Il rapporto della poetessa Maria Luisa Spaziani con Mondadori ricostruito attraverso le carte conservate nell’Archivio Storico Mondadori.

Le prime lettere conservate nell’Archivio Storico Mondadori appartenenti al carteggio fra Maria Luisa Spaziani e la casa editrice risalgono al settembre del 1948. Inizialmente si tratta solo di accordi su traduzioni: la poetessa infatti, ottima conoscitrice di inglese, francese e tedesco, propone di sua iniziativa la traduzione di un saggio su Proust scritto da Leo Spitzer, che però verrà rifiutato da Mondadori ma stampato da Laterza.

Nel 1949 comincia a collaborare con la Mondadori leggendo i manoscritti inviati per il premio Hemingway. Non mancano già le prime discussioni, tutte tramite lettere, riguardo il compenso del lavoro della Spaziani, che si lamenta di aver ricevuto solamente 38.600 lire per la lettura delle opere del premio, invece che 50 000, secondo quanto, a suo dire, era stato concordato.

Nel 1952 invece due telegrammi spediti dall’ufficio di Alberto Mondadori sollecitano la Spaziani per la consegna della traduzione del libro Il mondo dell’arte di Ernst Gombrich, che verrà infine dato alle stampe nello stesso anno. In generale i primi rapporti con la casa editrice sono positivi: difatti la Spaziani chiede una lettera di presentazione che parli dei suoi lavori di traduzione svolti per la Mondadori, con la controfirma o di Alberto o di Arnoldo. Il fine è di ottenere la partecipazione a due mesi di seminario ad Harvard guidati da Henry Kissinger. Non ci sono tracce dell’effettivo intervento della casa editrice, ma sta di fatto che la Spaziani frequentò il seminario nell’estate del 1955.[1]

Successivamente, nella prima metà degli anni cinquanta si inizia a parlare della pubblicazione di una raccolta poetica intitolata Le acque del Sabato, con cui Maria Luisa Spaziani inaugurerà una lunga collaborazione con la casa editrice di Arnoldo Mondadori. In un’intervista del 1999 l’autrice spiega divertita la genesi editoriale della raccolta:

 C’è una storia buffa dietro: mio padre, che era un industriale, nel 1953 mi ha fatto un assegno di 300 000 lire per pagare un tipografo editore, e mi ha detto: «Togliti questa soddisfazione, se vuoi pubblicare questo libro, pubblicalo». Mentre mi recavo alle poste per spedire queste poesie, mi sono chiesta perché non mandarle a “Lo Specchio” di Mondadori, il che era il sogno della mia vita. Lì c’erano i grandi: Ungaretti, Saba, Cardarelli, Quasimodo. Le ho mandate e loro mi hanno spedito il contratto. È stato un colpo tale che io, ancora adesso a distanza di anni, non mi riprendo.[2]

Infatti al 17 febbraio 1953 risale il primo parere di lettura dell’opera Le acque del Sabato, conservato nella sezione dell’Archivio Segreteria Editoriale autori italiani. L’autore del documento è Giuseppe Ravegnani, collaboratore della collana “Lo Specchio”, che non è particolarmente entusiasta dell’opera della Spaziani:

C’è, come ho detto, anche del buono, ma frammentario (il finale, veramente forte, sei versi, di “Il paese di mia madre”), ma non giustifica un libro. La Spaziani, essendo giovane, e avendo delle qualità, dovrebbe per prima non accontentarsi, e tendere a una poesia più coagulata. Troppi salti di voce in questo libretto, e alcuni, troppo manifesti (come “Rapsodia semigiocosa”), sono stati tolti dall’Autrice stessa. Meglio attenderla a prove più decise e più sue, se veramente dà ascolto più a se stessa che ai testi degli altri.[3]

Geno Pampaloni, autore della seconda lettura, indica i modelli della Spaziani in Leopardi, D’Annunzio e Montale, sottolineando il grande numero di echi provenienti soprattutto dal poeta ligure. Tutto sommato il secondo parere appare più positivo:

Obiettivamente, pubblicherei “Le acque del sabato”, come prova di un poeta sensibile, ricco di affetti, con un mondo sentimentale felicemente emblematico, e che utilizza con molto gusto il patrimonio di “cifre” e d’immagini del linguaggio poetico contemporaneo, anche se, proprio per questo, non può dirsi “una voce nuova”.[4]

Mentre continua lo scambio di lettere con Ervino Pocar[5], funzionario del settore libri specializzato nelle traduzioni, in una missiva di gennaio 1954, destinata ad Alberto Mondadori, la Spaziani chiede di poter pubblicare le sue Acque del Sabato rispettando la data stabilita all’inizio del progetto, ovvero maggio 1954.

Infatti la poetessa si lamenta del fatto che nel calendario di Ervino Pocar sia indicato il mese di ottobre. A questa lettera Mondadori risponde cordialmente, rendendosi disponibile a soddisfare le richieste della Spaziani.

Il paratesto delle Acque del Sabato e la sua promozione

Finalmente Le acque del Sabato va in stampa nel maggio del 1954 con una tiratura di 1989 copie. L’edizione è in brossura, protetta da una sovraccoperta in carta velina opaca ma trasparente. La copertina, in carta color avorio, è suddivisa in tre sezioni: la parte in alto presenta il titolo della collana I poeti dello “Specchio” in carattere graziato corsivo. Al di sotto di una sottile linea nera, guardando dall’alto verso il basso, si trovano prima il nome dell’autrice in bastoni, e poi il riquadro rosso scuro che contiene in bianco il titolo dell’opera e il particolare del dipinto Eleonora d’Aragona di Angelo Bronzino. Al di là di un’altra linea nera, compare solamente il nome della casa editrice, in bastoni.

Sul frontespizio si può notare il logo mondadoriano della rosa circondata dal motto dantesco «in su la cima», mentre il primo risvolto contiene un’analisi sulla poetica della Spaziani, che viene paragonata ad Anna Achmatova, Katherine Mansfield, Dylan Thomas e Rainer Maria Rilke. Il secondo risvolto di copertina ha invece una breve biografia dell’autrice con un elenco di opere pubblicate e premi vinti.

L’opera ha al suo interno la sezione intitolata Primavera a Parigi, che riporta fedelmente la raccolta pubblicata per la piccola casa editrice All’insegna del pesce d’oro di proprietà di Scheiwiller, sempre a Milano, nel 1954. Alla fine del volume, nella sezione dedicata alle note, possiamo leggere la spiegazione della scelta del titolo, con le parole della stessa Spaziani:

Antichissima e perfetta immagine ebraica per «poesia», intesa come contemplazione, da un punto di vista di immobilità o serena distensione o catarsi (il sacro riposo del Sabato) di ogni cosa terrena soggetta al fluire del tempo, di cui normalmente, per distrazione o eccessiva vicinanza o fatica, la visione è offuscata.[6]

Subito dopo la stampa delle Acque del Sabato, nel giugno 1954, Arnoldo Mondadori invia all’autrice la sua lettera di congratulazioni sull’impresa appena conclusa, augurandosi una lunga collaborazione. La Spaziani risponde dicendo felicemente che

lo Specchio (le cui voci nel lungo tempo di guerra e in molti altri passaggi difficili della vita sono state la più miracolosa presenza), non è più un’ambizione o un miraggio, ma è diventato il vero e forse unico focolare, accanto al quale la prospettiva del lavoro futuro è ben altrimenti invitante e felice.[7]

Arnoldo non è l’unico membro della famiglia Mondadori con cui la Spaziani ha rapporti amichevoli: infatti, in vista della borsa di studio alla Sorbona di Parigi, la poetessa chiede ad Alberto Mondadori una lettera di presentazione. L’operazione va a buon fine dal momento che alla fine del febbraio 1953 l’autrice parte per Parigi e vi rimarrà oltre i tre mesi della durata della borsa di studio.

Successivamente, dopo l’uscita delle Acque del Sabato, Mondadori prende accordi con Gianni Cortese, agente della casa editrice con sede a Parigi, sull’invio di alcune copie dell’opera. Cortese si offre infatti di consegnare una copia allo scrittore Jean Lescure, noto traduttore di Ungaretti, perché «si potrebbe creare intorno a lei qui a Parigi un movimento interessante dato che […] per la poesia italiana […] esiste oggi un vivo interesse».[8]

L’opera riceve delle critiche positive e in seguito gode di attenzione mediatica, nello stesso anno dell’uscita in libreria, grazie alla vittoria del premio internazionale Byron organizzato dalla città di Londra.

