La produzione letteraria di Sebastiano Vassalli ricostruita seguendo le vicende biografiche dell’autore.

Sebastiano Vassalli nasce il 25 ottobre 1941 «in una città: Genova, e in un Paese, l’Italia, che era in guerra da diciassette mesi».[1] I suoi genitori, una ragazza-madre toscana e un uomo lombardo, si separano a guerra finita e il padre, ottenuto l’affidamento di Sebastiano, lo “consegna” ad un anziano parente che vive a Novara con due zie zitelle. «Orfano di genitori vivi»,[2] il giovane Sebastiano cresce senza affetti familiari e scopre l’interesse per la letteratura ai tempi del liceo, diventando un lettore formidabile. Nel 1958 si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano, dove consegue la laurea otto anni dopo con una tesi sul rapporto tra arte e psicanalisi discussa con il professore Cesare Musatti. Negli anni universitari, per mantenersi, svolge i lavori più vari, come aiuto imbianchino, fattorino, facchino, aiuto bibliotecario e insegnante nelle scuole medie e nei licei. Nel pieno degli anni Sessanta «straordinari e straordinariamente inconcludenti»,[3] Vassalli inizia a trovare la propria voce anche in campo artistico. In anni portatori di ideologie nuove e spesso confuse, si inserisce la “disperata vitalità” di un giovane uomo, che sente il bisogno di cercare la propria identità e di provare la propria esistenza.

Gli anni della Neoavanguardia

Il suo esordio artistico non ricade nell’ambito letterario, bensì in quello pittorico. L’arte è «l’unica forma di obiettività possibile in questo presente»[4] e Vassalli la esprime in vignette, dai toni sarcastici e provocatori, che si inseriscono nel clima di sperimentazione di quegli anni. Nel 1964 viene allestita la sua prima personale a Venezia, nella galleria del Cavallino, mentre l’anno seguente ne viene presentata un’altra da Edoardo Sanguineti[5] a Milano, nella galleria del Naviglio. Nel 1968 si impegna per allestire la mostra “Oltre l’avanguardia” al Broletto di Novara, dove partecipano artisti internazionali.[6] Prosegue ancora per qualche anno questa sua stagione di ispirazione pittorica, che si materializza in una serie di “Ex voto”, ma nel frattempo Vassalli si avvicina al movimento letterario del Gruppo 63.

Negli anni Sessanta il mondo culturale è scosso dalla Neoavanguardia, o Gruppo 63, un movimento di contestazione della società e della letteratura. Il nome vuole richiamare le grandi avanguardie storiche del primo Novecento, ma allo stesso tempo prenderne le distanze con una diversa concezione del linguaggio. I neoavanguardisti, nelle loro poesie, testimoniano la civiltà contemporanea basata sul consumo, nella quale l’arte non è nient’altro che una merce. Il centro della loro riflessione artistica diventa la parola e il linguaggio, considerato sempre frutto di un’ideologia e pertanto portatore di menzogne. La parola e i segni perdono di significato e lo acquistano invece il collage linguistico e il montaggio di frammenti testuali totalmente differenti: solo così la letteratura può riprodurre la realtà ingannevole e scomposta nella quale si trova ad agire.[7]

Il gruppo 63 era una non-avanguardia, un non-gruppo, un non-tutto-e-il-contrario-di-tutto, tenuto insieme da idee confuse ma forti di quegli anni.[8]

Così Vassalli ricorda questo movimento artistico, di cui entra ufficialmente a far parte nel 1967, quando ottiene la sua seconda laurea, quella di scrittore, in una riunione del gruppo a Fano:

Dopo l’esame di laurea nel luglio del 1966, a maggio dell’anno successivo ho passato l’esame da scrittore, davanti a una commissione composta da notabili del Gruppo 63: i “moderni”. Eravamo a Fano sulla riviera adriatica e l’organizzatore dell’evento, il genius loci, era Alfredo Giuliani. Altri incontri dei moderni con annessa sessione di esami per aspiranti scrittori si erano già svolti a Palermo nel 1963 e a Reggio Emilia nel 1965, e se ne era parlato sui giornali; quello di Fano era il terzo. […] Ricordo che lessi una paginetta di un mio testo (poi pubblicato in Narcisso, 1968), che oggi, se mi venisse di rileggerlo, giudicherei “demenziale”. Ricordo che ricevetti le lodi di Alfredo Giuliani, che pure era un critico intelligente e attento, e le perplessità di Enrico Filippini. Ricordo che, rispondendo a Filippini, cercai di spiegare le ragioni di ciò che avevo scritto, ma che non fui particolarmente brillante. Anche quelle ragioni, di cui poi mi sono completamente dimenticato, se le riascoltassi oggi mi sembrerebbero demenziali. Vivevamo davvero in un altro mondo e in un’altra epoca.[9]

Vassalli viene così influenzato dal clima avanguardistico e la sua prima produzione letteraria è poetica. I suoi versi, carichi di una forte esuberanza immaginativa e di un furore creativo, sottolineano una connessione tra la realtà inquieta di quegli anni e la letteratura nelle sue molteplici parti del discorso.[10] I componimenti sono specchio dei malumori politici e sociali degli anni Sessanta e, con i loro toni satirici, paradossali ed esasperanti, anticipano il clima di contestazione che il Sessantotto porterà in Italia nel 1969.

