Uno studio che ricostruisce l’insolita relazione tra il poeta Pablo Neruda, la bottega tipografica dei Tallone e una locomotiva parcheggiata nel loro giardino.

Fin da piccoli Alberto e Guido Tallone adorano i treni. Ad Alpignano si assiste a una specie di vero e proprio rito, ogni volta che il Roma-Parigi transita per la stazione: cronometro alla mano, i due fratelli ne verificano la puntualità, cercano di cogliere con gli occhi i visi dei viaggiatori, a volte mettono addirittura una monetina sui binari – il passaggio del treno l’avrebbe deformata in maniera unica e questo avrebbe significato ogni volta qualcosa di nuovo e di emozionante –.[1]

Siamo nel 1960, l’anno dell’inaugurazione della “casa-bottega” tanto desiderata da Alberto: giunge la notizia dell’ultimo transito di una vecchia locomotiva a vapore, costruita nel 1900[2] dalle Officine di Saronno e attiva presso lo scalo ferroviario interno al Lingotto torinese. Il suo destino è la demolizione, almeno fino a quando i Tallone non intervengono. Alberto e Guido contattano il presidente della Fiat in persona, Vittorio Valletta, e lo convincono ad effettuare uno scambio: classici danteschi e un quadro di Guido in cambio della locomotiva.

Gli operai addetti alle demolizioni erano già con la fiamma ossidrica in mano, ma furono fermati pochi minuti prima che il fuoco cominciasse a violare questo cimelio. Ad Alpignano raccontano che ci rimasero male. Poi la grande locomotiva fu posta nel giardino dei Tallone, venne costruita una linea di 45 metri che collegava le case di Guido e di Madino. Si facevano visita l’un l’altro mettendola in pressione, tirando la sirena dopo gli sbuffi del vapore, ricordando l’epoca dei loro viaggi, quando la natura li raggiungeva ai finestrini di un treno e non si doveva cercarla e scoprirla come una rarità. Diventò una parte della tipografia, anzi per taluni aspetti ne testimoniava il carattere, e ricordava ai visitatori che i padroni di casa avevano un ospite fisso, che un giorno si chiamava sogno e quello successivo fantasia. Per questi e per altri motivi la locomotiva conobbe un successo singolare.][3]

Ben presto il giardino dei Tallone fa spazio a una vaporiera a scartamento ridotto, proveniente dalla Val di Susa, con tanto di vagoncini, pompa per caricare l’acqua nel serbatoio, orologio a muro e panchina in stile liberty. A casa Tallone si fa merenda in giardino, in una vera e propria stazione.

Molti dei celebri ospiti e clienti della casa editrice rimangono meravigliati dall’atmosfera che scaturisce da un “gigante di ferro” in giardino; non pochi chiedono di fare un giro a un entusiasta Alberto, che non perde mai occasione di calarsi nei panni di capotreno e di mettersi alla guida. Rimane perciò piacevolmente sorpreso quando, il 7 giugno del 1962, trova sulla sua locomotiva Pablo Neruda[4] e la compagna Matilde Urrutia,[5] sorridenti e del tutto dimentichi di essere attesi per il pranzo.

Pablo Neruda scopre la figura di Alberto Tallone e le edizioni di classici da lui curate già nel 1955.[6] Questo motiva la presenza, nel finale della sua Oda a la Tipografía, dove innalza alle vette dell’arte i tipografi e i bibliofili, le iniziali A e T, chiaro riferimento ad Alberto Tallone.[7]

È nel 1962 che il poeta cileno ha la possibilità di entrare in contatto con Tallone in persona: si trova a Milano, in galleria, quando scorge nella vetrina della libreria Garzanti una copia delle edizioni Tallone. È un attimo: Pablo entra assieme a Matilde e riesce a farsi combinare un incontro con Alberto per l’indomani, il 7 giugno. La notizia mette in subbuglio la “casa-bottega” alpignanese: mentre Bianca pensa ad allestire un pranzo degno degli ospiti che stanno per ricevere, Alberto prepara la locomotiva: «noi si mise dentro fascine, paglia e gli si fece fumare la locomotiva, per rendere omaggio al poeta».[8]

Quando Pablo e Matilde arrivano in via Diaz rimangono basiti: la visione della locomotiva, delle rotaie e dell’abbondante fumo nero li coglie di sorpresa. «Credemmo di aver sbagliato direzione, forse eravamo giunti alla stazione del paese»,[9] scrive Neruda nell’Addio a Tallone: in realtà il posto è quello, solo l’orario è sbagliato. Sono le due e mezza, gli ospiti erano attesi per pranzo. Quando Alberto, preoccupato per il ritardo, decide di uscire nel parco, è il suo turno di rimanere a bocca aperta: Neruda e Matilde sono sulla locomotiva.