La parentesi del “Tornasole”: Il Gong

Negli anni successivi all’uscita in libreria delle Acque del Sabato, Maria Luisa Spaziani concentra il suo lavoro sulle traduzioni per la Mondadori, per esempio prendendo accordi riguardo al libro di Saul Bellow, The victim. Secondo quanto è riportato nelle carte dell’Archivio Mondadori, le trattative per la traduzione cominciano già nel 1957, anche se l’effettiva pubblicazione dell’opera avverrà per i tipi di Feltrinelli solamente nel 1966.

In una missiva del 5 dicembre ’57 la Spaziani comunica alla casa editrice che nei giorni successivi ha intenzione di inviare un dattiloscritto della sua nuova opera poetica, Il Gong, dopo averla annunciata in un programma televisivo pochi giorni prima.

Le trattative riguardo al nuovo libro durano ben quattro anni, dal 1958 fino al 1962, anno della pubblicazione, e avvengono per lo più con l’ufficio di Alberto Mondadori. Alla fine del 1958 le comunicazioni fra l’autrice e l’editore si fanno più concrete: infatti il primo parere di lettura conservato risale al 21 ottobre ’58. Il lettore è Vittorio Sereni:[9]

Più che di nuovo libro si tratta di un’appendice al libro precedente. A volerlo definire seccamente parlerei di fervido epigonismo montaliano. […] Non penso che abbia ancora molta strada davanti a sé. Eppure riesce tuttora a imporsi grazie a una certa forza d’immagini, a un certo mordente che fa atmosfera. Sarei per il sì, se non altro perché è di casa. Ma quanta fretta! Perché non aspetta di scrivere altre cose per dare un volume qualitativamente e quantitativamente più nutrito, più libro di quanto non sia l’attuale appendice alla sua precedente raccolta?[10]

Il giudizio di Sereni non è affatto positivo, nonostante i rapporti cordiali e di stima che esistevano fra il poeta e la Spaziani, da come si può notare leggendo il loro carteggio. A comunicare il parere di Sereni è Alberto Mondadori, che con maniere gentili riporta fedelmente il contenuto del parere di lettura, rimanendo però aperto a future modifiche al testo da parte della Spaziani. Suggerisce infatti di «aspettare altri frutti per dare a noi e alla critica un volume più denso e più ricco».[11] La soluzione quindi sarebbe quella di aspettare la produzione di nuove poesie da aggiungere al testo che la poetessa ha già inviato. Inoltre proprio quest’attesa cadrebbe a pennello con la situazione momentanea della collana “Lo Specchio”: infatti l’editore accenna al «desiderio di studiarne a fondo la futura impostazione».[12]

In questo clima di sospensione si dovrà attendere la primavera del ’59 per una svolta in cui l’editore vicentino Neri Pozza propone un accordo editoriale a Vittorio Sereni:

la Maria Luisa Spaziani mi domanda se le stampo un libretto di 20 poesie nella mia collana. E mi prega di domandartelo, perché tu, a tua volta, lo domandi a Mondadori. Dice, come immagino saprai, che il gruppo, del tutto autonomo, fa parte di una raccolta più vasta, che pubblicherà con lo Specchio. […] Farei le solite ottocento-mille copie (per arricchirmi). Se mi date il benestare, le pubblico; ma sia chiaro che, facendolo per pura elezione, dovrei tenermele almeno due anni (il che significa che potreste uscire nella primavera del 1961).[13]

Con questo accordo l’editore vicentino si riserva la proprietà dei diritti di stampa della sezione Luna lombarda, che pubblicherà infatti nel 1959; successivamente, nel ’66, questa sezione verrà stampata all’interno del libro Utilità della memoria, ben oltre il limite temporale del 1961 imposto dai patti con l’editore Pozza.

Stabilita questa pubblicazione con il consenso di tutte le parti in gioco, negli anni successivi si assiste a un cambiamento di rotta nella politica editoriale della Mondadori, che ha le sue conseguenze sul Gong della Spaziani. Proprio in quegli anni nella casa editrice milanese si discute della creazione di una nuova collana chiamata “Il Tornasole”[14], oltre che di cambiamenti da operare all’interno della collana “Lo Specchio”.

La prima testimonianza di questo nuovo progetto editoriale, relativa all’attività della Spaziani, risale al 1960: la poetessa inizialmente si lamenta del fatto che le sue poesie spedite alla casa editrice nel ’58 non siano state esaminate a dovere, a differenza di altri autori come Erba e Piccolo che invece vedranno pubblicate le loro opere per “Lo Specchio” nel 1960.

Sereni risponde in modo puntuale a tutte le critiche, sempre mantenendo un tono amichevole con l’autrice, e spiega dettagliatamente le decisioni interne alla celebre collana di poesia:

Ti confermo che nel corso di questo esercizio editoriale (1 aprile ’60 – 31 marzo ‘61), i cui programmi sono stati discussi tra dicembre e gennaio, usciranno le poesie di Piccolo e di Erba. Preciso però che le poesie di Piccolo sono la ristampa dei “Canti barocchi”, più altre cose nuove. Dopo tutto il chiasso fatto per il “Gattopardo”, ed essendo Piccolo sottoposto a richieste piuttosto pressanti da parte di altri, era chiaro che non potevamo rinviare la pubblicazione di queste cose nuove e al tempo stesso la ristampa dei “Canti barocchi”. In quanto a Erba, si tratta di un autore che per la prima volta entra nello Specchio. Non ti sembra giusto che si debba curare anche questo aspetto? Voglio dire la possibilità di dare nomi nuovi da noi ritenuti validi? Se dovessimo fare solo una questione di precedenze in relazione alla data in cui un testo ci è stato consegnato, credo che non sarebbe necessario tenere una direzione letteraria, e che un ufficio produzione basterebbe ad assolvere questi compiti.[15]

Manca la lettera di risposta da parte della Spaziani, ma possiamo intuire un suo assenso alle spiegazioni dettagliate del direttore letterario. Nel 1961 arriva finalmente il parere di lettura, stavolta redatto da Franco Fortini. Secondo il critico, Il Gong denota «una mancanza di serietà nella, e per via della, seriosità», concludendo con un giudizio perentorio: «Comunque, in sede propriamente letteraria, non mi interessa».[16] L’intervento del direttore letterario è più morbido rispetto alla valutazione categorica di Fortini: in questo caso Sereni evidenzia che il problema vero e proprio è la pubblicazione del Gong dentro “Lo Specchio”. La soluzione sembra essere quella dello spostamento del libro nella nuova collana “Il Tornasole”:

Chiarisco ancora una volta che non ci saremmo mai sognati d’istituire una collezione di soli testi di poesia da affiancare allo Specchio, perché ciò sarebbe stato un non senso. D’altra parte sottolineo ancora una volta l’assoluta inopportunità di uscire con molti volumi di questa collezione in un anno. Da quando sono qui, ho constatato l’assoluto squilibrio tra il ritmo produttivo degli autori e la disponibilità della collezione, che non è e non deve essere infinita. […] L’idea di una collezione nuova ci consente l’uso di uno strumento più agile e più adeguato – entro limiti ragionevoli – a quanto si produce in Italia sia nel campo della narrativa che in quello della poesia e in quello della letteratura, diciamo, di tipo saggistico. La pubblicazione di successivi libri di un autore in questa collezione non esclude affatto che un giorno si possa fare una scelta o un riepilogo da destinare allo Specchio o alla collezione dei Narratori: dipenderà in parte dall’interesse della critica a quell’autore e in parte dall’interesse del pubblico, cose che si maturano appunto sulla distanza.[17]

Con queste parole che possono essere interpretate anche come esemplificazione di un’intelligente politica editoriale, il direttore letterario di Mondadori introduce “Il Tornasole”, la nuova serie ideata insieme a Niccolò Gallo.[18] Maria Luisa Spaziani accetta il passaggio di collana per il suo libro e nel maggio 1961 riceve il contratto da firmare per la pubblicazione del Gong; secondo il contratto stavolta la percentuale che spetta all’autrice è ridotta rispetto a quella applicata nello “Specchio”, visto che i libri di poesia non supereranno le 500 lire, ma ciò dovrebbe essere compensato con la tiratura più alta. Nelle lettere dei mesi successivi alla stipula del contratto, Vittorio Sereni e Maria Luisa Spaziani cominciano a discutere di un nuovo progetto che vede come punto di partenza la stesura di un altro libro della poetessa torinese. Sin dal primo momento si formulano delle previsioni sulla struttura dell’opera, per cui Sereni dimostra un vivo interesse, forse motivato dal fatto che già si era sparsa la voce sull’esistenza di scritti inediti fra vari esperti del settore. Inoltre il direttore letterario è attento alla stesura delle nuove poesie perché ha intenzione di inserirle nel “Tornasole”, che avrebbe preso vita da lì a poco.