Le prime pubblicazioni

In questi anni Vassalli compone il suo primo libro in assoluto: Lui (egli), pubblicato nel 1965 da Rebellato editore, una raccolta di prose sperimentali. Tra queste spicca “Narcisso”, testo con cui partecipa alla riunione di Fano del Gruppo 63 e che gli permette di entrare nell’entourage degli scrittori della casa editrice Einaudi. Guido Davico Bonino,[11] allora collaboratore presso la casa editrice, già un anno prima lo aveva contattato, in accordo con l’amico Giorgio Barberi Squarotti, per comunicargli il progetto di una nuova collana interamente dedicata alla poesia, dove avrebbero potuto trovare spazio i suoi componimenti. Così il secondo libro di Vassalli, Narcisso, vede la luce nel 1968 con il marchio Einaudi nella collana “La ricerca letteraria”, curata da Guido Davico Bonino, Giorgio Manganelli e Edoardo Sanguineti.[12] Da questo momento l’autore si lega agli editori di via Biancamano, da cui si staccherà poche volte nell’arco di tutta la vita, e nel 1970 viene pubblicato un altro suo libro, Tempo di màssacro, nato per puro divertimento:

Un giorno di gennaio del 1970 andai a Torino, alla casa editrice Einaudi, per salutare GDB: Guido Davico Bonino, il mio primo editore, e per lasciargli alcune pagine dattiloscritte di uno pseudomanuale cinquecentesco che stavo scrivendo, sull’arte di sterminare gli uomini. Non perché le pubblicasse (quelle pagine), ma perché le leggesse. Era uno scherzo; invece il mio scherzo capitò in mano a Calvino, che se ne entusiasmò al punto di buttare all’aria la programmazione di una sua nuova collana, l’“Einaudi Letteratura”, per inserire il mio libro tra i primissimi titoli. Il manuale, che poi finii di scrivere sulle bozze di stampa, uscì a maggio e si intitolò Tempo di màssacro.[13]

Dopo appena due anni Einaudi di nuovo manda in stampa un’opera di Vassalli intitolata Il millennio che muore, sempre inseribile all’interno del clima sperimentale e d’avanguardia. Continua anche qui una metodica ricerca alla disgregazione della sintassi del discorso, allo sgretolamento dei vocaboli, all’alternarsi di elementi aulici e bassi, per ottenere un effetto caotico e confusionario. Le sperimentazioni letterarie del Vassalli trentenne tendono a rendere percettibile, attraverso la manipolazione linguistica, la disomogeneità e la pluralità che regnano il mondo reale. Ecco quindi che è la lingua ad essere il vero centro di contemplazione e la vera essenza del mondo, il quale senza di essa non esisterebbe.[14] Questa fase di sperimentazione prosegue con Manuale di corpo ovvero Sentenze di scrittori antichi e moderni, scritto nel 1972, ma pubblicato solo nel 1983 su insistenza degli amici Attilio Lolini e Carlo Fini, dove l’indole da collezionista di citazioni e frammenti prende il sopravvento, e AA. Il libro dell’utopia ceramica del 1974, pubblicato dall’editore Longo in una collana autogestita dagli stessi autori, che richiama già nel titolo il concetto di “razo en si” di Jaufré Rudel.[15]