Durante il pranzo il poeta parla con entusiasmo di treni, di locomotoras[10] e di libri, non vede l’ora di esplorare il mondo da lui tanto esaltato della stampa a caratteri mobili; fa il giro dei libri, rimane incantato da I promessi sposi, le Rime dantesche, i testi dei grandi filosofi greci presocratici. Pablo Neruda in quel momento si innamora delle edizioni Tallone, non potrà più farne a meno.

Una settimana dopo arriva ad Alberto la prima di una lunga serie di lettere scritte dal poeta. Con grande affetto Neruda ricorda la permanenza ad Alpignano, piacevole in ogni dettaglio (dalla stamperia, al vino, alla sorprendente e inaspettata locomotiva)[11]; aggiunge inoltre che ha inviato a Bellini[12], traduttore di fiducia, un testo che – il poeta ci tiene molto a sottolinearlo – «c’est totalement inédit même en espagnol».[13] Prospetta anche altre collaborazioni con il traduttore (parla di un Bestiario, di un Herbario e di venti poemi d’amore – che andranno poi a comporre per l’appunto Venti poemi d’amore e una canzone disperata) e concede ad Alberto di scegliere ciò che più gli piace: «le reste jetez le à la locomotive parce que cette fumée rendra justice»,[14] conclude scherzosamente Neruda.

Alberto non perde tempo: la prospettiva di stampare un inedito di Neruda (dal titolo provvisorio di Sumario) è fin troppo allettante; per la prima volta dall’Ange di Valery un poeta contemporaneo va a scuotere il rigido catalogo di classici editi da Tallone. La risposta del poeta non si fa attendere: in una seconda lettera Neruda scrive qualche frase tratta dall’introduzione di Sumario, scusandosi per la brevità della citazione e per la potenziale indecifrabilità della scrittura, per la quale però Bellini, abituato alla calligrafia del cileno, avrebbe sicuramente potuto dare il suo aiuto.

È proprio il traduttore che, in una lettera del 27 novembre, scrive a Neruda che i preparativi stanno andando per il meglio e che «Tallone está cada vez más entusiasmado y pienso salga algo bueno»[15]. Il buon auspicio viene confermato dal poeta stesso che dopo qualche giorno invia un telegramma ad Alberto, con il quale valuta il quartino di prova composto dall’editore-tipografo e spedito a Capri, dove Neruda si trova in vacanza. Il messaggio è incisivo ma chiaro: «bellas rimas gracias y gracias».[16] La composizione può proseguire.

In conclusione del 1962 Neruda scrive all’editore «cher ami» quello che è stato scelto da lui come titolo definitivo e completo: Sumario. Libro donde nace la lluvia.[17] Il rapporto tra i due è già a quest’altezza molto forte: Alberto in una lettera del 2 novembre, oltre a parlare dell’incontro con Bellini e della volontà di inviare a Neruda una prima tiratura del testo per avere la sua benedizione, non manca di ringraziare per i complimenti (che nelle lettere del poeta non mancano mai) e di salutare la consorte Matilde; lo stesso Neruda nella lettera sopra citata augura un buon anno a Bianca (o meglio Blanca, come talvolta gli sfugge) e ai piccoli Aldo e Enrico, chiamati affettuosamente Talloncinos.

Tra i due il più entusiasta per l’uscita di Sumario è sorprendentemente Neruda: scrive più volte che non vede l’ora di avere tra le mani il libro compiuto, la sua prima opera edita da Tallone.[18] Il suo desiderio si realizza il 30 aprile 1963, quando Sumario esce in lingua; la traduzione arriva nel settembre del medesimo anno.[19]

Questo testo si rivela singolarmente adatto nel ricoprire il ruolo di primo collegamento tra le due figure di Alberto Tallone e Pablo Neruda.

