Il successo dei Promessi sposi è stato tale da incentivare numerose opere che ruotano intorno al capolavoro manzoniano e ne prendono in considerazione una serie di aspetti peculiari, li riadattano per una diversa finalità (didattica, parodica ecc.) o un differente mezzo, quale cinema e teatro.

Nel mondo delle antologie

Molte sono le edizioni antologiche dedicate a personaggi emblematici del romanzo. I casi più affrontati sono quelli della monaca di Monza e dell’Innominato, ma non mancano monografie dedicate alla figura del Sarto, a don Ferrante, all’avvocato Azzecca-Garbugli o agli altri personaggi religiosi. Letture Manzoniane ’87[1] è una raccolta edita dal Centro Nazionale di studi Manzoniani di Milano nel 1988 i cui saggi hanno per oggetto alcuni personaggi dei Promessi sposi.

Non mancano poi editori che pubblicano opere nelle quali sono contenuti solo alcuni capitoli del romanzo, oppure ripercorrono le vicende del capolavoro offrendo al lettore il «sugo di tutta storia». Nel 2000 ad esempio, viene ultimata la stampa, presso la casa editrice Beretta per Lecco, a cura di Riello SpA, di un volume[2] intitolato I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta contenente i capitoli dal XXII al XXV, il cui testo è preceduto da un saggio di Danilo Zardin, Federico Borromeo: “Chi era costui?”, tradotto anche in inglese e seguito dai riassunti dei capitoli presenti nell’edizione. Si tratta di un’opera con la copertina cartonata, rivestita di tessuto blu. All’interno delle pagine sono presenti ampi spazi bianchi attorno al testo dei capitoli e sono inserite alcune pagine in carta patinata a colori che riproducono frasi tratte dai capitoli o immagini del cardinale di proprietà della Biblioteca Ambrosiana.

Copertina dell’antologia dei Promessi sposi, edisco, Torino 2008.

Sono poi molto frequenti le edizioni antologiche scolastiche che offrono agli studenti degli assaggi del romanzo. Le più recenti sono spesso accompagnate da supporti digitali come I promessi sposi. Antologia,[3] editi nel 2011 da Petrini, o l’omonimo volume[4] pubblicato nello stesso anno dalla Loescher e curato da Gilda Sbrilli che cerca di catturare l’interesse del lettore inserendo sulla quarta di copertina la celeberrima frase tratta dall’introduzione del romanzo «nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva male che una storia così bella dovesse rimanere tuttavia sconosciuta; perché…a me era parsa bella, come dico, molto bella».[5] Altri esempi sono I Promessi Sposi[6] del 2010 della casa editrice Bulgarini, un’edizione antologica con guida alla lettura[7] e commento a cura di Enrico Ghidetti, nata dalla collaborazione con il Centro Nazionale di Studi Manzoniani e l’edizione[8] di edisco del 2008 a cura di Marco Romanelli e Giuseppe Battaglia nata proprio per rispondere alle esigenze[9] imposte dai tempi scolastici.

Riadattamenti, satire, parodie e reinterpretazioni

Come molti altri capolavori, anche l’opera di Manzoni non è stata relegata al solo piano letterario, ma ha varcato anche le soglie della drammaturgia e del cinema. Ne sono alcuni esempi Lucia Mondella ovvero I promessi sposi. Dramma per Ferdinando Villani[10] edito a Lanciano presso Masciangelo nel 1869 nella cui prefazione[11] l’autore sottolinea il suo impegno a rispettare il più possibile le intenzioni messe a punto da Manzoni.

Prima pagina dei Promessi Topi pubblicati da Walt Disney su “Topolino” nel 1989.

