«Come mai il Vassalli scrisse mille lettere a un certo Lolini?»

 

 

La corrispondenza tra Sebastiano Vassalli e Attilio Lolini ricostruita grazie alle lettere conservate negli archivi dei due autori

Sebastiano VassalliLe “mille” lettere che Sebastiano Vassalli e Attilio Lolini si sono inviati nel corso degli anni sono la testimonianza di un fitto scambio di idee e consigli che ha creato e consolidato l’amicizia tra i due autori. La corrispondenza è conservata all’Archivio Sebastiano Vassalli-Centro Novarese di Studi Letterari[1] e alla Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena-Fondo Lolini. Studiandone e trascrivendone il contenuto è emerso il tipo di rapporto che i due amici hanno avuto; inizialmente i rapporti sono stati solamente molto cordiali, cortesi, il modo di rivolgersi l’uno all’altro è stato quello tipico di due persone che non sono in confidenza, ma che si rispettano e cercano di scambiarsi opinioni e idee. Piano piano il grado di confidenza è aumentato con il consolidarsi dell’amicizia e anche gli stessi pareri, le stesse opinioni scambiate sono mutate e sono diventate più schiette, più immediate e più sincere.
Il massimo grado di collaborazione fra di loro è stato raggiunto con la produzione di due opere a quattro mani, una delle quali presso la casa editrice Einaudi. I due volumetti ruotano intorno alla nota vicenda di Dino Campana, escluso dai salotti letterari del suo tempo e confinato in un manicomio dove subisce più volte l’elettroshock. Un ulteriore argomento che è stato ripreso è quello relativo alla società letteraria italiana, chiusa e ipocrita, secondo i due autori, e quindi duramente criticata. Dopo questa parentesi di collaborazione per le opere comuni, i due amici sono tornati ad occuparsi dei loro lavori, con Lolini che ha deciso di lanciarsi nella produzione di un romanzo e con Vassalli che ha consolidato una carriera di narratore di romanzi storici consacrati dalla critica e di commentatore sulle colonne di quotidiani come il “Corriere della Sera”.Attilio Lolini
Sono morti entrambi nel giro di due anni, Vassalli nel 2015 e Lolini nel 2017, entrambi lasciandosi dietro un immenso materiale, una ricca eredità da studiare e analizzare. Nelle prime lettere visionate, Lolini dichiara di seguire in modo continuativo i progressi dell’amico sia nel mondo giornalistico sia in quello editoriale, lodandone alcune poesie e una delle prime opere composte, Brindisi; gli annuncia, inoltre, l’imminente uscita di una propria raccolta in una lettera del 12 maggio 1979:

grazie per Brindisi. L’ho letto al sole. Sono poesie molto belle; alcune bellissime. […]

Ti seguo sempre sull’“Unità”. Ho riletto il suo Narcisso che ho trovato, assieme a Comiche di Celati, da un meraviglioso e terrificante librario fiorentino. Tra poco uscirà una mia raccolta: Salomè, però condensata, nei collettivi di Guanda. Che vuoi farci! Te la spedirò senz’altro.

Vassalli, di risposta, scrive attestazioni di stima per il lavoro del suo collega, elogiando la circolare di poesia “Barbablù”, uno dei progetti divenuti più celebri del poeta senese, giungendo anche a dichiarare il timore di non sentirsi all’altezza come collaboratore per il numero successivo. Queste paure vengono però liquidate in modo esemplare ed energico in una lettera del 20 dicembre 1979:

Il tuo epigramma su Verdigliò è bellissimo, anche l’epigrafe mi piace molto; dunque la tua partecipazione al secondo Barbablù è, decisa, all’unanimità, dalla nostra redazione al completo. Puoi utilizzare il foglio davanti e dietro lasciandolo, si sa, sulla sinistra un certo margine.

Il grado di confidenza e sincerità fra i due autori è già molto elevata, tanto che Vassalli propone all’amico alcuni poeti in grado, secondo lui, di produrre opere interessanti per la circolare di poesia Barbablù. Non mancano neppure i commenti deliziati alla recente opera del poeta senese, Le Voyage, e nemmeno l’elargizione di un prezioso consiglio su come strutturare e impostare la raccolta stessa.

Gli anni ottanta sono il periodo in cui la comunicazione scritta fra i due autori ha raggiunto il culmine. La corrispondenza di questo decennio si apre con una lettera del 3 gennaio 1980 di Lolini che si dichiara impaziente di visionare la nuova opera di Vassalli e dove ringrazia proprio quest’ultimo per il suggerimento dei due poeti da scritturare per “Barbablù”:

Così ho appreso che sta per uscire un tuo nuovo romanzo; dopo il bellissimo L’arrivo della lozione mi aspetto di leggere una gran “cosa”. […] Con Franco Capasso sono in “contatto”: lo conosco bene, mi piace come scrive; e mi aveva inviato un lavoro per il primo Barbablù giusto troppo tardi, quando la rivistina era già legata. Non mancherò di invitare Lino di Lallo.