Neruda era un poeta popolare, socialista, che credeva nella poesia come educazione e riscatto delle classi umili. Le immagini di Sumario sono tratte dalla concretezza della vita quotidiana. Il ritratto di «mamadre» […] riportava Madino agli anni dell’infanzia vissuti con sua madre nel podere Jaquet. C’è una complicità segreta tra le “povere” e potenti immagini di Sumario e la purezza della stampa artigianale che ce le svela. Foglio dopo foglio. Da un inverno a un altro inverno. La composizione manuale a caratteri mobili richiede un lungo tempo, che affascina Neruda. Ora che la vita si è consumata e ha perduto le scorie impure, i sogni fallaci, l’infanzia assume un valore purificatorio. […] Questa infanzia, vissuta in una natura ostile, la terra delle «Cordigliere, di fiumi e di arcipelaghi che a volte non conoscono il loro nome»,[20] Neruda affidava a Tallone, «rettore della suprema chiarità»,[21] la cui arte era paragonata dal poeta al lavoro incessante delle api; come dal «favo selvatico», così dal suo torchio esce il miele profumato.[22]

Nelle lettere successive il poeta cileno si dimostra soddisfatto del lavoro di Alberto[23], dimostrando medesimo entusiasmo per la versione tradotta da Bellini – in una cartolina della splendida Laguna Azul (presso Magallanes, in Cile) definisce il Sumario italiano «bello come un glaciar» – e rassicura l’amico più volte: «j’écrirais des poèmes en prose pour Tallone».[24] Il livello di confidenza tra i due si fa sempre più alto, tanto che nel 1964, in occasione della pubblicazione a Buenos Aires di Memorial de Isla Negra e del sessantesimo compleanno dell’autore, Alberto riceve da Parigi un poncho, pegno di devozione e amicizia da parte di Neruda.[25]

Ciò nonostante passa un anno prima che riprenda la comunicazione tra Alberto e Pablo: è quest’ultimo a scrivere per primo, adducendo come motivi del suo silenzio «de long voyages, de travaux interminables et embêtants».[26] Non dimentica però quello che lui definisce «orgueil de me sentir ami de Tallone»[27] e gli propone di incontrarsi nel mese di giugno nella città di Londra, dove per l’appunto è in programma la mostra Special Editions of Dante’s Works published by Alberto Tallone presso l’Institute of Italian Culture.

La corrispondenza riprende, i toni sono ora ufficiali ora familiari: ad esempio Alberto (che ha preso a firmarsi Madino nelle lettere rivolte al poeta), in occasione di una celebrazione in onore di Dante presso la stamperia di Alpignano, non manca di sottolineare all’amico appassionato di treni che «dans le même temps j’inaugurerai le petit train complet»,[28] cioè la vaporiera della Val di Susa. Più volte le due coppie si incontrano a Roma, all’Hôtel Inghilterra o al Caffè Greco, e il tempo sembra volare: Bianca non può fare a meno di chiedere notizie di Pablo e di Matilde in un foglietto volante datato 2 ottobre 1966[29], sebbene qualche mese prima avessero inviato ai Neruda una cartolina dalla città di Madrid.[30] In risposta ecco che arriva un’altra cartolina, questa volta personalizzata: una bella foto di Matilde e Pablo, sulla quale con un pennarello verde (spesso usato dal poeta per scrivere) sono disegnati due cuori all’altezza del petto della coppia. Sotto la foto, una didascalia: «A los Tallones, nuestros corazones», l’ultima parola collegata ai due cuori da un tratto. I Tallone, a loro volta, rispondono con i loro «quattro cuori» in una delle ultime lettere: Alberto insiste in maniera sottile sui tanto attesi «poèmes en prose» e propone un incontro per la fine del mese.[31] Pablo Neruda e Alberto Tallone si vedono per l’ultima volta a Roma nel febbraio del 1967; l’editore muore a marzo.

La notizia raggiunge Isla Negra più di un anno dopo e colpisce nel profondo il poeta.