Riguardo all’opera predisposta per “Il Tornasole”, Il Gong subisce dei ritardi nella pubblicazione, sia per problemi interni alla Mondadori, sia per motivi dell’autrice stessa che però non sono spiegati nelle lettere conservate nell’Archivio. Inizialmente la pubblicazione viene rimandata ai mesi di maggio-giugno 1961, ma la Spaziani non accetta tale data perché «è il momento più disgraziato dell’anno».[19] Alla fine si riesce a trovare un compromesso vantaggioso per entrambe le parti: infatti il volumetto esce nelle librerie solamente nell’ottobre del ’62, in brossura, con una tiratura di 2034 copie. Non mancano le lamentele dell’autrice in riferimento alla fase della promozione del libro: la domanda è perché «non gli sia stata concessa alcuna pubblicità sui grandi giornali di Milano».[20] Vittorio Sereni risponde, aggirando la questione, che già da un mese non si occupa più della promozione e della pubblicità, e che quindi l’autrice deve rivolgersi alla Direzione commerciale. Non sappiamo come abbia reagito l’ufficio commerciale visto che purtroppo nell’Archivio mancano le carte successive.

Nell’autunno del 1962 la parabola del Gong si conclude con una notizia felice, dal momento che l’opera si aggiudica il premio Firenze dell’anno. L’autrice e Marco Forti[21] approfittano dell’occasione favorevole organizzando una presentazione del libro con l’intervento di Emilio Cecchi, Leone Piccioni, Luigi Baldacci. Agli inizi del mese di dicembre Alberto Mondadori manda all’autrice le sue congratulazioni per il premio vinto.

Il carteggio con Vittorio Sereni e Marco Forti

Dopo la pubblicazione dell’opera Il Gong nella giovane collana “Il Tornasole” Maria Luisa Spaziani ha in preparazione due nuovi libri: uno diventerà Utilità della memoria, uscito nello “Specchio” nel 1966, l’altro Giovanna d’Arco, edito nel 1990. Cambiano i meccanismi editoriali all’interno dello “Specchio” e conseguentemente anche i rapporti della casa editrice con la poetessa.

La genesi dell’Utilità della memoria

Con il subentrare di Vittorio Sereni nella direzione letteraria della Mondadori, arrivano cambiamenti sotto vari aspetti, compreso quello della gestione delle collane. Già nel 1961 si intuiscono i mutamenti in corso, quando in una lettera a Maria Luisa Spaziani Alberto Mondadori scrive:

quando si parla di nuovo Specchio si allude non a una nuova collana bensì allo Specchio completamente rinnovato dal punto di vista della presentazione editoriale. Lo Specchio dunque continua la sua vita sia pur con criteri diversi.[22]

E sempre nella stessa missiva, l’editore spiega la distinzione fra due collane di poesia che la Spaziani sembra confondere troppe volte:

Lo Specchio, che ospiterà in linea di massima volumi riepilogativi, è destinato, in base ai nuovi criteri, a rappresentare un punto d’arrivo raccogliendo integralmente o in forma antologica le opere di uno stesso poeta pubblicate nel corso di un certo numero di anni. La Sibilla, più legata all’attualità, che, come ti ho detto, pubblicherà anche raccolte di poesia, insieme a libri di narrativa e saggistica.[23]

Sta di fatto che la seconda serie a cui Alberto Mondadori accenna rimane solamente un progetto che non diventerà concreto; “La Sibilla” infatti non nascerà mai. Intanto, fra i mesi di giugno e luglio ’62, iniziano a delinearsi le caratteristiche degli accordi sul lavoro che la Spaziani sta per cominciare, che comprendono anche la richiesta di un anticipo mensile per garantire all’autrice un lavoro assiduo senza distrazioni. Così infatti scrive Niccolò Gallo al direttore letterario:

Attualmente sta scrivendo un romanzo, che calcola di portare a termine entro l’anno. Ha poi intenzione di dedicarsi a un argomento che ha in mente da anni: un romanzo molto impegnativo su Giovanna d’Arco, che ovviamente le richiederà un lungo periodo di preparazione (studi storici, ricerche ecc.), oltre che di lavoro. A questo punto, la Spaziani mi ha incaricato di chiederti se la Mondadori sarebbe disposta ad assicurarle per i prossimi mesi, esattamente da luglio a dicembre, un assegno mensile che le consenta di scrivere più liberamente, senza soverchie preoccupazioni finanziarie. Naturalmente si tratterebbe di anticipi sulle percentuali maturande. In cambio la Spaziani si impegnerebbe a consegnare – a parte le poesie che usciranno a settembre nel Tornasole e altre eventuali che potrebbero costituire una seconda raccolta – entro la fine dell’anno il romanzo a cui sta lavorando e fra due o tre anni quello su Giovanna d’Arco.[24]

Pochi giorni dopo Vittorio Sereni dà il suo consenso alle richieste della Spaziani e definisce chiaramente l’anticipo che le deve essere assegnato mensilmente, per il periodo da luglio a dicembre: si tratta di 65 000 lire. La scelta di tale cifra è condizionata dal fatto che l’autrice si trova alle «prime prove nel campo della narrativa»;[25] ora l’attenzione della casa editrice converge tutta sulla stesura del romanzo e di Giovanna d’Arco. Riguardo al primo c’è subito un piccolo cambiamento: il termine della consegna slitta a gennaio ’63. Inoltre il titolo programmato è Le scatole cinesi, diverso da quello che sarà poi il definitivo.

Ad ottobre ’62 la poetessa richiede all’editore il prolungamento dell’assegno oltre il mese convenuto di dicembre, sempre con la motivazione della necessità di concludere innanzitutto il suo romanzo, e poi di continuare tranquillamente le ricerche in Francia per Giovanna d’Arco. Alberto Mondadori concede l’assegno all’autrice, dando fiducia ad entrambe le opere che sembrano promettere bene.

Il finanziamento dato alla Spaziani continua per tutto il 1963, nonostante la cifra venga ridotta leggermente a 62 000 lire. Tuttavia ad ottobre l’autrice si lamenta in una lettera perché non «è arrivato il solito assegno di 62 000 lire, e tutti i programmi sono andati a soqquadro»;[26] infatti la Spaziani aveva in programma di fermarsi a Parigi fino al Natale per proseguire le ricerche e visto il mancato pagamento, ha paura che la casa editrice abbia smesso di inviarle il denaro pattuito. Ma il problema viene subito risolto grazie alla decisione di Alberto Mondadori di prolungare lo stipendio mensile per altri tre mesi; di conseguenza, dalla casa editrice arrivano domande e gentili sollecitazioni sullo stato delle due opere che la poetessa sta preparando. Nel mese successivo la Spaziani manda la parte iniziale del romanzo allora intitolato Le scatole cinesi, ma la risposta di Vittorio Sereni non è un parere pienamente favorevole:

Di fronte a questo fascicolo ti confermo lo stupore per l’intenso recupero di modi che a me parevano irrepetibili che in te risultano tuttora vivi; al tempo stesso si determina (scusami) una specie d’insorgenza polemica rispetto agli stessi. […] Il tuo rimane un caso in questo senso (nel senso di una linea di demarcazione) tipico e inquietante.[27]

