolo cenno del Ginisty nel «Gil Blas», un semplice annunzio.[24]

Verga aveva, inoltre, vanamente sperato in una prefazione di Émile Zola al volume. In più, rimase, probabilmente, ancora più deluso dal suo errore di comprensione nel credere che l’indicazione «Troisième édition» del frontespizio degli esemplari speditigli da Parigi nel gennaio 1887 significasse che l’opera fosse giunta già alla terza ristampa in un così breve lasso di tempo. Infatti, come gli chiarivano Rod e Mouraux successivamente, in francese il termine «édition» sta a significare semplicemente la stampa di un gruppo di cinquecento esemplari all’interno della medesima tiratura (nel caso in oggetto di millecinquecento volumi in totale), non vi è corrispondenza con il lemma «tirage», ossia «tiratura», differentemente dall’italiano.[25]

Come già ricordato, nel 1900 a Parigi venne attuata una ristampa dei Malavoglia, in occasione della pubblicazione, da parte della casa editrice Ollendorff[26], di una nuova collana di traduzioni, “Les grands romans étrangers”, in cui Rod volle far rientrare anche alcune opere verghiane, tra cui Mastro-don Gesualdo tradotto dalla moglie. L’introduzione, entusiasta, al testo fu redatta dallo stesso critico, che appena ritoccò la sua trasposizione. Con questi toni celebrava l’operato dell’autore, in una lettera a Verga nel giugno 1899:

P.S. Rileggo i Malavoglia. È un libro splendido. Non è invecchiato di una settimana. Ritocco la mia traduzione, che consegnerò ad Ol.[lendorff] prima di partire per la Svizzera.[27]

L’indicazione della prefazione e della revisione del testo apparivano con le altre informazioni nel frontespizio, probabilmente con la speranza di dare nuovo slancio alla diffusione dell’opera.[28] Quindi, in conclusione, la parabola di questa prima versione straniera dei Malavoglia non è costellata di grandi successi. Probabilmente l’esito fu questo sia a causa della difficoltà di una ricezione favorevole nei confronti di un’opera fortemente innovativa per il tempo e, per di più, distante dal contesto dei lettori a cui era destinata, sia, nonostante l’impegno profuso, a motivo della scarsa fedeltà all’originale del testo rodiano.

Les Malavoglia, settant’anni dopo

Dopo la prima esperienza di trasposizione del romanzo bisogna spingersi oltre la metà del Novecento per trovare una nuova versione oltralpe del testo verghiano.

Fu il Club bibliophile de France[29] a prendere l’iniziativa di riproporre al pubblico francese l’opera, facendone il numero trentasette della collana “La comédie universelle”, che constava di una serie di romanzi, di svariate nazionalità, scritti nel XIX secolo o relativi a quell’epoca. Il volume vide la luce nel 1957 a Parigi, con traduzione di Henriette Valot. Il suo operato è dichiaratamente basato sul testo dell’edizione Mondadori dei Malavoglia del 1948. Senza dubbio l’esito fu di gran lunga più accurato e fedele all’originale, con soluzioni per i sicilianismi particolarmente adeguate,[30] che ovviamente conducono a una resa maggiormente vicina all’intento della versione italiana di Verga e a una minor banalizzazione del contenuto. Ulteriore lustro, inoltre, è conferito all’edizione dall’appassionante e appassionata introduzione di Marcel Brion.[31] Il letterato instaura un ben congeniato percorso che tocca, in prima istanza, i punti salienti della vita privata e lavorativa dell’autore. Insiste, quindi, sul contesto familiare e sulle influenze che quest’ultimo ha certamente avuto sul giovane Verga, per poi passare al più ampio quadro geografico, storico e letterario, italiano ed europeo. Si dilunga, poi, in un’accurata analisi del panorama del naturalismo nel nostro continente, per giungere, infine, a delineare le caratteristiche che ne differenziano il verismo italiano, nello specifico quello dell’autore del romanzo, soffermandosi, dunque, sui tratti peculiari delle idee e dello stile verghiani che hanno portato al concepimento del Ciclo dei Vinti. Queste osservazioni si costruiscono mantenendo un continuo spirito di confronto dell’opera in oggetto con la tradizione che ha alle spalle. Tutta la presentazione è densa di lodi e manifestazioni di ammirazione, più o meno esplicite, per l’operato del romanziere siciliano, in un tono che ha quasi dell’eroico e del poetico.