Bianca chérie, «ça» a été terrible pour moi, pour nous. Je ne savais relirea jus’quà bien que j’ai reçu.
Notre grand ami, notre grand homme, ce poète du livre!
Mais vous avez choisi la ligne du courage, qu’il aurait approuvé. C’est merveilleux que vous continuez son travail.
J’écrirai une dédicace pour lui et je vous fait arriver un autre chapitre que j’avais oublié.
Bianca, Matilde et moi nous vous embrassons avec tout notre cœur.[32]

La lettera, datata 7 maggio 1968, è carica di dolore e nostalgia, ma anche di profonda ammirazione per Bianca, che con coraggio ha deciso di portare avanti il mestiere del marito.

È il 23 maggio: Pablo inizia la sua lettera intestandola ai «queridísimi Tallone» e la imposta con toni ben diversi rispetto a quelli sommessi e trattenuti della missiva  precedente; in lui la gioia, l’entusiasmo, il ricordo del caro amico compianto e la volontà di aiutare la lodevole Bianca hanno avuto la meglio sul rammarico e sul lutto. Finalmente i «poèmes en prose» sono pronti: la vecchia promessa è stata mantenuta.

 Queridísimi Tallone:
Le silence est fini! Je vous aime et vous admire!
Bonjour, Bianca Leonardina!
Bonjour, imprimerie!
Bonjour, locomotive!
J’avais beaucoup de honte parce que je n’avais pas ancore fait ce livre de poèmes en prose que Tallone, me faisant grand honneur, m’avais demandé. Maintenant le voici: il est très court mais il n’est pas mal. Je me permets de conseiller à mon plus admiré typographe-éditeur que les caractères soient très, très grands. Comme ça, le livre ne sera pas trop petit.
Edition de peu d’exemplaires? Enfin, vous fairez ce que vous voudrez. Le livre est votre.
Je vous salue avec grande amitié et émotion. L’année prochaine nous voulons boire avec vous à votre trattoria.
Adieu, au revoir, à tantôt.
Abrazos de Matilde y Pablo[33]

L’opera in questione, La Copa de Sangre, si conclude, per volere stesso del poeta, con un toccante saluto all’amico Alberto, «maestro moderno della tipografia».[34] I «pochi esemplari» prospettati da Neruda in realtà eccedono di gran lunga quella che è la normale tiratura dei Tallone: del libro, edito nel 1969, vengono realizzate oltre cinquecento copie, a dimostrazione di quanto Bianca abbia preso in considerazione l’affermazione dell’autore, «le livre est votre».

La giovane vedova viene invitata alla presentazione di La Copa de Sangre a Santiago del Cile, il 12 settembre 1970. Il viaggio è pagato da Neruda in persona, ma all’ultimo Bianca è costretta a rinunciare: «non potevo muovermi dovendo gestire da sola la stamperia e i figli erano ancora piccoli»,[35] scrive in una lettera del 2003. Va così sprecata l’unica occasione per la donna – e, in qualche modo, anche per il compianto Alberto – di visitare quella Isla Negra tanto amata dal poeta.[36]

Gli anni passano: Bianca si occupa della stamperia di Alpignano con impegno, osservando da lontano quello che accade oltreoceano. Così nel 1971 viene a sapere che il premio Nobel tanto ambito, dopo un “volo” piuttosto lungo (per dirla con le parole usate dal poeta nel 1963), è finalmente atterrato in grembo a Pablo Neruda.[37] È datata 19 marzo 1972 la lettera in cui il cileno fa dono a Bianca del discorso pronunciato a Stoccolma in occasione della cerimonia;[38] ancora una volta Pablo vuole che l’arte dei Tallone consacri alla storia una sua opera, ancora una volta il profondo sentimento di amicizia e affetto nei confronti di Alberto e Bianca lo porta ad aiutare come può la stamperia di Alpignano e chi la vive ogni giorno.[39]

Bianca Tallone e Pablo Neruda si incontrano per l’ultima volta qualche tempo dopo, a Milano. Il poeta da qualche tempo è malato, ma non riesce a rinunciare all’incarico di ambasciatore del Cile a Parigi, né tantomeno alla mostra sui pittori della Resistenza spagnola organizzata nel capoluogo lombardo, a cui assiste con interesse.