L’attività editoriale del giovane Vassalli

L’eclettismo giovanile di Vassalli e la sua voglia di sperimentare lo portano a occuparsi anche di editoria. In Narcisso già è presente qualche accenno a questa sua occupazione, nel ritratto dell’autore, dove si menziona una raccolta di “collage freddi” dal titolo Nel labirinto pubblicati sotto l’edizione C.d.e. E ancora, in una serie di lettere scambiate tra lo scrittore e l’Einaudi nell’estate del 1968, in relazione ad un volumetto appena finito e spedito in visione alla casa editrice, traspare che la sigla CDE, sebbene «non nasconda alcun editore», stia a significare «Centro di documentazione estetica» e risieda a «Novara c/o Sebastiano Vassalli». L’autore quindi ha iniziato a svolgere anche l’attività di auto-editore, avviando una collaborazione con una stamperia del centro città di Novara, Mora Grafica, i cui mezzi a disposizione permettono di produrre libri economici, in brossura fresata con l’utilizzo del solo inchiostro nero.[16] Con questa piccola impresa editoriale arriva a stampare, fino al 1974, una ventina di libri; la sigla CDE, dopo il breve periodo iniziale, viene presto sostituita da Ant. Ed (con o senza punto), per richiamare un’idea di “anti editoria”.[17] Ricade sotto questo nome anche la rivista che prende vita per iniziativa di Vassalli insieme con Giorgio Barberi Squarotti, Cesare Greppi, Ugo Locatelli, William Xerra e Luciano Caruso:[18] “Ant. Ed Foglio bimestrale di poesia e scienze affini”, il cui primo numero esce nel novembre 1968 e che è destinata a fermarsi dopo il quarto.

La scoperta del genere narrativo e la maturità letteraria

Lasciatosi alle spalle le esperienze del Gruppo 63, Vassalli approda alla narrativa tradizionale nella seconda metà degli anni Settanta, esattamente nel 1976 quando pubblica per Einaudi il suo primo romanzo L’arrivo della lozione. Con questo libro prende rumorosamente le distanze dalle ideologie sessantottine, scegliendo come protagonista Benito Chetorni, un semianalfabeta cresciuto in ambienti malavitosi che diventa picchiatore fascista. Il clima della Neoavanguardia, che in Vassalli aveva assunto toni ispidi e rivoluzionari, cede adesso il passo alla ricerca di una maggiore verosimiglianza e comunicabilità con il lettore. L’arrivo della lozione segna un punto di rottura con il passato, reso ben evidente con la scelta di narrare una storia sull’estremismo di destra.[19] Inizia così la breve fase post-avanguardistica dello scrittore, che prosegue con Abitare il vento (1980) e Mareblù (1982). Se nel primo Vassalli descrive per la prima volta un personaggio completo e reale, nel secondo, pubblicato da Mondadori nella collana “Scrittori italiani e stranieri”,[20] si cimenta in una satira politica nata per intercessione dell’amico Giulio Bollati:

Mi fece conoscere un regista cinematografico che, a suo dire, cercava un soggetto per “una commedia all’italiana” con Alberto Sordi come protagonista. Era una balla, e credo che Alberto Sordi non ne abbia mai saputo niente; ma fu così che nacque Mareblù.[21]

Vassalli raggiunge la maturità narrativa con La notte della cometa (1984):

Sono diventato scrittore a quarant’anni. Da allora, credo di aver fatto alcune cose buone e anche ottime.[22]

Il romanzo ha come protagonista Dino Campana, poeta italiano vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, cui l’autore dedica molti anni di studio, alla ricerca di precise informazioni biografiche. Anche dopo la pubblicazione del libro, questo legame con il «babbo matto che mi sono dato al posto dell’impresentabile babbo anagrafico»,[23] continuerà ad essere un aspetto molto importante della vita dell’autore. Il rapporto che unisce Vassalli a Campana va oltre il semplice interesse artistico, come afferma egli stesso in un’intervista rilasciata in occasione delle Scuole di lettura in biblioteca nel 2001:

Mi avvicinò a Campana una parabola, oltre che artistica anche personale, comune a molti autori italiani, da Dante ai nostri giorni: quella di essere passati attraverso un’avanguardia, e di esserne usciti delusi: […] per Campana [si era chiamata] futurismo, per me, in maniera molto più dimessa, era stato il Gruppo 63.[24]

Questo libro segna uno spartiacque fondamentale nel suo percorso letterario: se da un lato mostra un affetto viscerale nei confronti di Dino Campana, dall’altra sancisce la definitiva consacrazione di Vassalli come scrittore di narrativa. Molto deve all’amico Giulio Bollati, il quale lo affianca nella scelta di lasciare definitivamente la carriera di insegnante nel 1979 e lo sprona a continuare a scrivere, nonostante la titubanza iniziale di Vassalli, che nel 1982 si iscrive alla Camera di Commercio di Novara come venditore ambulante di libri, stampe e oggetti d’arte:

Quando lasciai l’insegnamento, nel 1979, io non pensavo di poter vivere facendo lo scrittore e mi ero registrato alla Camera di Commercio di Novara come venditore ambulante (ho ancora l’attestato) di libri, stampe e oggettistica varia. […] Bollati, in quella circostanza, fu impareggiabile. Da un lato, fingeva di approvare le mie decisioni e di incoraggiarle; dall’altro, mi proponeva di fare dei lavori come scrittore, che non avrebbero intralciato i miei commerci a venire, ma avrebbero dovuto affiancarli.[25]