Per difendersi da questa critica Maria Luisa Spaziani scrive in una lettera che crede che all’interno delle sue nuove poesie «ci siano non poche novità, anche se la forma resta, in alcune, diciamo così, antica»,[28] chiedendo poi a Sereni riscontri su un’eventuale differenza di stile fra le poesie del Gong e quelle attuali. Inoltre l’autrice approfitta dell’occasione per rassicurarsi sulla data di pubblicazione che al momento dello scambio epistolare era stabilita per l’aprile 1965. Purtroppo il direttore non le risponde in maniera soddisfacente visto che rimane vago su una data precisa, dicendo che questa dipenderà solamente dalla condizione che il libro avrà alla fine dell’estate ’64, e che la differenza di stile auspicata dalla Spaziani non è ancora percepibile, ma lo sarà quando l’opera sarà conclusa. Passano alcuni mesi senza che venga stabilita definitivamente la data di pubblicazione dell’opera, che ora ha il titolo Utilità della memoria. Nel frattempo l’autrice avverte Alberto Mondadori che sta per dare vita alla parte centrale più importante della Giovanna d’Arco, in un periodo che sembra favorevole alla sua stesura visto che pochi mesi prima l’autrice era diventata professoressa di Lingua e letteratura tedesca all’Università di Messina. Finalmente in una lettera di maggio ’65 si annuncia l’invio del contratto da firmare e il periodo prefissato, ovvero la primavera del 1966.

Almeno tu sai adesso con certezza che il libro uscirà tra un anno e potrai anche arricchirlo con altre cose. Dico questo perché esso comprende un libro già uscito, e contare su un periodo di tempo più lungo non è il peggiore dei mali.[29]

Così scrive Sereni, che evidenzia in maniera ragionevole il fatto che la posticipazione della stampa abbia delle conseguenze positive soprattutto sulla ricezione da parte del pubblico; infatti fa riferimento all’inserimento straordinario dentro Utilità della memoria di due sezioni, Luna lombarda e Il Gong. La prima era stata pubblicata da Neri Pozza nel 1959, mentre l’altra era uscita nel “Tornasole” quattro anni prima.

Arrivata la primavera del 1966, però ancora non si vede nessuna pubblicazione; la poetessa riceve una lettera da Domenico Porzio,[30] dove viene informata che l’uscita del libro è stata rimandata all’11 giugno, anche se precedentemente la casa editrice le aveva comunicato che il tutto si sarebbe concluso entro i primi quindici giorni di maggio. Ciò di cui si preoccupa maggiormente l’autrice è il fatto che pubblicare a ridosso dell’estate allontana la possibilità di presentazioni del libro e di recensioni da parte di critici e giornalisti, e con questo anche l’opportunità di diffondere l’opera fra il pubblico. Fortunatamente i suoi dubbi vengono messi in fuga dalla risposta accurata di Marco Forti:

Fra la data di consegna del libro in magazzino (di cui ti ha parlato L’Hermite) e quella di vera e propria vendita (di cui ti ha parlato Porzio) ci corrono sempre alcune settimane che dipendono non da noi, ma dall’organizzazione commerciale. Se quindi il libro andrà in magazzino verso il 15-20 maggio non potrà essere venduto prima della seconda cedola di giugno, quella che andrà in vendita l’11. Le cose ormai stanno così e non si possono in nessun modo cambiare perché il libro è in stampa e deve seguire il ritmo di uscita che seguono tutti i libri alla Mondadori.[31]

Forti non dimentica neanche di tranquillizzare l’autrice sull’aspetto della promozione del volume. Infatti le spiega che Domenico Porzio si occuperà del lancio del libro sia a giugno sia a settembre organizzando presentazioni orali; inoltre rassicura la scrittrice sul fatto che la data di giugno risulta ancora favorevole a richiamare l’attenzione dei critici. Quando tutto sembra essere ben delineato, compaiono all’orizzonte dei cambiamenti di programma. L’autrice non è d’accordo sulla pubblicazione a giugno, neanche se questa venisse anticipata al primo giorno del mese, e insiste nel cambiarla. Quindi si arriva a un compromesso:

Siamo dunque d’accordo che il volume sarà pronto alla data del 20 giugno, ma che sarà distribuito in settembre. Ciò non ti impedisce tuttavia la più ampia libertà di manovra per i premi che ci si prospettano, in merito ai quali farai bene a tenere diretto contatto con Domenico Porzio.[32]

Dopo aver trovato l’accordo, il libro arriva nelle librerie italiane a metà settembre, comprendendo al suo interno anche le sezioni Il Gong e Luna lombarda, non più inedite.

Il paratesto dell’Utilità della memoria

La seconda opera della Spaziani pubblicata per “Lo Specchio” esce con una tiratura di 2049 copie in edizione rilegata: infatti il volume si presenta con la copertina cartonata rivestita da tela color marrone che reca incisi in bianco il titolo e il nome dell’autrice; sul dorso sono riportate le stesse informazioni in maniera identica, sempre in carattere graziato. In più il libro è protetto da una sovraccoperta di carta marcata color biscotto, che contiene in alto a sinistra il nome dell’autrice in carattere graziato nero, e sotto, sempre a sinistra, il titolo in verde. Invece il nome della casa editrice compare in dimensioni più piccole in nero, più in basso. Le alette della sovraccoperta riportano un’analisi generale dell’opera che si sofferma sul ruolo della memoria, definita come «una memoria dentro le parole, una memoria di cui le parole non sono abito, ma corpo ed emblema; e la sua utilità è di specie terapeutica: risanamento di una realtà frantumata attuato attraverso la parola».

A causa dell’eleganza dell’edizione il prezzo di copertina è più alto rispetto alle edizioni degli altri anni e corrisponde a 1800 lire, di cui 500 rimborsano i costi della rilegatura. Inoltre, c’è più attenzione al lato estetico del volume: infatti è Anita Klinz[33] ad occuparsi dell’impostazione grafica. Il libro è composto da sei sezioni, che riportano a fianco i periodi di composizione delle poesie: Utilità della memoria (1962-1965), Il gong (1955-1961), Luna lombarda (1956-1957), Poesie dal nord, Il fuoco dipinto (1959), Due poesie dall’aprile (1961). I problemi fra la Spaziani e la casa editrice non finiscono con la pubblicazione, ma continuano per tutto il periodo di promozione del libro, che secondo l’autrice, non è adeguato. Così infatti scrive a Marco Forti:

Porzio […] mi consiglia di non fare nulla, né “firme”, né presentazioni in nessuna delle città che me lo hanno chiesto […]. Non è vero che le presentazioni si facciano soltanto per gli autori esordienti. Qui a Roma, nella sede Mondadori, ne ho viste di bellissime, come quella per Maria Corti e poi, d’altro tono, per Graziadei. Io non so che cosa pensare e ho la strana sensazione d’essere indiscreta quanto tento di difendere il mio libro. Che, sia detto fra parentesi, è diffuso in modo disastroso. […] La libreria Bocca di piazza di Spagna, a un mese quasi dal giorno in cui il libro è andato in vendita, non ne sa niente, non lo ha mai sentito nominare. Con chi me la devo prendere? Il “Circolo della Stampa” di Torino voleva fare una serata. Come mi devo comportare, ora?[34]

Le preoccupazioni della Spaziani non sono irragionevoli, infatti trovano ascolto presso Forti e la direzione letteraria; appena ricevuta la lettera, Forti comunica il contenuto a Vittorio Sereni, che promette di fare i giusti rimproveri ai responsabili.

Il direttore dello “Specchio” espone le motivazioni di questa noncuranza, «dovuta alla presentazione dei romanzi autunnali, alla venuta di Kerouac ecc.»[35], e le consiglia di prendere contatto personalmente con Valdo Aldovrandi[36] per fissare una presentazione del libro a Milano. Se infatti l’autrice riceverà una risposta positiva dovrà contattare l’Ufficio Stampa per avere l’appoggio da Domenico Porzio e dalla casa editrice.[37]

Nel frattempo l’Utilità della memoria dopo la pubblicazione vince il premio Carducci. Per i giudizi dei critici invece bisogna aspettare un poco, infatti in una lettera a Marco Forti Maria Luisa Spaziani si dimostra preoccupata per due mancate recensioni che invece le erano state promesse: una della filologa Maria Corti su “Paragone” e l’altra di Alcide Paolini[38] su “Il Giorno”.