Bianca lo vede all’Hôtel Duomo, mentre mangia scampi fritti, la sua passione.[40]

Appena lui mi ha visto, mi è corso incontro, mi ha abbracciato e mi ha detto: «Ho un regalo per te», e mi ha dato una scatolina di legno e argento. «Questi gemelli li ho fatti fare apposta per te da un artigiano che lavora l’argento, in Cile». Erano due gemelli a forma di locomotiva. Uguale uguale a quella del nostro giardino. Guarda caso quella sera avevo proprio la camicetta giusta, con le asole. Allora lui si è avvicinato e ha infilato i due gemelli ai polsini bianchi della mia camicetta. Quella è stata l’unica volta in cui li ho indossati.[41]

Il 23 settembre 1973 Pablo Neruda si spegne guardando il mare della sua Isla Negra. È Matilde, quasi un mese dopo, a dare il triste annuncio a Bianca, con una telefonata proveniente dal Venezuela.[42] Tra le due donne, entrambe giovani vedove, la corrispondenza continuerà, in nome dell’amicizia profonda che le lega e che animava i due uomini da loro molto amati.

Pablo ha però in serbo per i Tallone un’ultima sorpresa “postuma”: è l’inizio di novembre quando Matilde scrive a Bianca per ringraziarla del conforto dopo il lutto.[43] La informa che il poeta ha lasciato sei libri inediti; uno di questi è stato riservato appositamente per Bianca, qualora avesse interesse nel pubblicarlo.

La vicenda di questo caso, che unisce per l’ultima volta il nome di Neruda a quello dei Tallone, è degna di nota: l’inedito arriva ad Alpignano il 26 novembre, la lettera che lo accompagna lo presenta con lo stravagante titolo di 2000.[44] La stampa tanto attesa cade improvvisamente nell’oblio, il manoscritto scompare. Solo trent’anni dopo, aprendo un cassetto, il ritrovamento. 2000 viene composto, assieme alla lettera di Matilde e a un saggio dello storico traduttore Giuseppe Bellini, nel 2004, in occasione del centenario della nascita di Neruda.[45]

Anche a distanza di tempo, Alberto Tallone e Pablo Neruda rimangono uniti indissolubilmente; a rappresentare questo legame profondo e straordinario, la locomotora, simbolo del loro destino condiviso.

Valentina Giusti

 

[1] Cfr. Maurizio Pallante, I Tallone, p. 95.

[2] È ad oggi la più antica macchina italiana conservata.

[3] Armando Torno, La tipografia dei Tallone, un carattere per il futuro, in “Corriere della Sera”, 10 ottobre 2010.

[4] Pablo Neruda, pseudonimo legalmente riconosciuto di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nato nel 1904 a Parral (Cile), è tra le più importanti personalità della letteratura latino-americana contemporanea. Ricopre anche diverse cariche politiche: console in Birmania, a Barcellona, a Batavia, a Singapore; riceve l’incarico di console generale a Città del Messico, dove ha la possibilità di rappresentare la propria patria. Il 4 marzo 1945 ottiene la sua prima nomina ufficiale come senatore indipendente in Cile e pochi mesi dopo prende la tessera del Partito Comunista. A causa però dei rapporti tesi tra Neruda e il candidato ufficiale del Partito Radicale per le elezioni presidenziali, Gabriel González Videla, per il quale in un primo momento dirige la campagna elettorale, il poeta culmina in un drammatico discorso (il celebre Yo acuso del 1948) dove vengono elencati i nomi dei minatori tenuti prigionieri nella regione di Bío-Bío, a Lota, per reprimere uno sciopero. Videla emana un ordine d’arresto contro Neruda, per sottrarsi al quale il poeta è costretto all’esilio. Può ritornare in patria solo con l’avvento al potere dell’amico Salvador Allende. Definito da Gabriel García Márquez «il più grande poeta del XX secolo, in qualsiasi lingua» e considerato da Harold Bloom tra gli scrittori più rappresentativi del canone occidentale, è insignito nel 1971 del Premio Nobel per la letteratura – si ricorda anche il premio Lenin per la Pace (1953) e una laurea honoris causa presso Oxford (1965) –. Pablo Neruda muore a Santiago del Cile poco dopo il golpe del generale Augusto Pinochet – a causa del quale stava per andare nuovamente in esilio – nel 1973 (il mistero aleggia attorno alla sua morte: anche se ufficialmente archiviata come causata da un tumore, non si può ancora escludere l’ipotesi di omicidio).