Il rapporto con Giulio Einaudi e l’approdo al romanzo storico

Con La notte della cometa Vassalli riceve le attenzioni anche del “divo” Giulio Einaudi, nonostante la sua firma facesse parte della casa editrice già da qualche tempo, e dopo pochi anni si sorprende nel vederlo difendere a spada tratta il suo nuovo romanzo, L’oro del mondo (1987):

Giulio Einaudi mi ha scoperto nel 1985, dopo La notte della cometa e dopo avermi ignorato per diciassette anni. Ero un suo autore dai tempi di Narcisso, cioè dal 1968; ma le rare volte che lo incontravo nei corridoi della sua casa editrice, mi guardava senza vedermi e una volta mi scambiò anche per un traduttore. […] Nel 1987, quando chi allora comandava nella ex sua casa editrice mi rifiutò il manoscritto del romanzo L’oro del mondo e mi fece intendere (non so perché…) che dovevo cercarmi un altro editore, Einaudi fece una mattana memorabile. Mobilitò in mia difesa i maggiori autori e consulenti della casa editrice: Natalia Ginzburg, Giorgio Manganelli, Federico Zeri… Il libro uscì con il marchio dello Struzzo e l’editore scelse personalmente l’immagine di copertina: un’opera giovanile di Sironi, molto bella.[26]

Nonostante questo momento di vicinanza tra Vassalli ed Einaudi, il suo rapporto con la casa editrice non fu dei migliori. Indubbiamente erano anni duri per gli editori di via Biancamano, poiché la crisi che li colpì negli anni Ottanta ebbe notevoli ripercussioni, ma risulta evidente che la considerazione nei confronti dello scrittore era praticamente nulla, come riporta egli stesso in una lettera privata destinata a Giulio Einaudi nel dicembre del 1987:

In questi anni sono riuscito a fare qualche buon libro nella totale indifferenza della casa editrice tua omonima. […] Ciò che ti chiedo è questo: può un libro – anche buono, anche ottimo – avere successo contro tutti e contro la stessa casa editrice che l’ha pubblicato?

La rottura vera e propria si consumò qualche anno dopo, nel biennio 1997-1998; in questi anni Vassalli passa alla casa editrice Baldini & Castoldi diretta da Alessandro Dalai, il precedente editore dello Struzzo e il motivo del litigio tra lo scrittore e Giulio Einaudi. Ma prima di questo scontro, dopo L’oro del mondo, quando i rapporti erano ancora sereni, l’autore lavora ad un nuovo romanzo che esce nel 1990 con il titolo di La chimera: ambientato a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento nella città di Novara e dintorni, ha come protagonista Antonia, una bella trovatella che finisce bruciata sul rogo con l’accusa di essere una strega. Vassalli lavora instancabilmente dal 1987 per ricercare dati e fonti su quel determinato periodo storico nell’area novarese e questo lo costringe anche a ritornare più volte su parti già stese del romanzo, diversamente dal solito, per correggerle o ampliarle.[27] Con questo libro nello stesso anno Vassalli si aggiudica il Premio Strega e arriva tra i finalisti al Premio Campiello, avendo ormai ben chiaro il vero intento della propria vocazione letteraria:

La letteratura di genere non mi interessa. Il giallo, il nero, il rosa… La realtà non è divisa in generi. […] Mi piace estrarre le mie storie anche dal passato, con una tecnica non molto diversa da quella che i geologi chiamano “carotaggio”. Mi piace estrarre dal passato delle storie-campione, che ci aiutano a capire perché il mondo dove viviamo si è venuto formando in un certo modo.[28]

L’autore ha trovato un proprio genere narrativo, quello del romanzo storico, che persevera nel 1992 con la pubblicazione di Marco e Mattio: ambientato nella seconda metà del Settecento nella valle di Zoldo nelle dolomiti, tratta il tema della diversità, della follia e dell’omosessualità con una narrazione sapientemente equilibrata tra spazio naturale e spazio umano, tra storia di un’identità sociale e storia del singolo protagonista.[29] Ancora nel 1993 viene pubblicato, sempre per conto di Einaudi, Il cigno, con cui Vassalli approda nella Sicilia di fine Ottocento per raccontare la storia del delitto di Notarbartolo, compiuto dalla mafia il 1 febbraio 1893 e voluto, a quanto risulta, dall’onorevole Raffaele Palizzolo detto “il Cigno”. Siamo nuovamente di fronte a un fatto effettivamente accaduto, da cui l’autore ricava una storia da raccontare. Toccando nel Cigno il tema della mafia, Vassalli si immette in un filone letterario che oggi è governato da Saviano, ma che fu iniziato da Sciascia. Contrariamente alle aspettative, il giudizio sul suo predecessore del Giorno della civetta (1961) non è dei migliori:

Per criticare gli aspetti negativi del Paese Sommerso, Sciascia ha criticato la polizia dei partiti. Ha detto che gli effetti erano le cause, e che i mali della Sicilia venivano da Roma. La storia di cento e più anni fa che io ho raccontato nel mio romanzo Il Cigno: la storia di Emanuele Notabartolo, di Raffaele Palizzolo e del “Comitato Pro Sicilia” spiega quasi tutto ciò che c’è da spiegare del Paese Sommerso; ma, soprattutto, mostra che anche in Sicilia si parte dalle cause per arrivare agli effetti. […] La visione del mondo di Sciascia si potrebbe riassumere in un gioco di specchi dove gli effetti diventano cause, anzi: gli effetti sono le cause. Uno sguardo penetrante che non svela nulla, e una saggezza che non porta in nessun posto. Una saggezza immobile. Un’illusione di impegno civile.[30]

Dopo questa parentesi siciliana – e un tentativo di genere fantascientifico, molto criticato dai recensori, con 3012. L’anno del profeta (1995) – torna di nuovo in territorio novarese con Cuore di pietra (1997), la cui protagonista indiscussa è una casa nel centro città, palcoscenico delle vicende di molti personaggi che ci accompagnano in un viaggio che dal Regno d’Italia si prolunga per centocinquant’anni. Dopo questa pubblicazione, si acuiscono le tensioni con Giulio Einaudi[31] e per conto della casa editrice Baldini & Castoldi vengono pubblicati, nel 1998, La notte del lupo e Gli italiani sono gli altri.

L’ultima occasione in cui Vassalli si rapporta con Giulio Einaudi è una telefonata la sera di capodanno del 1998; dopo pochi mesi infatti l’editore muore, nell’aprile del 1999. Così Vassalli, in uno dei suoi Improvvisi del 6 aprile 1999, si appella all’amico appena scomparso:

Dal primo libro che tu mi pubblicasti, ignorandomi, nel lontano 1968, alla tua ultima telefonata di qualche settimana fa, con cui riallacciavi, con quell’affetto e con quella generosità che caratterizzavano i tuoi momenti migliori (c’erano anche quelli peggiori, ma alla fine venivano cancellati dagli altri) un rapporto che apparentemente si era spezzato, e di cui ora, davanti alla notizia della tua morte, misuro per la prima volta la profondità e la solidità.

In questa lettera fa anche menzione di nuovo manoscritto a cui sta lavorando e che pensava di spedire, una volta terminato, proprio al defunto Giulio Einaudi. Il romanzo che ne deriva si intitola Un infinito numero, dove l’autore riflette sul tema della scrittura, attuando un confronto tra la civiltà etrusca, totalmente priva di letteratura, e la civiltà romana, totalmente assorbita dalla letteratura.[32]

L’avvento degli anni Duemila

Con l’inizio del nuovo secolo l’autore decide di concedersi un periodo di pausa dai romanzi improntati sulle storie del passato, per concentrarsi invece sul tempo presente: nel 2001 l’Einaudi pubblica Archeologia del presente, romanzo che ripercorre il contesto storico degli ultimi trent’anni del secolo. Negli anni successivi la produzione dello scrittore è molto prolifera e tocca diverse tematiche. Dopo la chiusura della collana dei «Coralli», la casa editrice Einaudi inaugura nel 2002 una nuova collana, «L’arcipelago», con Dux: Casanova in Boemia, ritratto di «un Casanova ormai vecchio che si trova a combattere ironicamente contro la sua stessa immagine giovane».[33] Nel 2005 torna ad essere al centro di un altro suo libro, Amore lontano, una riflessione sulla letteratura, più precisamente sulla poesia:

Racconto le storie di sette poeti per parlare della poesia, e parlo della poesia per arrivare al principio di tutto, cioè alla parola.[34]

Negli anni Duemila scopre anche una predilezione verso il racconto, approfondito in La morte di Marx e altri racconti (2006), L’italiano (2007) in cui offre undici ritratti di italiani, Dio il Diavolo e la Mosca nel grande caldo dei prossimi mille anni (2008). Torna a narrare storie nel 2010 con Le due chiese, ambientato nuovamente nelle alpi piemontesi, in cui si susseguono le vicende di un piccolo paese sullo sfondo degli avvenimenti politici principali del Novecento, e con Terre selvagge del 2014, romanzo sulla sconfitta subita nel 101 a.C. dai Cimbri per opera di Caio Mario. Nel maggio dell’anno successivo riceve la candidatura ufficiale al Premio Nobel per la letteratura, ma dopo pochi mesi muore all’età di settantaquattro anni a Casale Monferrato.