A questo proposito Forti risponde che riguardo alla recensione su “Paragone”, sembra che debba scriverla Sergio Antonielli al posto della Corti, e denuncia il fatto che «anche il Giorno […] si disinteressa sommamente alla poesia»,[39] oltre i vari giornali italiani, per esempio, come dice Forti, il “Corriere della Sera”. In questo periodo già si denota in Italia un clima di disinteresse ai testi poetici che molti autori, fra cui la Spaziani, deploravano.

La questione delle Acque del Sabato

Alcune incomprensioni fra la Spaziani e la casa editrice sorgono proprio quando l’Utilità della memoria sta per uscire, nell’autunno ’66. Il problema si pone quando l’autrice scopre, per puro caso, che la sua prima opera pubblicata nello “Specchio” non si trova più in vendita. Un libraio infatti è costretto a telefonare alla Spaziani stessa per scoprire dove procurarsi Le acque del Sabato, visto che la Mondadori l’ha tolto dal listino delle disponibilità. Questa telefonata preoccupa la Spaziani, che chiede a Forti motivazioni di questa mancanza della casa editrice proprio nel momento in cui sta uscendo un altro libro nella stessa collana. Secondo la Spaziani, infatti, è una situazione insensata. Marco Forti gira la domanda della Spaziani all’amministratore editoriale Giorgio Franchi, che nella sua missiva ribatte:

Del volume risultavano esistenti alcune centinaia di copie ed in previsione della pubblicazione del nuovo libro Utilità della memoria pareva logico non ignorare il precedente. La nostra Direzione Commerciale, interessata in proposito, fa ora presente che tali copie, imperfetto o sciupate, non sono più vendibili a prezzo pieno ed è questa la ragione per la quale de Le acque non vi sono più disponibilità per le necessità di vendita. Tali copie, così come nell’uso, verranno cedute in blocco a prezzo ridotto del 70% e Lei troverà nel prossimo rendiconto l’accredito dei diritti corrispondenti.[40]

La spiegazione tecnica data da Franchi non accontenta l’autrice, che pochi giorni dopo interpella di nuovo Marco Forti, pur scusandosi con lui per le domande riguardo a questioni che non gli competono. L’autrice non riesce a capacitarsi del fatto che la Mondadori abbia deciso di svendere le copie, che si scoprono essere circa trecento, senza avvertirla; sospetta che ci siano problemi che le vengono taciuti. Infatti si chiede a chi le copie vengano svendute, o se invece siano mandate al macero. In ogni caso Forti le ricorda nuovamente che deve parlare direttamente a Giorgio Franchi: con quest’ultimo infatti l’autrice viene a conoscenza dei dettagli di questa operazione, anche se non abbiamo lettere che lo testimoniano.

Nuove proposte editoriali con L’occhio del ciclone

Già nella primavera del 1967 si prospettavano nuovi orizzonti editoriali per la Spaziani, quando l’autrice comunica a Marco Forti di avere ormai pronti alcuni testi che potranno formare una nuova raccolta poetica. Quest’ultima, intitolata L’occhio del ciclone sin dalla sua progettazione, andrà in stampa nel 1970, arricchendo la collezione dello “Specchio”.

La nascita della raccolta poetica

Nella primavera del ’67 la Spaziani insiste nel mandare a Marco Forti, per avere un aiuto nella revisione, la parte iniziale della futura raccolta di poesie. Il direttore mondadoriano però risponde cercando di frenare la fretta della poetessa:

Credo che puoi lavorarvi con molta calma dal momento che il tuo ultimo libro è uscito da poco e che non potremmo programmarne un altro così presto. Sarò comunque bel lieto, quando riterrai il manoscritto sistemato, di riceverlo sottoponendolo al nostro comitato di lettura e poi leggendolo a mia volta per trarne le necessarie proposte da fare all’editore.[41]

A settembre dello stesso anno la casa editrice riceve il dattiloscritto dell’Occhio del ciclone e il 30 ottobre viene prodotto il primo parere dal comitato di lettura. Il lettore stavolta è Tiziano Rossi,[42] che dopo un’attenta analisi retorica e contenutistica dei versi, stabilisce che «nel complesso c’è poco di nuovo, tante cose sono già state dette; inoltre parecchi componimenti suonano troppo intellettualistici e giuocati».[43] Neanche la seconda lettura dà l’idea di apprezzare entusiasticamente l’opera della poetessa. Giovanni Raboni, che ne è l’autore, evidenzia sicuramente l’alta qualità del lavoro poetico della Spaziani, ma allo stesso tempo sottolinea una certa monotonia che può annoiare il lettore. Inoltre, il lettore aggiunge di aver trovato

«Maria Luisa Spaziani in un così ferreo labirinto di emblemi e cadenze montaliani».[44]

Marco Forti infine traccia una sintesi di entrambi i pareri aggiungendovi il suo, frutto definitivo del lavoro del comitato di lettura:

Si tratta, in conclusione, di un libro decoroso, a momenti anche bello, che non aggiunge tuttavia moltissimo alla figura ormai nota della sua autrice, alle sue riuscite e ai suoi vizi. È pertanto un libro pubblicabile, certo; ma si ha bisogno di libri pubblicabili, o non si vogliono invece testi di una novità più decisa? Siccome la mia domanda non è retorica, se si potesse “decentemente” non pubblicare questo manoscritto, almeno per ora, non mi dispiacerebbe. Si potrebbe rimandare la questione con la Spaziani a fra più di un anno, adducendo le ragioni, del resto verissime, che abbiamo due annate di Specchi italiani praticamente fatte. Intanto lei potrebbe rilavorare al suo manoscritto, eliminare parecchi testi, magari aggiungerne di buoni, e poi ripresentarlo per un parere editoriale definitivo.[45]

Nei giorni successivi Vittorio Sereni svolge il difficile compito di riferire la decisione alla Spaziani. Con molto tatto e gentilezza le fa capire la necessità di un lavoro di limatura su alcune poesie già esistenti, dell’inserimento di nuove e della rimozione di altre. Lo slittamento della pubblicazione sembra coincidere con le condizioni di sovraccarico della collana, che non può contenere più di sei o sette libri per ogni anno editoriale, inclusi gli stranieri. Nella lettera del direttore letterario c’è però una novità: la Spaziani deve ritenersi libera di prendere accordi con altre case editrici, pur tenendo conto di pubblicare l’opera completa con la Mondadori all’interno della celebre collana di poesia. La risposta della poetessa non si fa attendere, e la Spaziani difende strenuamente il suo stile di scrittura che le era stato criticato:

mi pare che mi sarebbe tanto facile scrivere un intero libro capace di piacere a quel lettore, e qualche volta l’ho fatto, per esercizio e per divertimento. Ma quello che ho veramente da dire deve essere scritto con parole mie – belle o “troppo belle” che siano, tanto o poco io abbia da dire – e non dettate da uno stilizzato inconscio collettivo. Mi rifiuto di essere furba, insomma, e spero di non doverlo pagare troppo caro.[46]

La Spaziani è decisa a far valere le sue ragioni, soprattutto quando sottolinea il fatto che le 61 poesie consegnate alla casa editrice sono solamente un terzo di tutte quelle che ha scritto, e che ha dato il manoscritto con l’unico scopo di stabilire una data di consegna e di garantirsi la pubblicazione per la primavera del 1969.[47] In una lettera indirizzata a Forti la Spaziani rimprovera la casa editrice di aver dato il manoscritto in lettura a un lettore vero e proprio, dato che, dal suo punto di vista, «subentrata una certa maturità di rapporti con l’editore e consolidatasi una certa cifra personale, il libro, bello o brutto che fosse», si doveva trovare «automaticamente sotto la responsabilità dell’autore».[48] Inoltre si augura di poter dialogare per le prossime trattative direttamente con Sereni o con Forti. Dopo pochi giorni Sereni risponde, con cautela ma fermamente, che i manoscritti di ogni autore, affermato e non, devono passare sotto il vaglio del comitato di lettura, che è un organo che non si può scavalcare. In più propone di pubblicare L’occhio del ciclone nella seconda metà dell’anno editoriale 1969/1970,[49] senza rispettare quindi la richiesta della Spaziani di andare in stampa nella primavera del ’69.