[5] Matilde Urrutia (1912-1985) è una cantante cilena. Incontra per la prima volta Pablo Neruda a Santiago nel 1946, con il quale inizia una relazione clandestina; il poeta, una volta rientrato in Cile, lascia la seconda moglie Delia del Carril per Matilde, con la quale resta sposato dal 1966 fino alla morte. È lei a curare la pubblicazione postuma del libro di memorie di Neruda, Confieso que he vivido (Confesso che ho vissuto). Queste e altre attività l’hanno portata in conflitto con il governo di Pinochet, che ha più volte cercato di sopprimere la memoria di Neruda.

[6] «Quindici anni fa il poeta cileno vide per la prima volta un libro stampato dal tipografo-editore piemontese: erano le poesie di Baudelaire, senza note né commento, presentate in una veste che giudicò perfetta. Da allora nutrì il desiderio di conoscere Alberto Tallone». Da Pablo Neruda parla dei poeti italiani, in “La Stampa”, 8 giugno 1962.

[7] Questa ode vede la stampa nel 1983, tradotta in Ode alla Tipografia, quando il poeta e il suo stampatore sono già morti: la composizione è a cura dei figli di Alberto, Aldo e Enrico. Così scrive Pablo Neruda in questo poema: «Lettere, / continuate a cadere / come pioggia necessaria / sulla mia strada. / Lettere di tutto / ciò che vive / e che muore, / lettere di luce, di luna, / di silenzio, / d’acqua, / vi amo, / e in voi / raccolgo / non solo il pensiero, / e il combattimento, / ma i vostri vestiti, / i sensi / e i suoni: / A / di gloriosa avena, / T / di trigo [frumento] e di torre / e M / come il tuo nome / di mela». Oltre alle iniziali del futuro amico Alberto è presente la lettera M, riferita all’amata Matilde. Cfr. Pablo Neruda, Oda a la Tipografía, Tallone Editore, Alpignano 1983: Id., Ode alla Tipografia, a cura di Giuseppe Bellini, ivi, 2010; «Ode alla Tipografia»: Neruda e Tallone rivivono con Colophon, in “Corriere delle Alpi”, 4 gennaio 2011.

[8] Giorgio Calcagno, La locomotiva di Neruda, in «La Stampa», Torino, 23 ottobre 1997.

[9] Pablo Neruda, Addio a Tallone, in La Coppa di Sangue, traduzione italiana di Giuseppe Bellini, Tallone Editore, Alpignano 1997, p. 83.

[10] «A pranzo ci ha raccontato che il suo babbo di mestiere faceva il conducente di locomotive e che spesso lui, da piccolo, lo aveva accompagnato in uno dei suoi viaggi attraverso il Cile. Era pieno di gioia perché la nostra locomotiva gli ricordava tanto quella del padre», così Bianca ricorda il primo incontro con Neruda in un’intervista rilasciata a Sara Beltrame e contenuta in Ricardo Neftalí Reyes Basoalto, supplemento a “Colors”, 62 (2004) realizzato da Dipartimento Scrittura Creativa di Fabrica.

[11] «Querido maestro, amico y hermano, je vous envoie seulement deux mots de joie à cause du grand bonheur de vous avoir connu, votre compañera Blanca, votre maison, votre imprimerie légendaire, le vin (j’ai oublié une bouteille), la vieille maison au salon rougeorangegranate, le bistrot magnifique et last but not last la locomotive dont la fumée cordiale est encore dans nos cœurs»; Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Arezzo, 14 giugno 1962, lettera manoscritta, Archivio Tallone. Tutte le lettere di Neruda e Matilde sono state dattilografate in «Cher ami…». Lettere di Pablo Neruda a Alberto e Bianca Tallone, a cura di Antonio Motta, in “Nuova Antologia”, 2229 (2004), pp. 178-189.