Il «carattere degli italiani»

Nel corso della sua vita Vassalli ha anche svolto l’attività di giornalista. Negli anni della Neoavanguardia inizia a collaborare con alcune riviste, mentre dal 1978 scrive prima recensioni e commenti nella pagina dedicata ai libri su “l’Unità”, poi pubblica con cadenza regolare brevi racconti su “Il Mattino”, raccolti per conto della casa editrice Interlinea in una pubblicazione postuma, I racconti del mattino (2017). Dagli anni Novanta inizia a collaborare con “la Repubblica” e il “Corriere della Sera”, dove propone brevi riflessioni sociali, molto incisive, con il nome di Improvvisi. Mentre dalle opere di narrativa emerge la sua passione verso l’approfondimento e la ricerca storica, Vassalli giornalista predilige concentrarsi sulla realtà che lo circonda, sul paese nel quale si trova a vivere e a scrivere. Questi due diversi ambiti investigativi sono, a dir suo, complementari ed è compito di ogni scrittore interrogare le ragioni profonde della propria nazione:

Quello del carattere nazionale è un tema importante: direi addirittura un tema obbligato, se vuoi fare il mestiere dello scrittore in modo non superficiale. Naturalmente se scrivi romanzi di genere: i romanzi neri, i gialli, i rosa, i verdastri (come diceva Céline…), puoi anche non occuparti di queste faccende, perché ti muovi nell’universalità della superficialità. Sei un “cittadino del mondo”: i sentimenti e gli orifizi, più o meno sono gli stessi dovunque. Ma se vuoi andare al di là dell’intrattenimento non puoi sfuggire alla consapevolezza di appartenere a una lingua, a una storia, a una comunità di parlanti. Ti piaccia o no. Se vuoi arrivare davvero a capire qualcosa della vita e del mondo devi passare attraverso la specificità del tuo carattere nazionale.[35]

Nasce da questo interesse al «carattere nazionale» il libro Sangue e suolo pubblicato nel 1985 da Einaudi, che analizza il rapporto tra la popolazione italiana e quella tedesca in Alto Adige (terra cara a Vassalli, che di lì a qualche anno la sceglierà come ambientazione del romanzo Marco e Mattio). In realtà il libro nasce dalle ceneri di un reportage giornalistico che, su insistenza dell’amico Giulio Bollati, l’autore accetta di scrivere per conto della rivista “Panorama Mese”. Il direttore, rimasto scontento del risultato finale, pubblica nel numero di luglio del 1983 soltanto alcune parti dell’inchiesta svolta. Nello stesso anno, su commissione di Piero Gelli per conto della casa editrice Garzanti, Vassalli torna in Alto Adige in occasione delle elezioni per scrivere un libro sul bilinguismo e sulle difficoltà d’integrazione della popolazione, pubblicato però da Einaudi due anni dopo. Questo segna solo l’inizio di un percorso di analisi sociale e nazionale che, accanto agli articoli scritti per i giornali, viene approfondito anche nella narrativa con Il Neoitaliano (1991), Gli italiani sono gli altri: Viaggio (in undici tappe) all’interno del carattere nazionale italiano (1998) e L’italiano (2007).

Sebastiano Vassalli e la scuola

Negli anni universitari Vassalli si trova a insegnare per potersi mantenere economicamente[36] e svolge questa attività dal 1961 fino al 1979. Lavora come supplente a tempo pieno nelle scuole statali medie e superiori prima a Oleggio, poi a Novara, insegnando letteratura e storia. Il ricordo di questi anni non è dei più felici e il lavoro da insegnante si rivela ben presto non essere la vocazione dell’autore, come testimonia lui stesso:

Io ho fatto come don Chisciotte con i mulini a vento. Ho cercato di contrastare le parole d’ordine di quegli anni, che miravano a demolire i due pilastri su cui si fonda qualsiasi sistema scolastico serio. Gli slogan contro il deprecato “nozionismo” (ma cos’altro può e deve trasmettere la scuola, se non, appunto, nozioni?) e quelli contro l’ancor più deprecata “meritocrazia” (che è il giusto riconoscimento di ciò che si fa. Ma per chi non sa nulla e non fa nulla, la meritocrazia non può esistere se non come spauracchio). Finché non ho avuto la possibilità di andarmene dalla scuola, e di fare altro, ho cercato di essere un buon insegnante. Purtroppo questo comportava una gran fatica e un gran dispendio di energie.[37]