Queste le considerazioni più significative di Brion:

È importante notare che, nell’opera romantica di Verga che appare spesso artificiale nella sua trama, il carattere siciliano resta riconoscibile in ciò che ha di esclusivo, di cupo, di eccessivo. […] Non torna in Sicilia per osservare e descrivere i pescatori e i contadini della sua terra con la curiosità entomologica di Zola. […] La prodigiosa grandezza dei romanzi siciliani di Verga viene da ciò che si ritrova in ogni pagina, questa preminenza della fatalità. […] In uno stato di armonia con la sua terra e con gli uomini della sua terra, canta, come Virgilio, come Omero, come Mistral, in questa prosa epica che è solamente sua, il grande sconforto dell’uomo, la miseria infinita dei “vinti”. […] I personaggi di Verga sono delle passioni in movimento. […] La sua opera resta, monumentale e magnifica, vittoriosamente vivente e vitale, roccia dura dove sono intagliati, in tratti profondi, i volti della miseria umana.[32]

Tali parole sono una testimonianza indiscussa di quanto, ancora dopo decenni, o forse, appunto, dopo una maturazione intellettuale che nel tempo ha permesso di comprendere meglio gli scritti di Verga, le sue opere marcatamente veriste destassero interesse e approvazione. La pecca di questa edizione, per quel che riguarda un bilancio di diffusione fra i lettori, fu lo stretto circuito del club bibliofilo che la pubblicò e a cui rimase legata a doppio filo, senza mai godere di un successo pieno. Materialmente, il libro, rilegato rigido, stampato dalla tipografia dei fratelli Draeger, constava di 300 pagine ed era in sedicesimo, di altezza di 21 cm. La copertina riportava il logo della collana e dell’editore e il titolo in stampatello su sfondo neutro e monocolore. All’interno si trovava il frontespizio, con gli elementi usuali a cui si univa l’indicazione dell’indirizzo del club pubblicante; seguiva, poi, la segnalazione della traduttrice. Dopo la fine del racconto e appena precedente il colophon, era posta una nota dello stesso editore che, oltre a specificare la collana e il posto occupato in essa dall’esemplare, informava che la tiratura era stata fatta su velino.

Giovanni Verga, Les Malavoglia, traduzione di Henriette Valot, Club bibliophile de France, Parigi 1957 (“La comédie universelle”, 37) (copertina).

 

Giovanni Verga, Les Malavoglia (frontespizio).

L’edizione Gallimard

L’ultima traduzione del romanzo, uscita in Francia nel 1988, propone il testo a opera di Maurice Darmon. La pubblicazione è dell’editore Gallimard[33] di Parigi, prima uscita all’interno della sottocollana “Domaine italienne”, diretta da Jean-Baptiste Para, della collezione maggiore “L’arpenteur”. Il titolo è lo stesso dell’edizione di Henriette Valot: un semplice calco dall’epigrafe italiana. Il volume, in brossura, stampato dalla tipografia Firmin-Didot, constava di 300 pagine e aveva altezza di 22 cm. Anche qui la copertina era piuttosto semplice: riportava, su sfondo neutro, autore, titolo, indicazione del traduttore e logo della collana.

Giovanni Verga, Les Malavoglia, traduzione di Maurice Darmon, Gallimard, Parigi 1988 (“L’arpenteur”, “Domaine italienne”, 1) (copertina).

La quarta di copertina era invece costituita, in questo caso, da un breve inquadramento storico e geografico del racconto unito a una nota di lode per il montaggio cinematografico dell’intreccio, con richiamo alla rielaborazione del romanzo sul grande schermo, a opera di Luchino Visconti, La terra trema, del 1948. Si aveva pure un brevissimo accenno all’autore, con una significativa considerazione di Luigi Pirandello, che lo definiva «il nostro più grande scrittore contemporaneo».[34]

Giovanni Verga, Les Malavoglia (frontespizio).

Il frontespizio, oltre agli elementi tipici, riportava l’indicazione della presentazione di Giuseppe Bonaviri e della partecipazione alla pubblicazione del Centre Nationale des Lettres[35]. Le pagine appena precedenti, invece, ricordavano altre tre opere di Verga tradotte dalla stessa casa editrice e il nome della collana principale di riferimento. Il retrofrontespizio richiamava l’intitolazione della sottocollana, insieme con una postilla dell’editore che segnalava la ripresa dell’edizione originale in traduzione e, soprattutto, una vera e propria nota del traduttore riguardo i riferimenti della trasposizione:

Il testo seguito da questa traduzione, stabilito da Ferruccio Cecco (Mondadori,1979), è disponibile nella collezione Oscar Classici.
Tutte le parole e nomi sottolineati sono quelli sottolineati da Verga. Tutte le note sono del traduttore. Proponiamo in allegato delle precisazioni sui personaggi, i loro nomi e soprannomi, i luoghi e i tempi dell’azione, i modi di dire. […]
Questa traduzione deve molto alla nostra familiarità con l’opera di Leonardo Sciascia. Per lui si manifesta qui il nostro rispetto e la nostra gratitudine.[36]

Si è già fatta menzione della prefazione di Giuseppe Bonaviri,[37] che nel suo scritto univa la descrizione del contesto, principalmente geografico, oltre che storico e sociale, a una panoramica sulla vita dell’autore, insistendo particolarmente sulle varie influenze della tradizione che hanno dato forma agli elementi tematici basilari e peculiari dell’attività letteraria del narratore. Si ritrovava qui l’accento sulla fondamentale conoscenza dei luoghi verghiani per poter comprendere al meglio l’intento della storia narrata, sulla base dell’ideale volontà di «ritorno alle origini» del Verga verista: « Il lettore francese che vuole conoscere il mondo di Giovanni Verga deve visitare in Sicilia Aci Trezza e Vizzini, due borgate della provincia di Catania».[38] In conclusione poneva un accenno alle vicende critiche del romanzo, in particolare alla rivalutazione della componente verista dello scrittore nel periodo successivo alla Prima guerra mondiale; infine, faceva alcune considerazioni, ricche di lodi, sulla lingua e lo stile del testo. Così recitava in un paio di passi:

Non so come, né in quale misura il francese può renderla, ma la scrittura di Verga fa riferimento alle pieghe popolari siciliane, che sono di una secchezza e di una concisione particolare. […] Sotto il cielo, dove passano le nuvole senza lasciare traccia, domina e dominerà ancora.[39]

Le ultime pagine del volume presentano un indice che richiama anche allegati al libro, ossia la traduzione della prefazione originale ai Malavoglia, un prontuario riassuntivo di tutti i personaggi con soprannomi e diminutivi di ciascuno, un elenco esplicativo dei nomi, dei luoghi e dei tempi del racconto, dei proverbi. Questa edizione è stata ristampata da Gallimard nel 1993, sempre all’interno della stessa collezione, e nel 1997, questa volta nella collana “Folio”.

La riproposizione da parte dell’editore fa comprendere che questa è la rielaborazione d’oltralpe che ha ricevuto maggior approvazione da parte del pubblico. Probabilmente, complici sono stati i non pochi decenni di maturazione e cambiamento intellettuale trascorsi, e la maggior fedeltà all’originale, dovuta, in generale, a una palese e preponderante volontà di avvicinarsi il più possibile a un risultato che rendesse giustizia alla versione italiana. Complessivamente quindi si può notare come Verga sia stato apprezzato fin dalle sue prime pubblicazioni in Francia, ma si sia palesata anche una maggior difficoltà da parte dei lettori d’oltralpe ad accogliere le sue creazioni più peculiari e letterariamente incisive. Infine, come avvenuto in Italia, anche qui si è registrata una rivalutazione dei testi veristi dell’autore nel XX secolo, con un forte tentativo di resa fedele delle atmosfere narrate da essi.[40]

Elisa Gastoldi

 

[1] Luigi Capuana, Studi di letteratura contemporanea, Brigola, Milano 1880-1882, II serie, p. 135.

[2] Rita Verdirame, Letture europee per un romanzo post-unitario: I Malavoglia, in L’Italia altrove. Atti del III Convegno internazionale dell’AIBA (Associazione degli Italianisti dei Balcani) Banja Luka 17-18 giugno 2011, a cura di Danilo Capasso, Aonia edizioni, Raleigh 2014 (“Italianistica balcanica”).

[3] Gino Raya, Bibliografia verghiana (1840-1971), Ciranna, Roma 1972 (“Lettere nella storia”, 5).

[4] Carteggio Verga-Rod, a cura di Giorgio Longo, Biblioteca della Fondazione Verga, Catania 2004 (“Serie carteggi maggiori”, 1).

[5] Rita Verdirame, Letture europee per un romanzo post-unitario: I Malavoglia.

[6] Altro su Verga, a cura di Nicolò Mineo, Prova d’autore, Catania 1989.

[7] Carteggio Verga-Rod, a cura di Giorgio Longo.