[12] Giuseppe Bellini, nato nel 1923, ha insegnato presso diverse università italiane: tra le cattedre ricoperte si ricorda quella di Letteratura Spagnola e di Letteratura ispanoamericana presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università Bocconi di Milano e di Lingua e Letteratura spagnola presso l’Università Cattolica di Brescia e di Milano. Ha tenuto conferenze in università europee e americane e diretto missioni culturali per incarico del Consiglio Nazionale delle Ricerche. È stato premiato con molti riconoscimenti ufficiali e gli sono state conferite ben quattro lauree honoris causa (presso le università di Mérida, Salamanca, Perpignan e Napoli). Ad oggi ha pubblicato fino ad oggi 58 volumi di critica letteraria nell’ambito ispanico e americano, più di 500 tra saggi e recensioni, circa 100 volumi di traduzioni e edizioni di testi (specialmente di letteratura spagnola medievale, teatro spagnolo e americano e autori contemporanei).

[13] Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Arezzo, 14 giugno 1962, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[14] Ibidem.

[15] Giuseppe Bellini a Pablo Neruda, Roma, 27 giugno 1962, copia dattiloscritta, Archivio di Santiago.

[16] Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Capri, 29 giugno 1962, telegramma, Archivio Tallone.

[17] «Cher ami: voici le titre complet: Sumario Libro primero donde nace la lluvia on peut supprimer Primero et si vous preferez aussi Libro restant seulement donde nace la lluvia». Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Isla Negra, dicembre 1962, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[18] «Je suis heureux de voir approcher le moment où le livre sera né». Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Isla Negra, 20 gennaio 1963, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[19] L’edizione originale in spagnolo fu stampata in 300 esemplari: 15 su Japan Kifì nacré, 50 su vergata Van Gelder Zonen e 235 su Magnani di Pescia.

[20] Pablo Neruda, prefazione a Sommario. Libro dove nasce la pioggia, a cura di Giuseppe Bellini, Tallone Editore, Alpignano 1963, p. 11.

[21] Ibidem.

[22] «Cher ami…». Lettere…, pp. 5-6.

[23] In una lettera gli chiede addirittura dove acquistare l’edizione talloniana di Sumario a Parigi (scrive che alcuni suoi amici «l’ont cherché sans succès»). Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Isla Negra, 28 agosto 1963, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[24] Neruda in questa lettera si dimostra un poco abbattuto: «Au revoir, le Nobel a volé sur moi et s’est perdu dans le ciel grec», così scrive; il premio Nobel del 1963 infatti viene assegnato al poeta, saggista e diplomatico greco Giorgos Seferis, “volando” al di sopra del poeta cileno. Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Isla Negra, 25 ottobre 1963, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[25] «Cher ami, cet poncho est pour vous. Je l’apporte de notre Amérique avec toute mon amitié et admiration». Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Parigi, 7 aprile 1964, biglietto manoscritto, Archivio Tallone.

[26] Pablo Neruda ad Alberto Tallone, Isla Negra, 19 febbraio 1965, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[27] Ibidem.

[28] Alberto e Bianca Tallone a Pablo Neruda, Alpignano, 7 settembre 1965, copia dattiloscritta, Archivio di Santiago.

[29] Nel medesimo biglietto compare un altro messaggio: «Quando torna nella mia officina?», firmato Madino T..

[30] La cartolina, destinata al “Poeta” Pablo Neruda, reca: «Il tipografo di Neruda che aspetta un nuovo testo: i Poemi in prosa. Con affetto, l’amico Tallone e la sua Bianca». La promessa fatta dal poeta tre anni prima è fissa nella mente dell’editore, anche mentre è impegnato nella mostra madrilena sulle edizioni dantesche. Alberto e Bianca Tallone a Pablo Neruda, Madrid, 25 maggio 1966, cartolina, Archivio di Santiago.

[31] «Hier soir nous étion dans une assemblée très élevée et Bianca a lu plusieurs poèmes de Sumario. […] J’ai annoncé que j’attends de vous les “poems en prose”. Quand on pourrait se revoir? Vers la fin du mois je me rends à Paris». Alberto (Madino) e Bianca Tallone a Pablo e Matilde Neruda, Alpignano, 7 gennaio 1967, copia dattiloscritta, Archivio di Santiago.