La stima che Sebastiano Vassalli ha per Attilio Lolini è molto elevata, tanto che decide di mettere in contatto l’amico con Claudio Granaroli[2], editore bergamasco di El Bagatt, per provare a far pubblicare la sua nuova produzione. Con la pubblicazione del Voyage si prospetta un buon momento per la carriera di Lolini e il poeta ringrazia l’amico per l’opportunità che gli ha concesso, invitandolo nel 29 ottobre 1980 nuovamente a collaborare con la sua circolare di poesia:

È uscito, come sai, il mio Voyage nella collana del Bagatto: tipograficamente un ottimo lavoro: non ho davvero come si diceva una volta parola per ringraziarti: devo a te questa “ora” molto importante per me.

Spero che il Barbablù n. 2 ti sia arrivato. Sto preparando il n. 3: le donne, i cavallier ecc e, ovviamente, sarei davvero felice di “ospitare” un tuo lavoro.

Sebastiano Vassalli continua a promuovere l’ottimo lavoro dell’amico, ormai diventato uno dei suoi maggiori confidenti, tanto che gli chiede anche di mediare per lui in alcune situazioni delicate, come si evince da questa lettera senza data:

E poi devo chiederti un favore. V. mi aveva chiesto di scrivergli una nota per un suo poemetto, veramente molto bello, che pubblicherà nei QUADERNI DI BARBABLÙ. Gli ho detto di no e temo veramente che se ne abbia a male. Il fatto è (tu forse mi crederai) che ci ho provato: niente da fare, non riesco. Riuscirei benissimo se si trattasse di scrivere un trafiletto editoriale, anonimo; ma note, prefazioni ecc. vanno firmate e a me quello che mi frega è l’auctoritas. Non me la sento, non l’ho. Per questo, dopo un paio di anni, non ho mai più scritto prefazioni. Dici che V. capirà che non è in questione la qualità del suo testo e non me ne vorrà? Conto che tu ci metta una parola.  […]

Infine: un libraio torinese organizza una mostra di piccole edizioni di poesia, a giugno. Gli ho parlato di Barbablù e si farà vivo.

In questo periodo Lolini lavora per pubblicare nei Quaderni di Barbablù un’opera di Vassalli, composta circa dieci anni prima, nel 1972, intitolata Manuale di corpo[3]. Nel frattempo, Vassalli compone Mareblù, opera con cui è candidato al Viareggio, e come da consuetudine, chiede un parere al suo fidato amico, proponendogli anche di scriverne delle recensioni; il parere che giunge il 19 febbraio 1982 è molto positivo ed entusiasta:

che bel libro! Mi sono divertito tantissimo. I tuoi “silenzi” preparavano, dunque, a questa bella sorpresa. […] Io l’ho detto a “tutti”, in giro, che hai scritto questo libro bellissimo e ho preparato anche una piacevole recensione. Noto che rispetto ad Abitare il vento sei diventato notevolmente più cattivo […] Il libro mi ricorda un romanzo che amo moltissimo […] Insomma sei bravissimo.

Lolini continua a tenere aggiornato l’amico sui lavori in corso per la stampa di Manuele di corpo con una lettera del 2 agosto 1982:

Lory ha battuto, a tempo di record, Manuale di corpo e qui ti allego la prima bozza. Che dici? Il libretto è nelle dimensioni […] Il libretto, a questo punto, dopo che hai corretto le bozze, lo possiamo fare quando crediamo. […] Credo che una introduzione (o prefazione) di qualcuno, anche gigantesco […] stonerebbe. Comunque se credi che serva fammi sapere. Il libretto è sorvolando su il resto, assai divertente e spero perfino di venderlo.

Come dimostrano due lettere del 22 ottobre e del 4 novembre 1982, anche Vassalli contribuisce con idee e proposte circa la copertina e la prefazione dell’edizione di Manuale di corpo, un’opera su cui entrambi gli amici lavorano continuamente e con dedizione e che verrà pubblicata nel 1983:

che ne diresti di fare il Manuale in bianco e nero? Cioè: tutto nero, col fregio e la scritta in bianco. La questione della copertina del Manuale: il fatto è che, a me, il Manuale sembra davvero un libro funereo […] e per la copertina del Manuale fate voi per il meglio.