Ma la progettazione del volume subisce rallentamenti, infatti nel frattempo Maria Luisa Spaziani prende accordi con Neri Pozza per far uscire una plaquette che raccoglie le prime 24 poesie della sezione Silos d’inverno. Per far ciò deve aspettare l’autorizzazione di Glauco Arnieri, segretario editoriale generale, dal momento che la Mondadori ha un’opzione decennale sulle opere della Spaziani a partire dal 1966. La svolta per la pubblicazione dell’Occhio del ciclone si ha quando, a settembre ’69, il manoscritto rivisto e corretto dall’autrice viene mandato a Luigi Baldacci,[50] lettore proposto dalla Spaziani stessa. Il critico ha un parere positivo: «L’occhio del ciclone potrà essere considerato come uno svolgimento coerente […] di uno dei più originali discorsi in atto nell’ambito della poesia italiana».[51] Dopo l’intervento di Baldacci, anche il parere di Marco Forti assume dei toni più ottimistici e aperti al lavoro della poetessa; infatti prospetta la pubblicazione per l’anno 1970/1971. Si inizia a parlare di contratto, ma ancora la Spaziani non ha mandato il manoscritto definitivo, per cui Forti la sollecita, ricordandole i tempi lunghi di redazione e composizione.

Nei primi mesi del ’70 si passa a discutere di alcuni aspetti tecnici; la poetessa preme per pubblicare il prima possibile, ma la Mondadori le concede l’uscita in libreria solamente a maggio del 1970. Per far sì che il libro possa partecipare al concorso del premio Viareggio,[52] si decide che il colophon porti la data di aprile e non di maggio.

Novità nella veste editoriale

L’occhio del ciclone, col prezzo di 1800 lire, esce nelle librerie in una veste molto diversa dalle edizioni precedenti dello “Specchio”.  È un’edizione in brossura, con la carta del blocco libro di color avorio. La copertina è di color carta da zucchero, con titolo, nome dell’autrice, collana e casa editrice in bianco; i risvolti sono vuoti. La sovraccoperta è in carta da pacco, marcata. Campeggia in alto il riquadro verde smeraldo che arriva ad oltre la metà del foglio. Questo contiene il nome Spaziani, in carattere bastoni, che lascia la carta da pacco a vista. Lo stesso carattere è usato per indicare le altre informazioni sul libro. Le alette della sovraccoperta contengono le solite indicazioni per una lettura profonda del testo, mentre il significato del titolo viene spiegato dalla Spaziani stessa nelle note a fine libro: «si tratta, come nel caso di altri miei titoli (Le acque del Sabato, Il gong), di una metafora per “poesia”. […] Non sono poche le analogie con l’espressione freudiana “L’ombelico del sogno”».[53]

L’evoluzione della copertina e della sovraccoperta è dovuta all’esigenza di rinnovamento interna alla collana: l’obiettivo è far costare meno il libro ma renderlo più vivace e capace di attirare lo sguardo del cliente in vetrina.  Riguardo i risvolti, l’autrice stessa si impegna per realizzarli: suggerisce infatti di inserire delle parti estratte da un saggio sulla Spaziani scritto dalla critica letteraria Iolanda Insana. L’operazione però non ha buon fine e la Spaziani nota delusa che nei risvolti ci sono dei giudizi che non valorizzano il contenuto e lo stile del libro, anzi, li minimizzano; infatti il pezzo dell’Insana viene incluso solamente nel bollettino pubblicitario dell’opera.

Il lancio dopo la stampa

Maria Luisa Spaziani si dimostra decisa nel dare le linee guida per la campagna promozionale dell’Occhio del ciclone. Si preoccupa infatti di inserire nel bollettino, prima che questo venga spedito, un inserto con dei brani critici favorevoli alla sua opera; in più, prega l’Ufficio Stampa di non spedire ancora omaggi, allo scopo di evitare che questi arrivino nelle mani di critici indesiderabili e non in quelle di traduttori all’estero. In ultimo, propone una fotografia per la pubblicità sui giornali e dà la sua preferenza per “L’Espresso” e “La Stampa”.

Nel mese di dicembre arriva alla casa editrice la notizia che la Spaziani ha vinto il premio Cittadella con L’occhio del ciclone. Tutti si augurano che con questa novità il libro possa essere rilanciato attirando l’attenzione dei critici. A questo proposito l’autrice preme per avere più pubblicità, su quotidiani e settimanali della Mondadori o di altri editori. Nel frattempo la Spaziani sottopone a Forti la questione di una nuova edizione, accusando in modo chiaro la casa editrice di non aver promosso il libro in maniera adeguata:

La “Dante Alighieri”[54] […] propone di acquistare 300 copie per le sedi straniere. Non ti dico come questa proposta mi abbia fatto piacere, perché è un modo diretto per arrivare a quella tanto sospirata seconda edizione che avrei avuta in tre mesi se il libro fosse stato diffuso.[55]

Subito la macchina della casa editrice si attiva: Guglielmo Tognetti, in accordo con Giancarlo Buzzi[56] dell’Ufficio Marketing, dà l’avvio alla ristampa di mille copie, in occasione della richiesta della Società Dante Alighieri, e soprattutto in seguito alle rimostranze dell’autrice. Per quanto riguarda la promozione dell’Occhio del ciclone invece, la Spaziani muove delle critiche abbastanza dure:

io vorrei sapere […] se può proprio considerarsi un caso […] che librerie con tanto di prenotazioni non riescano ad averli, che in caso di conferenze o di presentazioni dove se ne venderebbero quaranta o cinquanta copie la “Mondadori per voi” ne mandi due “in visione” dicendo che non è autorizzata a venderne altre e nemmeno quelle, che le fascette non siano state fatte (mentre ad esempio quelle di Carrieri sono puntualmente arrivate l’indomani del suo premio), che la pubblicità fatta al mio libro sia incomparabilmente inferiore e peggiore di quella fatta a tutti gli autori dello Specchio, che il capo dell’ufficio-stampa abbia scritto e firmato l’unica stroncatura che il libro abbia ricevuto, e per di più (fenomeno unico negli annali dell’editoria) su un settimanale del mio stesso editore, “Panorama”, e via discorrendo […].[57]

Dal punto di vista dell’autrice quindi, la Mondadori non riesce o non vuole diffondere in maniera adeguata la sua opera, remando contro l’interesse che i critici sembrano dimostrare nei confronti dell’Occhio del ciclone: l’opera infatti vince il premio Cittadella nella fine del 1970, e l’anno successivo, vincerà il premio Trieste.[58]

In risposta alle accuse della poetessa Sereni riporta in una comunicazione interna indirizzata ad Aurelio Pellicanò la lettera della Spaziani, scrivendo che in futuro le farà presente «il sano principio di non costituirci un problema ogni due anni con i troppi versi che va scrivendo».[59] Subito arrivano al direttore letterario le spiegazioni dettagliate di Aurelio Pellicanò e Domenico Porzio,[60] e quelle di Giancarlo Buzzi dall’Ufficio Marketing. Dopo alcuni giorni Sereni scrive a Maria Luisa Spaziani con fermezza ma con toni pacati facendole un riepilogo di tutte le risposte date dai funzionari mondadoriani. Sul piano commerciale, Sereni spiega che i librai

messi di fronte alla richiesta di qualche copia di un volume di cui sono sprovvisti, dicono di richiederlo, ma in realtà non lo chiedono. […] Vale ancora una volta, invece, la raccomandazione di precisare i nomi dei librai che si sono visti rifiutare rifornimenti e di indicare il “Mondadori per Voi” che ti ha dato quella strana risposta. Meglio ancora sarebbe che, in caso di presentazioni, conferenze o simili riguardanti libri tuoi sia fatta una segnalazione precisa e tempestiva per consentire un intervento altrettanto tempestivo.[61]

Riguardo invece la pubblicità, Sereni rivela che in realtà è stato fatto di più per la Spaziani che per altri autori, per esempio Nelo Risi e Carlo Della Corte. La stessa Direzione si riconosce in torto su un solo punto: sulla mancata confezione della fascetta. Non mi hanno saputo dire, a distanza di tempo, per quale motivo non si sia fatta. È tuttavia vero che al momento del Premio Cittadella è stata fatta pubblicità sul tuo libro nel “Messaggero”, nel “Giorno”, nell’“Espresso”, nella “Stampa”, e inoltre su “Epoca” del 24 gennaio e su “Panorama” del 28 gennaio.[62] Sereni non manca di difendere la recensione di Porzio su “Panorama”, che viene assimilata a diverse altre realizzate per altri autori mondadoriani:

Mi è parso un articolo tiepido, questo sì, ma non una stroncatura. In generale Porzio si attiene al criterio di non parlare dei libri mondadoriani che non trovano la sua approvazione di critico o recensore.[63]

In quest’ultima lettera del carteggio conservato all’Archivio Mondadori, il direttore letterario sintetizza nuovamente alla poetessa i caratteri dello “Specchio”, la sua struttura editoriale, e i meccanismi che stanno dietro la pubblicazione dei titoli della prestigiosa collana di poesia.