[8] Giovanni Verga, Les Malavoglia, traduzione di Édouard Rod, Albert Savine Editeur, Parigi 1887. Édouard Rod è stato un precoce scrittore svizzero di lingua francese, nato a Nyon, in Svizzera, nel 1857 e morto a Grasse, in Francia, nel 1910. Studiò a Losanna, a Bonn e a Berlino, per poi iniziare a Parigi la sua attività letteraria, accostandosi alla scuola realista. Qui pubblicò i suoi primi romanzi, fra cui La femme d’Henri Vanneau, del 1884 e La Course à la Mort del 1885, e divenne redattore capo ed editore della “Revue Contemporaine”. Dal 1886 insegnò letterature moderne all’università di Ginevra, e pubblicò saggi critici su Dante, Stendhal, Lamartine. Nel 1893 rinunciò alla cattedra per ritornare a Parigi e dedicarsi interamente all’attività di scrittore di successo. Della sua estesa conoscenza delle letterature europee diede prova con numerose prove critiche e saggistiche, su autori francesi e stranieri. Visitò a più riprese l’Italia, ne studiò approfonditamente e con passione la storia, per poi trattare con entusiasmo degli scrittori italiani, specialmente contemporanei (Carducci, De Amicis, Fogazzaro, Boito, Giacosa, D’Annunzio, Negri, Deledda e tanti altri), in numerosi articoli sulla “Revue des Deux Mondes”, a cui collaborò a Parigi, e in altri periodici esteri. Fu anche traduttore in francese di parecchie opere italiane.

[9] Giovanni Verga, Les Malavoglia, traduzione di Henriette Valot, Club bibliophile de France, Parigi 1957 (“La comédie universelle”, 37). Henriette Valot è stata una traduttrice francese, morta nel 1974. Ha trasposto opere di autori italiani quali Verga, Nievo, Pirandello, Fogazzaro, De Roberto, Montanelli, Fallaci e tanti altri; ha anche realizzato una versione francese dell’Enciclopedia della natura di Sandro Ruffo e Pino Agostini. Ha partecipato a collaborazioni per trasposizioni dei nostri classici, per esempio delle opere di Carlo Goldoni, e di scritti per ragazzi. È stata autrice di una serie di quattro volumi, intitolati Le trésor secret de l’Italie, che raccolgono una serie di testi di presentazione e riferimento per alcune trasmissioni radiofoniche francesi sulla poesia dialettale italiana.

[10] Rita Verdirame, Letture europee per un romanzo post-unitario: I Malavoglia.

[11] Giovanni Verga, Les Malavoglia, traduzione di Maurice Darmon, Gallimard, Parigi 1988 (“L’arpenteur”, “Domaine italienne”, 1). Maurice Darmon è uno scrittore di successo e traduttore in lingua francese nato a Tunisi nel 1943. Ha trasposto, in particolare, opere di scrittori siciliani moderni e contemporanei (da Verga a Tomasi di Lampedusa, da Bontempelli a Sciascia). Ha fondato e dirige la rivista “Le cheval de Troie” e il sito Ralentir travaux dedicato all’insegnamento del francese alle scuole medie. È anche autore di saggi cinematografici.

[12] Carteggio Verga-Rod, a cura di Giorgio Longo, p. 85.

[13] Ibi, pp. 103-106.

[14] Ibi, p. 204.

[15] Ibi, p. 129.

[16] Ibi, p. 109.

[17] Ibi, p. 129.

[18] Ibi, p.133.

[19] Ibi, p. 145.

[20] Ibi, p. 195.

[21] Albert Savine è stato, inizialmente, un prolifico traduttore e scrittore, e, una volta trasferitosi a Parigi, decise di dare vita alla sua casa editrice proprio negli anni in cui Rod approntava la traduzione dei Malavoglia. Dapprima seguì un orientamento fortemente antisemita, in particolare accordo con l’epoca in cui viveva, poi pubblicò molti testi del naturalismo francese e portò in auge parecchi giovani talenti, oltre a dedicarsi, fin da subito alla pubblicazione di numerose traduzioni.

[22] Non si possiede il testimone di questa edizione, perciò non si possono fornire ulteriori dati.

[23] Ibi, p. 213. « Les Malavoglia n’ont pas marché: peut-être pourra-t-on les relancer à un moment donné. S’ils ont si mal été, c’est que la presse a fait la conjuration du silence: il y a parmi les critiques une certaine irritation contre les traductions».

[24] Jean-Jacques Marchand, Edouard Rod e les écrivains italiens. Correspondance inedite avec S. Aleramo, L. Capuana, G. Cena, G. Deledda, A. Fogazzaro et G. Verga, Université de Lausanne, Ginevra 1980 (“Publications de la faculté des Lettres”, XII), p. 158.

[25] Carteggio Verga-Rod, a cura di Giorgio Longo.

