Torna disponibile in Italia ChatGPT, il più popolare chatbot, un software che grazie all’intelligenza artificiale elabora conversazioni scritte o parlate permettendo di interagire con ogni dispositivo digitale come quando si comunica con persone reale, ma in più aiuta a scrivere articoli o testi in uno stile corretto, fare ricerche complesse, risolvere problemi matematici e programmare tramite l’utilizzo di un potentissimo motore di AI che elabora miliardi di dati e fonti in pochi secondi. Per capire che cosa comporta l’Intelligenza artificiale alla portata di tutti rispetto all’editoria e alla cultura abbiamo raccolto alcune risposte di Roberto Cicala, docente di editoria libraria e multimediale in Università Cattolica, editore e autore di I meccanismi dell’editoria edito dal Mulino in cui si accenna all’impatto della digitalizzazione nella comunicazione editoriale. 

La tecnologia dell’Intelligenza Artificiale con ChatGPT riuscirà a coprire ogni ricerca e gestione delle informazioni che ci servono?
Siamo di fronte a un’innovazione che crea fascino: pensiamo al milione di utenti nei primi dieci giorni e al gran dibattito in corso. È uno strumento che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane, con ricerche complessissime di contenuti in pochi secondi: è in qualche modo un generatore di linguaggio, che accorpa informazioni con un’operazione di cultura formidabile ma meccanica, diversa dalla conoscenza umana profonda, dal sapere dell’esperienza e della tradizione.
Come ha scritto Alessandro Carrera in uno stimolante pamphlet pubblicato da poco, Sapere, è la dimostrazione che oggi si può essere informati di tutto senza sapere nulla. Potremmo dire però che è una forma di democratizzazione della cultura, quindi con molti punti positivi.

Ci sono aspetti del lavoro editoriale che non potranno mai essere sostituiti dalla tecnologia oppure tutto sarà asservito all’AI?
Se pensiamo al lavoro editoriale, che è una mediazione culturale tra autori e lettori, non basta avere uno stile corretto e far ricerche di tipo nozionistico.
Per esempio: la letteratura è scarto dalla norma, è cambiare direzioni, partire da una cosa per arrivare a un’altra, sulla base di informazioni della vita interiore e non solo presenti sul web. La persona umana è fatta di mente e cuore e inconscio, la macchina è fatta di algoritmi.
La sfida è allora connettere le diverse competenze per arrivare a comprenderle non secondo una logica univoca.
Non serve avere più informazioni ma interpretarle per vivere meglio.

Ormai l’Intelligenza Artificiale è necessaria, soprattutto nella gestione dei contenuti e della comunicazione editoriale. Quindi che cosa sta cambiando e ci sono dei pericoli?
Ogni attività si sta smaterializzando ma non da oggi (e probabilmente in futuro, come è stato detto, non dovremo neppure toccare lo schermo dei nostri dispositivi per interagire con loro) ma non possiamo farci nulla.
Sono d’accordo con chi dice che l’immutabile legge della tecnologia impone che i suoi doni non si possano rifiutare: possiamo scappare ma ci rincorrono. E non è sempre un male. Come non è così negativo che ChatGTP decreti la fine dei temini scolastici facendoci comprendere che la formazione e l’e-learning deve attraversare nuove frontiere, spingendoci a capire che più dell’algoritmo e dell’informazione nozionistica conta la riflessione legata all’esperienza. Credo che la nuova app sarà utile per spunti, brain storming e revisioni, perché non potrà fare tutta la mediazione intellettuale necessaria per un contenuto editoriale o formativo complesso.
Però pericoli ce ne possono essere se non c’è un filtro critico, come nei vari massmedia d’un tempo e nei social di oggi, perché anche il web ha un lato oscuro, non dimentichiamolo.
Comunque l’algoritmo non ha un’anima e neppure un inconscio. L’editoria e i libri, di carta o di bit, sì, e perché ogni tecnologia ci può migliorare e cambiare, senza essere succubi delle macchine.

 

Tratto da dichiarazioni su Linkedin

 


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).