L’analisi di alcune edizioni dei Promessi sposi, di progetti editoriali antologici e di riadattamenti del capolavoro manzoniano che varcano il confine del testo letterario, come, ad esempio, i fotoromanzi o le edizioni teatrali e cinematografiche.

Il successo dell’opera manzoniana è stato tale da incentivare anche una serie infinita di opere che non contengono il testo del romanzo integralmente, ma ruotano intorno ad esso. Queste opere possono contenere estratti di testo o citazioni più o meno lunghi oppure riadattamenti e parodie del testo.

Casi di edizioni antologiche

Molte sono le opere dedicate a personaggi emblematici del romanzo: sono delle edizioni antologiche contenenti gli estratti di testo che riguardano i protagonisti: i casi più affrontati sono quelli della monaca di Monza o dell’Innominato, ma non mancano monografie dedicate alla figura del Sarto, a don Ferrante, all’avvocato Azzecca-Garbugli o agli altri personaggi religiosi. Letture Manzoniane ’87[1] è una raccolta edita dal Centro Nazionale di studi Manzoniani di Milano nel 1988 in cui ci sono saggi che hanno per oggetto alcuni dei personaggi dei Promessi sposi e che fanno riferimento ai relativi capitoli del romanzo: Don Ferrante o la genialità del concreto di Edoardo Villa, Azzecca-Garbugli e il dispregio della parola di Sergio Pautasso e Dove si scopre un don Abbondio solitario e infelice di Geno Pampaloni.

Non mancano poi editori che pubblicano opere con un’ampia serie di estratti di testo del romanzo che ripercorrono solo alcuni capitoli ma nella loro interezza, oppure ripropongono i punti salienti del capolavoro offrendo al lettore il «sugo di tutta storia». Nel 2000 ad esempio, viene ultimata la stampa, presso la casa editrice Beretta per Lecco, a cura di Riello SpA, di un volume[2] intitolato I promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta contenente i capitoli dal XXII al XXV, il cui testo è preceduto da un saggio di Danilo Zardin, Federico Borromeo: “Chi era costui?”, tradotto anche in inglese e seguito dai riassunti dei capitoli presenti nell’edizione. Partendo dalla domanda messa in bocca a don Abbondio, Zardin cerca di ricostruire il profilo del cardinale, protagonista dei capitoli in questione e riprodotti in questa edizione: «la domanda può essere adattata anche al potente cardinale che governava su Milano al tempo in cui sono ambientati i fatti dei promessi sposi». Si tratta di un’opera con la copertina cartonata, rivestita di tessuto blu. All’interno delle pagine sono presenti ampi spazi bianchi attorno al testo dei capitoli e sono inserite alcune pagine in carta patinata a colori che riproducono frasi tratte dai capitoli o immagini del cardinale di proprietà della Biblioteca Ambrosiana.

Sono poi molto frequenti le edizioni antologiche scolastiche che offrono agli studenti degli assaggi del romanzo, alcuni esempi tra quelle più recenti sono spesso accompagnate da supporti digitali come I promessi sposi. Antologia,[3] editi nel 2011 da Petrini o l’omonimo volume[4] pubblicato nello stesso anno dalla Loescher e curato da Gilda Sbrilli che cerca di catturare l’interesse del lettore inserendo sulla quarta di copertina la celeberrima frase tratta dall’introduzione del romanzo «nell’atto però di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva male che una storia così bella dovesse rimanere tuttavia sconosciuta; perché…a me era parsa bella, come dico, molto bella».[5] Altri esempi sono I Promessi Sposi[6] del 2010 della casa editrice Bulgarini, un’edizione antologica con guida alla lettura[7] e commento a cura di Enrico Ghidetti, nata dalla collaborazione con il Centro Nazionale di Studi Manzoniani o l’edizione[8] di Edisco del 2008 a cura di Marco Romanelli e Giuseppe Battaglia nata proprio per rispondere alle esigenze[9] imposte dai tempi scolastici.

 

 

Copertine delle edizioni scolastiche antologiche edite da Petrini nel 2011, Loescher nel 2011, Bulgarini nel 2010 ed Edisco nel 2008.

Leggendo i Promessi sposi: il sarto

Angelo Restelli fece pubblicare nel 1927 presso la scuola tipografica Istituto san Vincenzo di Milano il libro intitolato Leggendo i promessi sposi: il sarto.[10] Si tratta di un’opera dedicata ad uno dei personaggi abbastanza secondari del romanzo la cui scelta è dovuta ad una vicenda biografica dell’autore: per caso un giorno ritrova in un cassetto sei foglietti sparsi contenenti delle annotazioni e degli appunti da lui scritti durante la lettura dei Promessi sposi riguardanti proprio questo personaggio. Il ritrovamento lo porta a realizzare un libro: «Raccolsi i foglietti, li ordinai, li ripulii, li rimpolpai, li numerai e, infine, li cucii assieme. Quando li ebbi ben cuciti…mi ritrovai tra le mani un libro bell’e fatto. E quando s’è fatto un libro…non resta che pubblicarlo».[11] Sempre nella prefazione l’autore aggiunge una nota di merito e di devozione a Manzoni, sostenendo che il lettore nel suo scritto avrebbe trovato molto più materiale appartenente all’autore dei Promessi sposi che a lui. Indica poi l’edizione seguita per le citazioni: quella speciale per il centenario 1821-1921 fatta da Ulrico Hoepli e illustrata da Gaetano Previati. Le citazioni di porzioni di testo tratte dal romanzo sono molto frequenti e sono seguite dalle indicazioni dei capitoli e delle righe.[12] Da un punto di vista contenutistico si dedica in prima battuta al ritratto del personaggio sottolineando il suo lato debole con le dovute attenuanti, poi si sofferma sulla famiglia, la moglie e i figli. Passa poi alle sue qualità: la carità declinata nell’ospitalità e nell’altruismo come l’episodio dell’elemosina alla vedova.