Noi oggi per lo Specchio disponiamo non più di sette – otto posti all’anno (a prescindere dalle ristampe dei soliti “grandi”). Tieni conto che una buona metà di questi posti è occupata dagli stranieri, ai quali non intendo affatto rinunciare. Tieni conto infine che contro quattro libri di Montale, per fare un nome, la maggior parte degli autori italiani allineano un numero ben più imponente di titoli in un giro di anni molto più breve. Avviene poi che autori avanti con gli anni, dai quali non ci si aspettava più niente, arrivino del tutto imprevisti con un libro nuovo. È ovvio che non gli si può dire di no, nemmeno quando vogliono operare una scelta antologica di libri precedenti e magari niente affatto esauriti. A che cosa porta questo discorso? A raccomandare ancora una volta di non pretendere che l’editore o chi per lui segua punto per punto il lavoro di tanti e prolifici autori. Chiedere questo è chiedere la quadratura del circolo.[64]

Le opere successive al 1971

Dopo il 1971, anno in cui termina il carteggio disponibile nell’Archivio, le opere di Maria Luisa Spaziani pubblicate nello “Specchio” sono ben sei: Transito con catene, Geometria del disordine, La stella del libero arbitrio, I fasti dell’ortica, La traversata dell’oasi, e infine La luna è già alta. Ognuna di esse ha delle caratteristiche che rappresentano l’evoluzione dell’impostazione grafica della collana:[65] Transito con catene, pubblicato nel 1977, è una raccolta di poesie in brossura che si differenzia esteticamente dall’Occhio del ciclone per la carta plastificata della copertina. La sovraccoperta e i risvolti color carta da pacco vengono abbandonati, ma rimane il riquadro colorato che contiene il nome dell’autrice, in dimensioni maggiori, e il titolo dell’opera.

La stessa impostazione grafica si conserva nella Geometria del disordine, edito in brossura nel 1981. Il numero delle pagine è all’incirca lo stesso, ma il colore scelto per il riquadro sulla copertina è il rosso, sul quale campeggia in grande il nome della poetessa. Come nell’opera precedente, anche in questo libro il commento poetico e le informazioni biografiche sull’autrice sono riportati sulla quarta di copertina. Già dalla fine degli anni settanta è prassi vedere sul dorso il simbolo mondadoriano costituito dalle iniziali intrecciate di Arnoldo Mondadori. Questo simbolo è presente anche nelle copertine dello “Specchio”, infatti lo si può vedere già nell’Occhio del ciclone; esso rimarrà una costante nelle pubblicazioni Mondadori.

Nel 1986 sulla copertina della Stella del libero arbitrio ritorna l’antica icona dello “Specchio”. Il riquadro che rappresenta la mano di Eleonora d’Aragona, presente sulla copertina delle Acque del Sabato, ricompare appunto sulla copertina grigia di carta marcata. L’insieme è molto elegante, considerando anche il carattere graziato corsivo usato per il nome dell’editore. Inoltre l’analisi letteraria delle poesie sui risvolti di copertina è firmata da Marco Forti.

Dopo dieci anni Maria Luisa Spaziani presenta al pubblico I fasti dell’ortica, nuova raccolta poetica stavolta inclusa nella collana “Il nuovo Specchio”. Cambia infatti la grafica della copertina, in carta color bianco fumo, marcata. Il titolo è in carattere graziato color verde smeraldo, mentre dello stesso colore è il riquadro che contiene il nome dell’autrice, in bianco. Queste informazioni occupano meno della metà del foglio, lasciandolo quasi vuoto. La quarta di copertina è particolare perché reca uno dei più affascinanti testi della raccolta, recuperando il verde smeraldo.

Nel ventunesimo secolo invece vengono pubblicati nella collana “Lo Specchio” due opere poetiche, pochi anni prima della morte della Spaziani nel 2014. La prima è La traversata dell’oasi, stampata nel 2002. La grafica del libro ha subito una rivoluzione: l’art director Giacomo Callo infatti sceglie come immagine di copertina una tavola tratta dal libro Camera delle meraviglie naturali dell’olandese Albertus Seba, conservato a L’Aia, alla Koninklijke Bibliotheek. Il libro, in brossura di piccole dimensioni, nella quarta di copertina invece reca la fotografia di una poesia scritta a mano dall’autrice stessa.

La stessa struttura viene conservata nel progetto grafico della Luna è già alta, pubblicata nel 2006. La quarta di copertina mostra una poesia manoscritta della Spaziani, mentre l’immagine sulla copertina è un’illustrazione di Gina Triplett e Matt Curtius. La superficie della carta plastificata opaca si rivela particolare al tatto grazie alla riserva lucida.

I cambiamenti presenti nelle ultime due opere della Spaziani ci fanno capire che, nell’insieme, le ultime edizioni dello “Specchio” dimostrano una forte innovazione grafica, volta ad attirare lo sguardo del lettore in libreria, combinandola però sempre al ruolo fondamentale che la poesia ricopre all’interno della collana.

Maria Serena Chiocca

[1] Lo testimonia l’articolo di Antonio Gnoli, Maria Luisa Spaziani, in “la Repubblica”, 3/02/2013 p. 50.

[2] Conversazione con Maria Luisa Spaziani, in Poesia nonostante tutto, a cura di Franco Musarra, Bart Van den Bossche, F. Cesati, Firenze 1999, p. 61.

[3] Parere di lettura di Giuseppe Ravegnani, Milano, 17 febbraio 1953, copia dattiloscritta, ArchAme (Archivio storico Arnoldo Mondadori editore, presso Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano), sezione ArchAmeSeai (Segreteria editoriale autori italiani).

[4] Parere di lettura di Geno Pampaloni, Milano 5 marzo 1953, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[5] Il germanista Ervino Pocar (Pirano d’Istria 1892 – Milano 1981) ricoprì ruoli di grande responsabilità in diverse case editrici. Iniziò la sua carriera nella casa editrice Carabba, mentre alla Mondadori fu traduttore dal tedesco dal 1934 e successivamente responsabile del settore libri.

[6]  Maria Luisa Spaziani, Le acque del Sabato, Mondadori, Milano 1954, p. 78.

[7] Maria Luisa Spaziani ad Arnoldo Mondadori, copia manoscritta, Torino, 26 giugno 1954, ArchAme sezione ArchAmeAr (sezione Arnoldo Mondadori).

[8] Gianni Cortese ad Alberto Mondadori, copia dattiloscritta, Parigi, 18 maggio 1954, ArchAme sezione ArchAmeAlb (sezione Alberto Mondadori).

[9] L’autore di Strumenti umani (Luino 1913 – Milano 1983) fu direttore letterario per la Mondadori dal 1/11/1958 al 1975, anno in cui andò in pensione; negli anni successivi coprì il ruolo di consulente affiancato da Marco Forti.

[10] Parere di lettura di Vittorio Sereni, Milano 21 ottobre 1958, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[11] Alberto Mondadori a Maria Luisa Spaziani, Milano 30 ottobre 1958, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[12] Ibidem.

[13] Neri Pozza a Vittorio Sereni, Vicenza 27 aprile 1959, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[14] Purtroppo “Il Tornasole” si rivelò una breve parentesi all’interno del panorama mondadoriano; infatti, aperta nel 1962, venne chiusa già nel 1968.