Vassalli collabora con “Il Mattino” e compone un articolo che sottopone al giudizio dell’amico per verificare che non vi sia nulla che lo possa offendere, dimostrando come la loro amicizia sia veramente preziosa per lui, come testimonia la lettera del 24 ottobre 1982, e affermando che del parere degli altri gli importa invece poco:

questo è un “racconto” per il mattino. Non l’ho ancora mandato perché tanto sono in anticipo di un paio di settimane. (Uscirà a novembre inoltrato). Leggilo e dimmi con franchezza se c’è qualcosa che ti disturba per caso che riguarda te. (Per quanto riguarda gli altri, ti chiedo solo di non farlo leggere a nessuno […].

Nella loro corrispondenza si parla di frequente di editori e soprattutto dei cosiddetti “Giganti dell’editoria”, come loro chiamano le case editrici più grosse. Vassalli insiste molto e spera che Lolini possa pubblicare con loro, con l’interlocutore però che dichiara di non essere molto interessato a tutto ciò nella corrispondenza del 30 ottobre 1982:

Ti ringrazio molto di tutto. Di pubblicare non me ne importa molto; anzi la fregola di pubblicare mi è passata da un pezzo. Sono un poeta finito. Che noia rimettere le mani in queste carte! Le mie poesie sono – spesso – mancate: ce ne sono tante in giro, che bisogno c’è che escano, poveracce! Tralascio, invece, tralascio. […]

Undici giorni dopo gli viene recapitata una lettera in cui Lolini chiede un’opinione sulla sua versione dell’Ecclesiaste, un lavoro a cui tiene particolarmente e che viene davvero apprezzato dall’amico.

Agli inizi del 1983, Vassalli comincia la collaborazione con “Panorama” ed è inviato in Alto Adige per raccontare la situazione sociale e politica di quella zona, che definisce drammatica in una lettera del 21 febbraio 1983:

sono tornato ieri dall’Alto Adige; farò un servizio per “Panorama mese”, ormai faccio anche un po’ di giornalismo, che vuoi farci.

Lolini, grazie a Vassalli, collabora nuovamente con El Bagatt (lettera del 4 giugno 1983) e pubblica I resti di Salomé, nella nuova collana dell’editore, mentre l’amico inizia a pensare a una delle sue opere più pungenti, Arkadia:

ho spedito a Claudio la nuova versione de I resti di Salomè […] “ripulendo”, accuratamente, tutto il testo.

Arkadia giunge anche nelle mani di Lolini, a cui è chiesto un parere sincero e, con una lettera del 6 ottobre 1983, l’opinione non tarda ad arrivare, insieme a raccomandazioni e un leggero allarme per l’opera rischiosa che Vassalli sta per portare a termine:

Attento ai bravi, ai briganti, ai killers. Insomma Arkadia è un libretto civile, […], un “dovere”; se in Italia esistesse una “civiltà” qualsiasi dovresti essere premiato e insignito di onorificenze, ma faranno di tutto, credimi, perché Arkadia non “esista”; sarà, come dire?, un libro che non è mai stato composto e stampato e anche gli amici più cari si dilegueranno, imbarazzati. Sarai calunniato, perseguitato e se possibile: “eliminato”; ti aspettano tempi bui e irti di difficoltà. Tu sai bene com’è il poeta arkadico; cova odii e rancori e sa attendere. È un’impresa la tua che ha dell’“eroico” e che dice, in qualche modo, la “carriera” dei tuoi personaggi; dunque stai attento: non uscire solo da Pisnengo, perché […] studieranno qualche trucco, qualche vendetta. Non ora, a caldo, ma più […] quando la faccenda si sarà calmata. È nella natura dell’Arkadia il colpire alle spalle, stai attento.

Il 1984 è un anno veramente importante per Vassalli: viene finalmente pubblicato La notte della cometa, il capolavoro sulla vita di Dino Campana, il risultato di 14 anni di studi e ricerche, apprezzatissimo da Lolini che vuole anche recensirlo, come dimostra la corrispondenza del 28 novembre 1984:

così, a caldo, la notte della cometa, mi pare bellissimo. Stupefacente anche la massa d’informazioni che fornisci; così, ora “capisco” il gran Dino, meglio di prima. Bella, l’idea iniziale valigia nella camera a Marradi, giuste le “parole” sulla Sibilla oggi, penso, sarebbe una redattrice di Paese Sera e de L’Espresso. Insomma mi pare che tu abbia fatto centro; c’è a augurarsi che La notte abbia […] il “successo” che merita. […]

Vorrei fare una recensione a questo tuo bel libro (mi pare – per sintesi e forza espressiva – il più riuscito della tua carriera) su il Manifesto. […] Infatti sono convinto che la Cometa resterà perché è un libro sentito “vero”, onesto; vi è passione, […] e, in più, quel “qualcosa” che fa riconoscere lo scrittore autentico. TI ho fatto molti complimenti: mi sento a disagio, la smetto.