Altri esempi sono I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti[12] di Antonino Catulli, I promessi sposi. Riduzioni teatrali[13] di Anne-Christine Faitrop Porta, I promessi sposi nel cinema[14] di Vittorio Martinelli e Matilde Tortora e Promessi sposi d’autore: un cantiere letterario per Luchino Visconti[15] in cui i due curatori, Salvatore Silvano Nigro e Silvia Moretti, ricostruiscono la storia del cantiere di scrittura cinematografica dei Promessi sposi raccogliendo e ordinando i progetti di scrittori e intellettuali come, ad esempio, Alberto Moravia, Emilio Cecchi, Giorgio Bassani. Tra i vari riadattamenti che sono stati fatti del capolavoro di Manzoni spiccano quelli linguistici, eccone alcuni esempi: Nuizes, libera traduzione e interpretazione de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni in vernacolo ladino[16] di Debettin Giovanni, edito a Milano da Tetragono nel 1983; “Ste spusalizi un’ s’à da fè!” I promessi sposi in dialetto romagnolo[17] di Farneti Duilio, edito da Stilgraf a Cesena nel 1986; I Promessi sposi in poesia napoletana[18] di Raffaele Pisani, edito a Catania nel 2013 presso la Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero. Non mancano poi le edizioni satiriche come i celebri Promessi sposi[19] di Guido da Verona o I Promessi topi[20] o I Promessi paperi[21] editi dalla Walt Disney rispettivamente nel 1989 e 1976 su “Topolino”.

Guido da Verona, I Promessi sposi, Società Editrice Unitas, Milano 1930.

Una delle edizioni satiriche più famose dei Promessi sposi è quella realizzata da Guido da Verona nel 1930.[22] L’opera, pubblicata dalla Società Editrice Unitas di Milano, mantiene il titolo dell’originale manzoniano I Promessi Sposi,[23] ma con annesso il sottotitolo di Alessandro Manzoni e Guido da Verona. Di quest’opera sono stati impressi anche cento esemplari numerati. A causa delle sue caratteristiche l’opera viene messa al bando[24] nel 1929 sia da parte dell’autorità religiosa, sia da parte del regime fascista: infatti l’autore decide di riprendere la vicenda di Renzo e Lucia trasportandola negli anni venti e con l’inserimento di aspetti poco conformi alla morale e al clima del regime, come evidenziato dalla seconda di copertina dell’edizione del 1998:

Lucia è una bellezza provinciale che parla francese e che, per farsi strada a ogni costo, non si rifiuta a nessuno, tranne che a Renzo. Quest’ultimo viaggia in Fiat 525, mentre Don Rodrigo, più comodamente, in Chrysler. L’astuto Don Abbondio invece, va a letto con la perpetua e converte i vecchi Buoni del Tesoro in Prestito del Littorio. Per non parlare della Monaca di Monza, lascivissima e con spiccate tendenze lesbiche. Il rifacimento del capolavoro manzoniano risulta divertente quanto intelligente.[25]

Quest’opera segna una sorta di svolta nel rapporto tra Guido Da Verona e Alessandro Manzoni: più volte Guido da Verona manifesta il suo disappunto nei confronti dell’autore milanese, sia per le sue opere in versi, sia per quelle in prosa[26] ma leggendo la sua Introduzione ai Promessi sposi i toni nei confronti di Alessandro Manzoni sono molto più pacati e positivi.

Apertura al fotoromanzo

Inizio dell’opera I Promessi sposi. Grande fotoromanzo del capolavoro di Alessandro Manzoni, Mondadori, Milano 1953.

Il fotoromanzo è un genere di letteratura popolare nato in Italia nel 1946[27] e poi diffusosi in tutto il mondo, destinato principalmente a un pubblico femminile. Si tratta di una sorta di racconto in sequenze, accompagnato da disegni, fotografie, dialoghi e didascalie. La cosa che più incuriosisce di questo fenomeno editoriale è la sua popolarità.

I principali protagonisti di questo fenomeno sono “Grand Hotel” della casa editrice Universo, “Bolero film” di Mondadori e “Sogno” di Rizzoli. Negli anni cinquanta è proprio “Bolero Film” che dà alla luce “Le Grandi Firme”, una serie pensata per riadattare il testo di romanzi classici secondo le caratteristiche del nuovo genere. Tra gli autori scelti per queste rivisitazioni non può mancare Alessandro Manzoni con i suoi Promessi sposi.[28] Mondadori presenta questa novità editoriale con grande entusiasmo senza rinunciare però a un tono provocatorio nei confronti di un lettore scettico e sfavorevole al fotoromanzo e alla sua ormai raggiunta maturità:

Per quelli che non considerano ancora il fotoromanzo come una forma d’arte o per lo meno come un moderno linguaggio «volgare» nel senso classico e nobile della parola; per quelli insomma che ancora dubitano che questo nostro tempo dinamico e atomico sia all’affannosa ricerca di un nuovo mezzo d’espressione adeguato al secolo della rapidità e della televisione, una riduzione a fotoromanzo dei Promessi sposi potrebbe apparire in qualche modo come una fatica per lo meno arrischiata, se non vana. Proprio a coloro che si mostrano dubbiosi, siamo lieti di offrire questo Albo-Bolero che racchiude, in immagini fotografiche, l’immortale capolavoro. […] In questa riduzione, personaggi ambienti, costumi, paesaggi, sono rigorosamente aderenti al testo manzoniano, e soprattutto il dialogo del grande scrittore milanese è stato, perfino nelle virgole, scrupolosamente rispettato. Tutte le figure del libro, da Lucia a Renzo, da don Abbondio a padre Cristoforo e don Rodrigo, appaiono vive così come il lettore del romanzo le vede balzare da quelle mirabili pagine. È dunque con giustificato orgoglio che offriamo ai nostri lettori questo nuovo Albo-Bolero che può essere definito il gioiello della Collana Capolavori.[29]

Un caso editoriale dunque, questo, particolare rispetto agli altri: un tentativo di avvicinamento dell’opera manzoniana a un pubblico più vasto, femminile e popolare che altrimenti, con molta probabilità, non si sarebbe mai avventurato nella lettura di un romanzo di una portata tale. Una sorta di sfida, intrapresa da Mondadori che per l’ennesima volta ha raggiunto un grande successo seguendo tre aspetti fondamentali: «primo aver creato nuovi canali di vendita – secondo offerta di opere di alto valore letterario – aver fede costanza e coraggio nelle imprese nelle quali si crede».[30]

Saggistica

Moltissime sono le opere dedicate all’analisi di caratteristiche e aspetti particolari del romanzo e delle loro trasformazioni nelle diverse edizioni.[31]  Tante forniscono delle chiavi di lettura per affrontare l’opera[32] offrendo una preparazione di fondo sui temi toccati da Manzoni: ad esempio le condizioni storiche dell’epoca in cui è ambientato il romanzo e quelle contemporanee all’autore o l’epidemia di peste e tutto ciò che ne consegue; riguardo a quest’ultima è un esempio significativo il saggio di Antonio Guadagnoli presente nell’anonimo volume Storia della famosa peste di Milano, edito da Pagnoni, intitolato Elegia episodio estratto dalla descrizione della peste di Milano inserita nel romanzo “I promessi sposi” di A. Manzoni.[33]

Illustrazione della casa di Lucia in Giuseppe Bindoni, La topografia del romanzo I promessi sposi, Enrico Rechiedei, Milano 1895.

Alcuni saggi si concentrano su alcune città citate nel romanzo, come Giuseppe Belotti nell’opera Bergamo nei promessi sposi[34] o Empio Malara che invece si sofferma sulla città di Milano nell’opera, nata in collaborazione con il Centro Nazionale di Studi manzoniani, I paesaggi dei Promessi Sposi. Le bellezze della grande Milano svelate da Alessandro Manzoni[35]. Nel 1895 Giuseppe Bindoni pubblica presso l’editore Enrico Rechiedei di Milano un’opera intitolata La topografia del romanzo I promessi sposi,[36] corredata da carte topografiche, tipi e vedute.[37] L’autore ripercorre i luoghi del romanzo attraverso citazioni e riferimenti tratti dal testo di Manzoni. Alla fine dell’opera una sezione è dedicata a uno dei luoghi dove visse Manzoni per un certo periodo, il palazzo al Caleotto, in cui ha iniziato a progettare il suo romanzo.[38]

Estratto da: Simona Bressan, I volti di un classico: itinerario tra casi editoriali dei Promessi sposi, tesi di laurea, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 2015-2016, relatore Chiar.mo prof. Roberto Cicala.

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