Con questa esperienza acquisisce una certa conoscenza del settore didattico e si adopera per cercare di avvicinare i giovani studenti al mondo della letteratura. La casa editrice Einaudi già aveva una collana specializzata nella pubblicazione di libri adatti agli adolescenti: “Letture per la scuola media”. Proprio per questa collana si propone di lavorare, per «postillare, chiosare o comunque curare» alcuni libri. Tra il 1972 e il 1977 inizia così questa collaborazione e l’autore si occupa di curare le note, le prefazioni e le introduzioni a diverse opere di Sciascia, Dolci, Viganò, Tobino, Malcolm X, Revelli e Gramsci.[38] Nel giro di due decenni, in risposta al successo letterario sempre più crescente di Vassalli, i suoi stessi libri entrano a far parte della collana per ragazzi di Einaudi Scuola “I libri da leggere”: La chimera a cura di Vincenzo Viola, pubblicata nel 1993, e Cuore di pietra a cura di Giovanni Tesio, pubblicato nel 2000.

Lo scrittore inizia a insegnare in un periodo in cui la scuola subisce diverse trasformazioni, complici i tempi di protesta e i cambiamenti di fine anni Sessanta, e proprio nel 1962 la classe dirigente emana un importante provvedimento, con cui viene varata la scuola media unificata con obbligo fino ai tredici anni di età.[39] Da questo momento l’affluenza nelle scuole medie inferiori (come allora si chiamavano) aumenta, e se nel 1961, primo anno di Vassalli come insegnante, la percentuale degli iscritti è il 63,1% dei ragazzi dell’età relativa, nel biennio 1975-1976 si raggiunge il 100%. Per quanto riguarda invece il liceo, l’affluenza è decisamente minore ma comunque in crescita: nel 1961-62 più del 20% dei ragazzi dell’età relativa risulta iscritto, mentre nel 1975 si raggiunge il 50%.[40] La seconda metà del secolo, quindi, registra un’espansione rilevante delle attività scolastiche, come testimoniano questi dati, tanto che si parla di “scolarizzazione di massa”:[41] l’importante crescita demografica di questi decenni e le maggiori possibilità di vita e di lavoro mal si conciliano con i bassi livelli d’istruzione ancora in vigore dalla prima metà del secolo.

Negli anni Sessanta, al crescente numero di studenti nella scuola media unificata, il corpo docenti non riesce però a rispondere in modo adeguato: rimangono ancora in vigore programmi scolastici e tecniche di apprendimento e insegnamento che, anziché garantire una formazione completa, sembrano ostacolarla. Si deve aspettare il 1979 per una nuova legge di revisione dei programmi, ma già nel corso degli anni Settanta molti insegnanti si rendono più inclini all’accoglienza e alla promozione formale degli studenti, così da fornire una spinta per la ricerca di livelli di istruzione ancor più elevata.[42]

Sempre negli stessi anni, si diffonde tra gli studiosi di scienze dell’educazione, sociologiche ed economiche, la convinzione che le scuole gravino troppo sulle risorse dello stato e che questo investimento non sia redditizio: i giovani vengono educati a una cultura standardizzata, fatta di modelli consumistici e incapace di insegnare la promozione sociale che dice di perseguire. La proposta di questi “descolarizzatori” – termine coniato da Ivan Illich in Descolarizzare la società (1970) – è di sancire definitivamente la morte della scuola ed eliminare la figura di insegnante con le proprie pratiche ritenute “autoritarie”.[43] Di tutte queste tappe che la scuola ha dovuto affrontare nei decenni di fine secolo, specialmente negli anni Sessanta e Settanta, Vassalli ne è testimone e ricorda che insegnare ormai non è più considerato una vocazione, ma «una necessità»:

L’insegnamento nelle scuole medie e poi nelle medie superiori, in quegli anni, era un approdo obbligato: una necessità, per chi come me doveva mantenersi fin da subito, prima e dopo la laurea. Cos’altro avrei potuto fare? Ho assistito alla crescita (purtroppo, soltanto quantitativa), e poi all’esplosione della scuola italiana: dagli anni in cui mancavano gli insegnanti e si metteva in cattedra chiunque avesse una laurea o un diploma anche falso (c’erano anche le lauree e i diplomi falsi, sissignore), a quelli in cui arrivò l’onda d’urto dei cosiddetti “sessantottini”, ignorantissimi. Che essendo arrivati al titolo di studio a forza di assemblee e di voti politici e non avendo un bel nulla da insegnare, si impancavano a improbabili “maestri di vita”.[44]

Indubbiamente lo scrittore non ha esercitato la professione di insegnante per voler proprio, ma ha tentato nel suo piccolo di non cadere vittima dei numerosi cambiamenti in atto nella scuola di quegli anni. Forse mai avrebbe pensato di ritornare in quelle aule, dove un tempo aveva insegnato con così tanta fatica, per essere studiato dagli alunni, ma, essendo divenuto una delle figure letterarie più emblematiche dei tempi contemporanei, oggi lo troviamo citato e approfondito in molti manuali di letteratura italiana, come dimostrerò nel secondo capitolo.