Nello stesso periodo l’autore prepara alla pubblicazione il suo reportage dell’Alto Adige (lettera del 5 gennaio 1984), che in un primo momento pensa di intitolare Gli invisibili. Viaggio tra gli immigrati italiani in Alto Adige e in Germania, ma che poi uscirà come Sangue e suolo. Viaggio fra gli Italiani trasparenti:

In questi giorni ho finito, e nei prossimi giorni batterò a macchina, l’altro libro che mi ha preso 2,5 anni di vita […]. Dovrebbe intitolarsi Gli Invisibili (sottotitolo: Viaggio tra gli immigrati italiani in Alto Adige e in Germania); con questo libro credo di aver quasi inventato un genere, tra narrativa, saggistica e reportage. Alla fine di gennaio, lo consegno […].

Lolini comincia a pubblicare una nuova rivista di poesia, “Oceano Atlantico”, dove ovviamente vengono anche stampati dei lavori di Vassalli (6 settembre 1984):

Molto belle anche le traduzioni specie l’antologista e Nei boschi di Gérard de Nerval. Anche il rifacimento del celebre testo leopardiano mi pare riuscitissimo. […] Insisto per stampare nella prima pagina dell’Oceano Atlantico l’Antologista, […] Se vuoi ti pagheremo. La poesia è troppo bella e va difesa con ogni mezzo. Io l’ho fotocopiata e l’ho mandata in giro.

Durante l’anno successivo, il poeta senese si concentra, invece, su un nuovo progetto letterario incentrato sul romanzo giallo e sull’uscita della sua opera (lettere del 18 maggio, 7 giugno, 15 luglio e 19 novembre 1985), Morte sospesa per cui chiede una prefazione o una quarta di copertina proprio a Vassalli, che è entusiasta dell’opportunità che si sta presentando al poeta senese:

Sto radunando i miei scritti (tantissimi) sul romanzo poliziesco cercando di metter su un libro dal titolo: Amori gialli. Niente di serio, s’intende.

Forse anch’io stampo il mio così detto romanzo che è – te lo dico subito –una stronzata. Pare che a quelli de Il Lavoro editoriale[4] di Ancona, interessi.

Quelli de Il lavoro editoriale vogliono stampare questo mio romanzo che s’intitola: Morte sospesa con una tua nota introduttiva o quarta di copertina: insomma una prefazione di chiara forma che “garantisca” – in qualche modo – questo mio non appetibile scartafaccio

Mi hanno telefonato quelli de Il lavoro editoriale comunicandomi che il mio così detto romanzo uscirà a primavera; […] A proposito: la copertina di Morte sospesa è molto bella.

Vassalli continua ad occuparsi di Dino Campana e a rispondere agli attacchi che subisce da quando è stato pubblicato il libro. Chiede anche all’amico di comporre un racconto su Marradi: da esso nascerà il famoso racconto L’anno del Salmone (Vita con Sebastiano), la base delle successive opere a quattro mani dei due autori, Marradi e Belle lettere, con protagonista lo stesso Sebastiano e alcune lettere della loro corrispondenza. Ecco quello che si dicono i due amici circa l’uscita di quest’opera (lettere del 21 agosto 1985 e del 9 ottobre 1985):

Il racconto: Vita con Sebastiano dovrebbe apparire su L’Unità tra il 27-28 e 29 di questo mese. Da questo […], come ti ho già scritto, ho avviato un libro che penso riesca bene. I materiali ci sono: le storie e le invettive contro i “padroni delle lettere” risultano divertenti, c’è verve, senso: è il primo libro che scrivo che in qualche modo mi convince.

Secondo me il tuo romanzo dovrebbe intitolarsi Il Salmone, data la straordinaria lievitazione di questa salma e la sua gioiosa vitalità […] TI prego, scrivi Il Salmone.

Lolini lavorerà per molto tempo su questo testo, disfacendolo, variando la suddivisione dei capitoli e ricominciandolo da capo, quando non si sente convinto dal prodotto finale raggiunto (lettera del 1986):

Sottoporrò il Salmone ad una seconda, radicale, stesura (seguendo i tuoi consigli e le tue indicazioni. Hai proprio chiuso il rubinetto delle lettere? Che peccato! Erano (sono state) come un balsamo: è così rara l’intelligenza sul pianeta che, senza le tue missive, mi sento come denutrito; e come trovare un altro che scrive come te? Non esiste.