[32] Pablo Neruda a Bianca Tallone, Isla Negra, 7 maggio 1968, lettera manoscritta, Archivio Tallone.

[33] Pablo e Matilde Neruda ad Alberto e Bianca Tallone, Isla Negra, 23 maggio 1968, copia dattiloscritta, Archivio Tallone.

[34] Pablo Neruda, Addio a Tallone, in La Coppa di Sangue, p. 80. Per l’opera e le edizioni talloniane si veda il capitolo II.2.

[35] Bianca Tallone ad Antonio Motta, 19 novembre 2003, lettera.

[36] «[Pablo Neruda] Mi raccontava sempre di Isla Negra. Ci sedevamo al tavolo, qui, per mangiare – per lui era sempre una festa mangiare insieme e bere il vino rosso – e iniziava a raccontare di Isla Negra. “Devi venire a vedere Isla Negra. Perché non è come tutti i posti di mare che si trovano nel mondo. Lei ha dei fiori, Bianca, dei fiori che arrivano magari fino al soffitto!”. Mi aveva spedito il biglietto per Isla Negra, un giorno, ma io avevo i due bambini piccoli, mio marito era morto, ero sola e così non sono potuta partire. Non ci sono mai andata»; Bianca Tallone nell’intervista di Sara Beltrame in Ricardo Neftalí Reyes Basoalto.

[37] Questa la motivazione dell’assegnazione del premio: «per una poesia che con l’azione di una forza elementare porta vivo il destino ed i sogni del continente [americano]». Cfr. <http://www.nobelprize.org/nobel_prizes/literature/laureates/1971> (ultima consultazione 8 gennaio 2016).

[38] «Chère et belle amie Bianca, je vous envoie le Premier Discours, très court. Je pense che peut être on pourrait le faire en cursive (bastardilla) très grande, même 22, comme dans les éditions Foppens, flamandes du XVII ou certaines Bodoni. C’est à vous, charmante autorité, de décider». Pablo Neruda a Bianca Tallone, Normandia, 19 marzo 1972, lettera manoscritta, Archivio Tallone. I caratteri olandesi richiesti da Neruda in questa lettera non vengono adoperati (la stamperia infatti non ne possedeva di tale tipo), si opta invece per i “talloniani” Garamond. Dell’edizione, in lingua spagnola, vengono impressi 270 esemplari su carta Sant’Ilario di Pescia, 35 su carta Japan Hosho, 25 su carta Torinoko Kozu, 10 su carta Torinoko Elfenbeine. La prima copia del Discorso di Stoccolma viene inviata al presidente del Cile Salvador Allende, amico fraterno di Neruda.

[39] «Siamo diventati subito amici, dal primo giorno. Quando mio marito è morto lui mi ha detto: “Bianca, tu devi continuare!”, così mi ha detto e mi ha dato da pubblicare il discorso di Stoccolma, quello del premio Nobel. Allora mi son fatta coraggio e ho iniziato a lavorarci e, mentre stampavo, insegnavo ai miei due figli questo mestiere e loro poi lo hanno insegnato ai loro figli. Era un uomo straordinario!»; Bianca Tallone nell’intervista di Sara Beltrame in Ricardo Neftalí Reyes Basoalto.

[40] Cfr. Bianca Tallone ad Antonio Motta, 1 dicembre 2003, lettera.

[41] Bianca Tallone nell’intervista di Sara Beltrame in Ricardo Neftalí Reyes Basoalto.

[42] «Si era rifugiata da amici fedeli, dove si sentiva più tranquilla e molto più sicura»; Bianca Tallone ad Antonio Motta, 23 novembre 2003, lettera.

[43] «Queridísima Bianca, muchas gracias por tus cariñosas palabras, que me han servido de consuelo en estos duros momentos de immenso dolor». Matilde Neruda (Urratia) a Bianca Tallone, Isla Negra, 1 novembre 1973, copia dattiloscritta, Archivio Tallone.

[44] «Bianca queridísima, aqui te mando este libro de Pablo que lo tituló 2000». Matilde Neruda (Urratia) a Bianca Tallone, Caracas, 26 novembre 1973, copia dattiloscritta, Archivio Tallone.

[45] Cfr. Pablo Neruda, 2000, Tallone Editore, Alpignano 2004.


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).