[1] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.9, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[2] Ivi, p.17.

[3] Ivi, p.41.

[4] Dépliant della mostra di Sebastiano Vassalli alla galleria del Cavallino, Venezia 1964.

[5] Edoardo Sanguineti (1930-2010) è noto per il suo legame con il movimento della Neoavanguardia e per la sua produzione poetica, pubblicata quasi interamente da Feltrinelli. È stato inoltre un italianista, studioso di Dante e della poesia dell’ultimo secolo, e traduttore di opere di classici antichi e moderni.

[6] La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, catalogo della mostra (Novara, Biblioteca Civica Negroni, 23 novembre-11 dicembre 2017), a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta con presentazione di Giovanni Tesio, p.33, EDUCatt, Milano 2017.

[7] Giuseppe Langella, Pierantonio Frare, Paolo Gresti, Uberto Motta, Letteratura.it. Storia e testi della letteratura italiana, vol. 3b: La metamorfosi del canone. L’età della crisi. Dalle avanguardie storiche al Postmoderno, pp. N159-N162, Scolastiche Bruno Mondadori, Milano – Torino 2012.

[8] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.42, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[9] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.43, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[10] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, pp.23-29, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[11] Guido Davico Bonino (Torino, 1938) è un critico letterario e teatrale e un accademico italiano; è stato assunto come collaboratore da Italo Calvino per la casa editrice Einaudi, dove ha lavorato dal 1961 al 1978.

[12] La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, catalogo della mostra (Novara, Biblioteca Civica Negroni, 23 novembre-11 dicembre 2017), a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta con presentazione di Giovanni Tesio, p.43, EDUCatt, Milano 2017.

[13] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.48, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[14] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, pp.26-28, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[15] Jaufré Rudel (XII sec.) è stato un poeta e trovatore francese, i cui componimenti si distinguono per una ripetizione vocalica posta a chiusura di ogni strofa: «a a», che prende il nome di “razo en si”.

[16] Roberto Cicala, La sperimentazione editoriale del giovane Vassalli, in “Microprovincia” 49 (2011), pp.13-14.

[17] La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, catalogo della mostra (Novara, Biblioteca Civica Negroni, 23 novembre-11 dicembre 2017), a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta con presentazione di Giovanni Tesio, p.53, EDUCatt, Milano 2017.

[18] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, p.22, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[19] Ivi, p.43.

[20] La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, catalogo della mostra (Novara, Biblioteca Civica Negroni, 23 novembre-11 dicembre 2017), a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta con presentazione di Giovanni Tesio, p.61, EDUCatt, Milano 2017.

[21] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.99, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[22] Ivi, cit., p.53.

[23] Ivi, p.64.

[24] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, p.57, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[25] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, pp.97-99, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[26] Ivi, p.99.

[27] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, p.75, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[28] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, p.57, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[29] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, p.83, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[30] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., pp.82-83, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[31] Cfr. p.7.

[32] Cristina Nesi, Sebastiano Vassalli, pp.102-103, Cadmo, Fiesole 2005 (“Scritture in corso”, 14).

[33] Ivi, p.151.

[34] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.53, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[35] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., pp.73-74, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

 

[36] Cfr. p.1.

[37] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., pp.33-34, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).

[38] La nascita di uno scrittore. Vassalli prima della Chimera: 1965-1989, catalogo della mostra (Novara, Biblioteca Civica Negroni, 23 novembre-11 dicembre 2017), a cura di Roberto Cicala e Linda Poncetta con presentazione di Giovanni Tesio, p.25, EDUCatt, Milano 2017.

[39] Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana: dal 1946 ai nostri giorni, p.69, GFL Editori Laterza, Roma-Bari, 2014 (“I Robinson. Letture).

[40] Ivi, p.72.

[41] Saverio Santamaita, Storia dell’educazione e delle pedagogie, pp.120-121, Bruno Mondadori, Milano 2013 (“UBM: Università Bruno Mondadori”).

[42] Tullio De Mauro, Storia linguistica dell’Italia repubblicana dal 1946 ai nostri giorni, p.73, GFL Editori Laterza, Roma-Bari, 2014.

[43] Saverio Santamaita, Storia dell’educazione e delle pedagogie, pp.123-124, Mondadori Bruno, Milano 2013 (“UBM: Università Bruno Mondadori”).

[44] Sebastiano Vassalli, Giovanni Tesio, Un nulla pieno di storie. Ricordi e considerazioni di un viaggiatore nel tempo, cit., p.33, Interlinea, Novara 2010 (“Biblioteca del Centro novarese di studi letterari”, 51).


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).