L’anno 1987 è quello dell’uscita dell’Oro del mondo, opera in cui appare A., un personaggio che Vassalli ha disegnato prendendo ispirazione dall’amico senese, che dichiara però di non riconoscersi assolutamente in tale descrizione, ma di apprezzarlo in ogni caso e di essere intenzionato a recensirlo. Lolini nel frattempo porta a conclusione la sua opera sul Salmone e scopre l’accoglienza del pubblico dopo l’uscita del suo romanzo Morte sospesa, trovandosi ad affrontare un periodo non facilissimo (corrispondenza del 24 aprile 1987):

Sto fotocopiando Il Salmone e tra giorni te lo spedirò. Mi sono annoiato a morte nel rileggerlo. Morte sospesa continua ad essere – giustamente – ignorato, anche se quelli del Lavoro editoriale insistono perché invii loro libri che non ho scritto e non scriverò.

Essendo Vassalli il protagonista dell’Anno del Salmone, l’opera, oltre a essere letta per dare consigli, è sottoposta anche a una fase di revisione ancora più attenta e minuziosa del solito, per evitare polemiche e per escludere la possibilità alla critica di trovare facilmente appigli per attaccare lo scrittore ormai pisnenghese.

Con una lettera datata 24 dicembre 1987 arriva ad Attilio Lolini la proposta di pubblicare una parte dell’Anno del Salmone, il quinto capitolo, dopo aver apportato alcune modifiche, come opera a sé stante, dal titolo Marradi e con la firma di ambedue gli scrittori; Marradi dovrebbe simboleggiare, secondo l’idea dei due amici, l’ottusità italiana:

Allora ho ripreso per mano il manoscritto del Salmone e vorrei farti una proposta. Pubblicheremo un capitolo, uno solo, con tutt’e due i nostri nomi in ordine alfabetico: Attilio Lolini e Sebastiano Vassalli. Il capitolo dovrebbe essere il quinto (da pag.41 a pag.50) e il titolo dovrebbe essere: Marradi. Prima del testo dovrebbe esserci ma breve nota, in cui si dice che il testo stesso fa parte di un romanzo* intitolato L’anno del salmone, in cui i nostri ruoli si scindono: tu sei l’autore unico e io un personaggio […]. Inoltre, nel testo bisognerà operare alcune correzioni.

Dopo la pubblicazione di Marradi, Vassalli si preoccupa delle conseguenze che potrebbe avere l’intera pubblicazione dell’Anno del Salmone e chiede a Lolini di evitare qualsiasi circolazione dell’opera, almeno finché egli è ancora in vita, ritenendolo solo inutile e dannoso. In una lettera del 24 febbraio 1988, Lolini afferma di essere d’accordo nel voler porre un freno a qualsiasi pubblicazione dell’opera tanto discussa, dichiarandosi in ogni caso ancora insoddisfatto del risultato finale ottenuto e spiegando che l’opera sarebbe da disfare nuovamente e ricostruire; Lolini riprende quindi a lavorare alla sua opera sui gialli:

concordo. Confermo. Il Salmone verrà messo nel congelatore. […] In effetti hai ragione da vendere; sono uno scriteriato a pubblicare pezzi e punti del Salmone di qua e di là. […]

Il Salmone poi, nonostante il tuo parere contrario, andrebbe riscritto tutto, “rimontato” o, meglio: (come si dice in musica); orchestrato. Per ora è “steso” al piano: mancano i colori, i rumori.

La necessità di Lolini, però, di vedere pubblicata l’opera su cui ha lavorato per quattro anni, lo spinge a chiedere a Vassalli in una lettera del 17 novembre 1988, l’approvazione per una stampa, pena l’impossibilità di produrre altro:

davvero: questo Salmone mi blocca: se non lo stampo non scriverò più un rigo.

Agli inizi degli anni novanta, Vassalli pubblica La chimera, l’opera con cui vince il Premio Strega e come sempre chiede un parere al suo fidato amico, il cui giudizio (corrispondenza del 25 gennaio 1990) è assolutamente positivo e attento:

La chimera, letto stampato, è davvero un bellissimo libro con quelle due “porte” che s’aprono su un affresco terrificante, fittissimo di personaggi tutti molto ben “realizzati”; […]. Le due porte (o ante) che aprono e chiudono il libro, trattando l’usurato tema del nulla, sono bellissime, tutte (scusa la terminologia musicale) in minore, prive di qualsiasi enfasi e compiacimento e, perciò, vere verissime.

Vassalli inizia anche a tenere una rubrica su “Belfagor”, i cui racconti poi diventeranno parte del libro Belle lettere, scritto con l’amico; Lolini già comincia a dichiarar la volontà di un Salmone 2 (lettera del 15 marzo 1990):

mi stimola molto un progetto di Salmone 2, composto interamente da tue missive: un genere, devo riconoscerlo, nel quale eccelli. Del Salmone uno non so più nulla.