[26] La casa editrice Ollendorff fu creata da Paul Ollendorff, libraio parigino, che nel 1882 pubblicò la sua prima opera di successo, Le Maître de forges di Callman Levy. Successivamente il suo catalogo fu arricchito con rapidità con libri di autori rinomati, come Guy de Maupassant o Jules Renard. Fondò, quindi, una Società di Edizioni letterarie e artistiche associata alla sua libreria, che ebbe grande fama, ma che concluse la sua parabola quattro anni dopo la morte del suo fondatore, nel gennaio del 1924.

[27] Ibi, p. 268. «Je relis les Malavoglia. C’est un livre superbe. Ils n’ont pas vieilli d’une semaine. Je retouche ma traduction, que je remettrai à Ol.[lendorff] avant de partir pour la Suisse».

[28] Non si possiede il testimone di questa edizione, perciò non si possono fornire ulteriori dati.

[29] All’interno del Club bibliophile de France i libri vengono venduti direttamente agli aderenti.

[30] Rita Verdirame, Letture europee per un romanzo post-unitario: I Malavoglia.

[31] Marcel Brion è stato un romanziere francese, saggista e storico dell’arte, specializzato in particolare nel Rinascimento italiano e nel Romanticismo tedesco. Collaborò a molte riviste e quotidiani, dirigendone anche delle rubriche letterarie. Grazie al suo spirito cosmopolita, contribuì alla diffusione dell’opera di autori come Rilke o Buzzati, fra i tanti.

[32] Giovanni Verga, Les Malavoglia, pp. 7-17. «Il est important de noter que, dans l’œuvre romantique de Verga qui paraît souvent artificielle dans son affabulation, le caractère sicilien reste reconnaisable dans ce qu’il a d’exclusif, de sombre, d’excessif. [..] Il ne retourne pas en Sicile afin d’observer et de décrire les pêcheurs et les paysans de sa terre avec la curiosité entomologique de Zola. […] La prodigieuse grandeur des romans siciliens de Verga vient de ce que l’on y retrouve, à chaque page, cette prééminence de la fatalité. […] En état d’harmonie avec sa terre et avec les hommes de sa terre, il chante, comme Virgile, comme Homère, comme Mistral, dans cette prose épique qui n’est qu’à lui, la grande détresse de l’homme, la misère infinie des “vaincus”. […] Les personnages de Verga sont des passions en mouvement. […] son œuvre reste, monumentale et magnifique, victorieusement vivante et vitale, roche dure où sont taillés, en traits profonds, les visages de la misère humaine».

[33] La casa editrice Gallimard, una delle più grandi francesi, nasce a Parigi nel 1911 a opera di Gaston Gallimard, inizialmente con il nome Les Éditions de la Nouvelle revue française. Ha presentato in Francia non pochi autori italiani, tra cui Ungaretti, Moravia e Vittorini, e molti tra i nostri classici, quali Dante o Manzoni.

[34] Giovanni Verga, Les Malavoglia.

[35] Il Centre nationale des Lettres è stato creato nel 1973 al fine di appoggiare l’attività letteraria e gli scrittori e di sostenere l’edizione o riedizione di opere del patrimonio letterario.

[36] Ibi, p. 6. « Le texte suivi par cette traduction, établi par Ferruccio Cecco (Mondadori, 1979), est disponible dans la collection Oscar Classici. Tous les mots et noms soulignés le sont par Verga. Toutes les notes sont du traducteur. Nous proposons en annexes des precisions sur les personnages, leurs titres et surnoms, les lieux et temps de l’action, les proverbs. […] Cette traduction doit beaucoup à notre fréquentation de l’œuvre de Leonardo Sciascia. Qu’il trouve ici notre respect e notre gratitude».

[37] Giuseppe Bonaviri è stato uno scrittore e e poeta italiano, nato a Mineo nel 1924 e morto a Frosinone nel 2009. Trova la sua fortuna letteraria grazie alla pubblicazione nella collana “I gettoni” dell’Einaudi; da quel momento affianca l’attività di scrittore e poeta a quella di medico.

[38] Giovanni Verga, Les Malavoglia, p. 9. « Le lecteur français qui veut connaître le monde de Giovanni Verga doit visiter en Sicile Aci Trezza et Vizzini, deux bourgades de la province de Catane».

[39] Ibi, pp.17-18. «Je ne sais comment ni dans quelle mesure le français peut la rendre, mais l’écriture de Verga se réfère aux tournures populaires siciliennes, qui sont d’une sécheresse et d’une concision particulières. […] Sous le ciel où  passent les nuages sans laisser de trace, il domine et dominera encore».

[40] Rita Verdirame, Letture europee per un romanzo post-unitario: I Malavoglia.


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).