[15] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, Milano 27 aprile 1960, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[16] Parere di lettura di Franco Fortini, Milano 8 gennaio 1961, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[17] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, Milano 22 febbraio 1961, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[18] Niccolò Gallo (Roma 1912 – Grosseto 1971) iniziò la sua carriera nel mondo dell’editoria dirigendo la collana “Il Castelletto” della casa editrice pisana Nistri-Lischi. Passato alla Mondadori nel 1959, diresse “Narratori italiani”, “Medusa degli italiani” e “Il Tornasole”. Si occupò di quest’ultima fino al ’65 insieme a Sereni. Il poeta, per il legame di profonda amicizia, gli dedicò dopo la morte la poesia Niccolò, inserita in Stella variabile, libro edito da Garzanti nel 1981.

Nel 1962 fondò la rivista “Questo e altro” insieme a Dante Isella, Geno Pampaloni e Vittorio Sereni, che continuò a essere pubblicata fino al 1964.

[19] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, Roma 12 dicembre 1961, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[20] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, Roma 4 gennaio 1962, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[21] Marco Forti (Firenze 1925), iniziò a lavorare alla Mondadori all’interno dell’Ufficio stampa e pubblicità. Nel 1966 diventò direttore dello “Specchio” affiancando Vittorio Sereni, e dopo il 1976 rimase l’unico alla guida della prestigiosa collana. Nel 1962 curò il volume antologico Almanacco dello Specchio insieme a Giuseppe Pontiggia.

In seguito occupò un ruolo dirigenziale per la sezione poesia e per la Segreteria generale per il settore italiano, scrivendo pareri di lettura, giudizi critici e contribuendo alla realizzazione di elementi paratestuali per i volumi pubblicati.

[22] Alberto Mondadori a Maria Luisa Spaziani, Milano 11 luglio 1961, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[23] Ibidem.

[24] Niccolò Gallo a Vittorio Sereni, Milano 28 giugno 1962, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[25] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, 4 luglio 1962, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[26] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, 10 ottobre 1963, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[27] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, 27 dicembre 1963, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[28] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, 30 dicembre 1963, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[29] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, Milano 3 maggio 1965, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[30] Domenico Porzio (Taranto, 1921 – Cortina d’Ampezzo 1990) fu un uomo dall’attività poliedrica: scrittore, critico d’arte, letterario, redattore e collaboratore di svariate riviste, fra cui “Epoca” e “Panorama”. Nel 1943 creò la rivista letteraria “Edizioni di Uomo” e nel 1944 fondò la casa editrice omonima insieme a Marco Valsecchi e Oreste del Buono; poi passò alla Rizzoli e infine, nel 1966, divenne direttore dell’ufficio stampa di Mondadori. Ricoprì questo ruolo fino al 1983.

[31] Marco Forti a Maria Luisa Spaziani, Milano 11 maggio 1966, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[32] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, Milano 16 maggio 1966, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[33] Anita Klinz (Abbazia 1925 – 2013) fu art director per la Mondadori, e dal 1961 al 1970 si occupò della grafica dello “Specchio”. Con lei l’impaginazione della copertina diventò a bandiera allineata a sinistra, e la maggior parte della pagina rimase vuota, ravvivata solamente dal verde smeraldo del titolo dell’opera.

[34] Maria Luisa Spaziani a Marco Forti, 26 settembre 1966, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[35] Marco Forti a Maria Luisa Spaziani, 10 ottobre 1966, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[36] Valdo Aldrovandi (Milano, 1918 – 1987), cognato di Giulio Einaudi, fu direttore della libreria Einaudi a Milano, in via Manzoni, luogo rinomato per le presentazioni dei libri.

[37] Gli accordi presi personalmente con Aldovrandi fanno sì che il libro venga presentato alla libreria Einaudi il 18 novembre da Luigi Baldacci e Sergio Antonielli; a Torino invece viene organizzata la presentazione dell’Utilità della memoria per il 29 novembre, al Circolo della Stampa, con l’intervento di Mario Bonfantini e Paolo Volponi.

[38] Alcide Paolini (Udine, 1928), critico letterario oltre che scrittore, ha realizzato numerose recensioni letterarie per i quotidiani “Corriere della Sera” e “Il Giorno”. Quest’ultimo venne fondato nel 1956 per creare a Milano un’alternativa al “Corriere”.

[39] Marco Forti a Maria Luisa Spaziani, Milano 28 marzo 1967, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[40] Giorgio Franchi a Maria Luisa Spaziani, Milano 26 luglio 1966, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[41] Marco Forti a Maria Luisa Spaziani, Roma 28 marzo 1967, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[42] Tiziano Rossi, (Milano 1935), ha collaborato con “L’Unità”, “Rinascita” e altre riviste letterarie. Ha iniziato la sua attività di scrittore pubblicando il libro La talpa imperfetta nella collana “Il Tornasole”, nel 1968. Con il libro di poesie Gente di viaggio, edito da Garzanti, nel 2000 ha vinto il premio Viareggio.

[43] Parere di lettura di Tiziano Rossi, Milano 30 ottobre 1967, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[44] Parere di lettura di Giovanni Raboni, Milano 5 dicembre 1967, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[45] Marco Forti a Vittorio Sereni, sede 11 dicembre 1967, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[46] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, Roma 2 gennaio 1968, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[47] In una lettera a Forti, la Spaziani spiega che la sua apprensione nel pubblicare in tale periodo è dovuta dalla possibilità di candidarsi in quel periodo per il posto di Addetto Culturale Italiano a Parigi.

[48] Maria Luisa Spaziani a Marco Forti, Roma 2 gennaio 1968, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[49] L’anno editoriale inteso da Vittorio Sereni iniziava il 1 aprile ’69 e terminava il 30 marzo ’70.

[50] Il critico letterario Luigi Baldacci (Firenze 1930 – Firenze 2002) curò nel 1979 la raccolta Poesie di Maria Luisa Spaziani per la collana Oscar Mondadori, e nel 2012, insieme a Giuseppe Pontiggia, l’opera omnia della poetessa nella collana “I Meridiani”.

[51] Parere di lettura di Luigi Baldacci, 16 ottobre 1969, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[52] La Spaziani era stata incoraggiata a partecipare proprio da alcuni componenti della giuria del premio Viareggio, in vista di una prevedibile vittoria.

[53] Maria Luisa Spaziani, L’occhio del ciclone, Mondadori, Milano 1970, p. 105.

[54] La Spaziani si riferisce alla Società fondata nel 1889 da degli intellettuali sotto la guida di Giosuè Carducci; essa si occupa di diffondere la cultura e la lingua italiana attraverso le scuole e le biblioteche, in Italia ma soprattutto all’estero.

[55] Maria Luisa Spaziani a Marco Forti, Roma 18 dicembre 1970, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[56] Giancarlo Buzzi, (Como 1929 – Milano 2015), dopo aver compiuto gli studi letterari all’Università di Pavia, fu consulente commerciale e amministratore delegato in varie case editrici, fra cui la Mondadori e Il Saggiatore, senza tralasciare la scrittura. Infatti pubblicò vari saggi critici e romanzi, fra cui L’amore mio italiano inserito nel 1963 nel “Tornasole” di Mondadori.

[57] Maria Luisa Spaziani a Vittorio Sereni, Messina 21 giugno 1971, copia manoscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[58] Secondo l’opinione di Forti, invece, l’opera avrebbe potuto vincere il premio Viareggio. Ma ciò avvenne solamente nel 1981 per Geometria del disordine.

[59] Vittorio Sereni ad Aurelio Pellicanò, sede 5 febbraio 1971, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[60] Porzio era stato indicato dalla Spaziani come l’autore della stroncatura pubblicata su “Panorama”.

[61] Vittorio Sereni a Maria Luisa Spaziani, Milano 17 febbraio 1971, copia dattiloscritta, ArchAme sezione ArchAmeSeai.

[62] Ibidem.

[63] Ibidem.

[64] Ibidem.

[65] Cfr. Silvia Santini, L’evoluzione della copertina nello “Specchio”, in Libri e scrittori da collezione. Casi editoriali in un secolo di Mondadori, a cura di Roberto Cicala, Maria Villano, ISU Università Cattolica, Milano 2007, pp. 261-266.


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).