Fra i due autori si fa strada l’idea di pubblicare davvero il secondo libro insieme; ad agosto Vassalli comunica (lettera del 1° agosto 1990) al poeta senese che l’anno successivo sarebbe uscito Belle lettere:

ti comunico che nei primi mesi del 1991 uscirà un nostro libro “a quattro mani”, nei “Saggi brevi di Einaudi (collana rossa, la conosci?) Accludo l’indice provvisorio: ti prego di valutarlo bene (le Lettere pisnenghesi comprendono varie missive, […] ecc. ecc.) Per simmetria, sarebbe forse opportuno che l’indice si chiudesse con un Lolini. Vedi un po’ nell’Anno del Salmone, se ci sono un 8-12 pagine abbastanza “forti” e diverse da tutto ciò che precede, per chiudere il libro; se non ci sono inventale tagliando qua e là, e mandamele entro il mese. A settembre, quando i padroni della Einaudi ritornano dalle ferie, il progetto dovrà essere completo.

Il secondo testo di Lolini da inserire nell’opera ha avuto più di una stesura, come da consiglio di Vassalli che gli propone una nuova soluzione (corrispondenza 29 agosto 1990):

Direi che con Marradi ci siamo. Non ci siamo affatto, invece, con Il Salmone. Questo che mi hai mandato è una broda impubblicabile, da buttar via sia come insieme, sia come singoli pezzi; letteralmente: il peggio del Salmome.

Ho una proposta da farti. Recuperare le pagine pubblicate in “Cartolaia 1990” che sono molto buone (soltanto la prima pagina deve essere alleggerita d’un po’ di esclamativi e d’altri vezzi […]). Aggiungere alcune parti dall’Anno del Salmone, cap. VI, pag. 58 del manoscritto in mio possesso.

La produzione di quest’opera provoca in Lolini alcuni momenti di sconforto di cui parla esplicitamente all’amico (lettera del 19 settembre 1990):

riscrivendo, per l’ennesima volta, il capitolo del Salmone mi sono accorto che non so scrivere; ovvero: so scrivere, magari, per le gazzette e per le riviste. Impiastro ma non per i Giganti dell’editoria come tu che hai talento e pazienza da vendere, almeno nei miei confronti. È che, dopo quattro o cinque pagine, mi piglia una gran noia e la consapevolezza di fare un lavoro del tutto inutile. Forse inciampico anche nelle grammatiche e, come dici tu, non ho idea di che cosa siano gli accapo e affini. Sicché la tua fissazione di farmi diventare celebre è pura testardaggine.

Essendo poi, per fortuna, uno Sconosciuto, sono anche un peso per te; diranno: e chi è questo?, guarda con chi si è messo?, allora è proprio matto! e così via. I Giganti, dai retta a me, non mi vedono di buon occhio; […] io, quando mi leggo e rileggo, francamente, non mi piaccio e mi respingo come un Gigante dell’editoria assennato. […] Dai retta a me, ravvediti. Diranno i posteri: Come mai il Vassalli scrisse mille lettere ad un certo Lolini.

La risposta di Vassalli non si fa attendere e il testo che si vede recapitare Lolini è intriso di ironia (lettera del 25 settembre 1990):

leggendo la tua lettera 19 u. s. ho pianto vere lacrime. Non ci credi? Misuravo la mia bassezza – di cui poi ti dirò – con la tua grandezza. […] mi rendo conto di non avere scusanti. Sono un traditore, un ruffiano, un mostro.

Vassalli prova a spiegare al suo amico, non senza un leggero sarcasmo, che il suo unico intento è agire per il suo bene, per cercare di fargli chiudere in maniera definitiva il capitolo della sua vita legato al Salmone. Questa risposta però non basta a rincuorare Lolini, che rivela, in una lettera del 5 ottobre 1990, come spesso si annoi nel rileggere le sue opere e quindi abbandoni ogni tentativo di limare il testo:

Lo confesso: sono sgrammaticato ed anche per questo, per questa mia consapevolezza, non sono mai uscito dalle gazzette, dalle plaquettes, dalle riviste rompicoglioni. Comprendimi e perdonami. Ma, oltre all’imperizia ed ai miei scarsi studi, devo confessarti che, il più delle volte, ciò dipende da altro: dall’incapacità o, meglio, dall’ostinazione a non rileggermi. Le mie pagine m’annoiano profondamente; così non limo, lascio tutto com’è, tanto cosa me ne frega. Lo so che il manoscritto è bellissimo per merito tuo. […] Lascia perdere gli sgrammaticati, credimi […] Addio.

Vassalli decide quindi di scrivere una lettera molto dura (8 ottobre 1990), sembra un fiume in piena, per provare a scuotere l’amico di sempre:

Ricevuta e letta la lettera degli addii, non mi ha fatto granché impressione. […] Errori ne facciamo tutti, inavvertitamente, le case editrici cosiddette “serie” erano quelle che, fino a qualche tempo fa, avevano personaggi che con molto tatto per la suscettibilità degli autori facevano il cosiddetto “editing”: e sapevano distinguere, ti assicuro, ciò che era uso creativo del linguaggio da ciò che era svarione.

Ora questi personaggi non ci sono più e se ne sente la mancanza […].

Nella stessa lettera, lo scrittore novarese riferisce all’amico che lui cerca sempre qualcuno che rilegga e corregga i suoi scritti e che le case editrici hanno persone pagate per svolgere il lavoro di editing. Rimprovera quindi Lolini per la sua assenza di volontà nell’attuare le medesime attenzioni. L’amico sembra riprendersi dallo scoramento, ringraziando Vassalli in una lettera del 16 settembre 1990 per l’amicizia sincera e unica che li lega:

ho ricevuto la lettera della “vergogna” […]  Ti chiedo scusa […] Nelle gazzette traffico più di te; i tuoi articoli […] erano ottimi, cosa avrei mai da dire?  […] sono lieto che esca Belle lettere: è una vera prova d’amicizia la tua, anzi unica.

Archiviato questo momento di sfiducia, nel 1991 Belle lettere viene stampato e avrà un buon successo, una volta pubblicato e nello stesso anno Lolini inizia a comporre un nuovo romanzo intitolato Senza fissa dimora, che uscirà tre anni dopo; la produzione di Senza fissa dimora riscontra alcune difficoltà, e Vassalli, consigliere fondamentale, è tenuto al corrente di ogni progresso (lettera senza data):

sono qui, a terminare Senza fissa dimora, seguendo i tuoi suggerimenti. Concluderò in due-tre capitoletti che riagganciano la storia del mostro.

L’anno 1992 vede alla ribalta il nuovo romanzo di Vassalli, Marco e Mattio, e come sempre Lolini è fra i primi ad avere la possibilità di leggerlo (corrispondenza del 27 maggio 1992):

mi ha molto colpito il personaggio di Mattio che è tra i pochi – memorabili – che io ricordi. Non saprei dirti come e perché sia così riuscito, forse non lo sai neppure tu […].

Nei primi anni duemila, Lolini decide di mettere in scena il romanzo della Notte della cometa, preparando con il regista Tuccio Guicciardini un adattamento teatrale intitolato Mi chiamo Dino… sono elettrico che riscuote un grande successo (lettere del 29 marzo 2008, del 30 giugno 2008 e del 25 marzo 2010):

ecco l’ultima stesura di Dino. Controlla se puoi. È comodata con il Tuccio. Mi metto a lavorare al libro di versi.

Ecco il copione “risistemato”. Speriamo che Tuccio ne cavi qualcosa.

Ti mando qualche ritaglio reperito su Internet e dintorni. Tuccio mi dice che Dino… ha successo. All’Antella il teatro era pieno (a pagamento). Alla fine tutti gridano: viva Lolini, viva Vassalli. Conto di sentirci presto.

L’amicizia di Vassalli e Lolini non si limita al commento di opere o alla richiesta di opinioni, consigli; nella loro corrispondenza si possono trovare anche divertenti momenti di vita quotidiana. Un esempio è la famosa battaglia di Vassalli con un topo o un animale simile che gli infesta la casa; in una lettera del 4 gennaio 1983 l’autore ne racconta i tratti salienti all’amico, con la sua solita vena ironica:

La vicenda del topo s’avvia a diventare epica. Per catturarlo, la vicina mi ha imposto una trappola in ferro battuto (pregevole opera d’artigianato ottocentesco) grande quanto un comodino da notte. Di stanzetta in stanzetta, il topo dovrebbe finire sopra una botola e precipitare nel moto. Questa trappola è rimasta […] per più di un mese senza dare risultati.

La singolare avventura di Vassalli con il topo è talmente particolare che egli arriva addirittura a pensare di comporre con Lolini un quaderno di Barbablù intitolato Caccia al topo, paventando però un esito negativo per la piccola battaglia, anche perché la storia è sempre in continua evoluzione (lettere del 7 marzo 1983 e del 19 marzo 1984):

ho notizie della chimera. Assente ormai da quasi un mese, si è segnalata nel cortile della vicina per alcune stragi di bestiame minuto e per sterchi che io ho riconosciuto senza esitazione. Pare ormai assodato trattarsi di faina.

Il dossier topo-gigante-porcospino-faina si arricchisce di episodi ne verrà fuori un romanzo.

La vicenda legata a questo animaletto si trascina per alcuni anni e Sebastiano Vassalli si incarica di informare sempre il suo amico, narrandone gli episodi principali e più divertenti.

È possibile quindi, visionando questa vasta ed esaustiva corrispondenza, capire, in parte, il tipo di rapporto intercorso fra i due autori. Certamente alla base di tutto ci sono una grande fiducia e un’enorme stima reciproca. Da parte di Lolini emerge una notevole ammirazione per la capacità di scrittura dell’amico, ma anche una sorta di rispetto per essere riuscito a raggiungere un certo successo e una notorietà indiscussa.

Vassalli apprezza il poeta senese proprio per la sua volontà di non ricercare la fama ad ogni costo; l’autore novarese, comunque, si spende molto per l’amico e cerca di farlo approdare in Einaudi, spronandolo anche a non farsi intimidire dai “giganti dell’editoria”, come loro stessi chiamano le grandi case editrici. Nel corso degli anni il rapporto fra i due diventa più stretto, tanto da giungere alla composizione di opere scritte a quattro mani; naturalmente il lavoro insieme porta alla nascita di qualche piccolo screzio, qualche piccola controversia, risolti in ogni caso con estrema velocità.

Con all’attivo un numero elevatissimo di libri, Vassalli conclude la sua carriera da scrittore con una candidatura al premio Nobel per la letteratura e numerosi premi vinti, fra cui il premio Strega. Attilio Lolini nella sua attività di scrittore si concentra maggiormente nella composizione di poesie, mirando a una precisa nicchia di pubblico, sicuramente in grado di apprezzare e capire il suo lavoro.

Lolini e Vassalli, quando ancora la tecnologia non aveva invaso il mondo della comunicazione, hanno utilizzato il solo mezzo a loro disposizione per scambiarsi idee, per farle circolare: la parola scritta su carta. Questa fitta corrispondenza è sicuramente qualcosa di unico e prezioso. Grazie ad essa si può capire il tipo di rapporto fra i due autori: mai sono emerse invidia o meschinità. Al contrario, leggendo le lettere, ciò che salta subito all’occhio sono la schiettezza e la sincerità su cui è stata costruita un’amicizia duratura.

La parte più interessante, dal punto di vista editoriale, è sicuramente quella in cui parlano delle due opere, Marradi e Belle lettere, che hanno deciso di scrivere insieme. Attraverso la corrispondenza i due autori si inoltrano correzioni, appunti e discutono sulle possibili conseguenze che le loro pubblicazioni potrebbero avere per loro e la loro carriera. È molto toccante quello che scrive Lolini in una lettera del 16 ottobre 1990, poco prima dell’uscita della loro seconda opera: «sono lieto che esca Belle lettere: è una vera prova d’amicizia la tua, anzi unica».

Per concludere ecco una breve poesia che Vassalli scrive per l’amico Lolini, grande raccoglitore di funghi; inizialmente questi versi raggiungono il poeta senese tramite una lettera del 25 luglio 1984. Successivamente questa poesia è stampata dalla casa editrice Pulcinoelefante nell’agosto 2017:

Felice te, che il regno
ampio de’ funghi
per tutto agosto,
o Attilio, correrai!

Dalla tesi di laurea di Martina Guerini, relatore prof. Roberto Cicala

[1] Ho potuto occuparmi di tale corrispondenza grazie al benestare preventivo delle rispettive eredi dei due scrittori (Paola Todeschino, vedova Vassalli, e Loredana Montomoli, vedova Lolini) e su concessione della Sezione Archivi della Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena, che vieta l’ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo del materiale. Le lettere, di cui sono stati riportati alcuni stralci, sono conservate in parte (quelle scritte da Lolini) presso l’Archivio Sebastiano Vassalli – Centro Novarese di Studi Letterari (ASV.IV.2-70.V.2, ASV.IV.3-80.IV.9a, ASV.IV.3-80.IV.9b, ASV.IV.4-90.IV.11, ASV.IV.5-00.IV.11, ASV.IV.6-10.III.9) e in parte (quelle scritte da Vassalli) presso la Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena, nel fondo Attilio Lolini, scatola 8, cartella 4.

[2] Claudio Granaroli fonda nel 1979 la casa editrice El Bagatt, con cui cui Vassalli e Lolini pubblicano alcune opere; l’intento editoriale di Granaroli è quello di produrre libri d’artista a tiratura limitata che uniscano al testo immagini di alta qualità. Rimane direttore di El Bagatt fino al 1996.

[3] Opera che inizia a circolare nel definitivamente 1983, dopo che Attilio Lolini e Carlo Fini insistono per pubblicalo nei Quaderni di Barbablù; il testo è stato scritto da Vassalli durante il suo periodo di adesione giovanile alla neoavanguardia. Nel 1991 l’opera è pubblicata in una nuova edizione dalla casa editrice Leonardo.

[4] Casa editrice fondata da Giorgio Mangani nel 1979, in trent’anni circa di attività pubblica 500 titoli e 17 testate periodiche; le opere illustrano per lo più la storia e la cultura delle Marche e il progetto principale è quello di riuscire a creare una solida cultura regionale.


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).