Manzoni e la Monaca di Monza

A Milano nel 1964, presso la casa editrice Cino del Duca, Le Edizioni Mondiali S.p.A., esce il libro[13] di Mario Mazzuchelli Manzoni e la Monaca di Monza.[14]

Nel primo capitolo Mario Mazzucchelli si dedica alle fonti storiche e letterarie a cui si rivolge Manzoni per il personaggio analizzato: principalmente La Religieuse di Diderot del 1796, ispirata alla vicenda di una monaca di Longchamp e il dramma di Jean François la Harpe Melanie ou la Religieuse scritto nel 1778 e rappresentato solo nel 1791. Di queste fonti l’autore riporta estratti di testo che mette a confronto con quelli tratti dai Promessi sposi. Nel secondo capitolo si concentra sull’episodio di Geltrude nel Fermo e Lucia e di Gertrude[15] nei Promessi sposi. L’autore riporta il testo delle due edizioni su due colonne «in modo che il lettore possa agevolmente constatare le diversità di concezione, proporzione, svolgimento e stile fra l’episodio della monaca di Fermo e Lucia e quello dei Promessi Sposi dell’edizione definitiva del 1840».[16] Il testo dei Promessi sposi è in corsivo, più breve di quello del Fermo e Lucia: ci sono delle pagine che contengono solo il testo nella colonna dedicata al Fermo, mentre la colonna accanto è vuota perché quella parte è stata tagliata nell’edizione definitiva. Nel terzo capitolo l’autore si sofferma sul raffronto tra Gertrude e suor Virginia nei riguardi di Egidio e dell’Osio: riporta il testo del Fermo e Lucia a confronto con quello di Ripamonti che testimonia la vicenda di questa monaca. Nel quarto capitolo si concentra sulle due edizioni dei Promessi sposi e sul loro rapporto con la critica e nel quinto sulla psicologia di Gertrude ed Egidio riportando il testo delle due edizioni a confronto. Nell’ultimo infine offre una panoramica sul personaggio di Gertrude in relazione al tempo in cui vive.

Con quest’opera l’autore si pone come obiettivo quello di colmare una lacuna di molti italiani riguardo questo personaggio diventato così popolare tanto che conclude in questo modo la prefazione:

troppi italiani, nonostante tanti congressi e conferenze, ignorano ancora – ed è tutto dire – come fra la sventurata del Manzoni e la de Leyra esista più vivo che mai anche il personaggio di Suor Geltrude, quello di «Fermo e Lucia», molto più vicino alla realtà storica della sua stupenda ma affievolita sorella e in pari tempo, pur sempre creazione autentica di Alessandro Manzoni, anche se da lui implicitamente sconfessata.[17]

Copertina dell’opera. Mario Mazzuchelli, Manzoni e la monaca di Monza, Cino del Duca. Le edizioni mondiali S.p.A., Milano 1964.

Pagina 37: il testo del romanzo a confronto con il testo delle fonti. Mario Mazzuchelli, Manzoni e la monaca di Monza, Cino del Duca. Le edizioni mondiali S.p.A., Milano 1964.

 

Riadattamenti linguistici, teatrali, cinematografici, satire, parodie e reinterpretazioni

Come molti altri capolavori, anche l’opera di Manzoni non è stata relegata al solo piano letterario, ma ha varcato anche le soglie della drammaturgia e del cinema. Possiamo quindi trovare edizioni contenenti il testo del romanzo manzoniano riadattato per la scena o il grande schermo oppure opere che documentano i processi di preparazione dei Promessi sposi a questi due ambiti. Ne sono alcuni esempi Lucia Mondella ovvero I promessi sposi. Dramma per Ferdinando Villani[18] edito a Lanciano presso Masciangelo nel 1869 nella cui prefazione[19] l’autore sottolinea il suo impegno a rispettare il più possibile le intenzioni messe a punto da Manzoni rispetto, ad esempio, ad Adolfo de Cesare nell’ Atto notorio, un’altra opera teatrale modulata sul romanzo manzoniano del 1853:

Però egli [Adolfo de Cesare] (e tralascio qualunque altra osservazione) vagheggiò in preferenza il tipo comico, e burlesco, e, non che seguire lo accaduto, soffermassi ad una parte sola del romanzo, mettendo a maggior vista i casi, e gl’impacci di don Abbondio. Cangiato costui in un notaio, immagina che Cecco Mondella abbia abbandonata da molti anni la sua famiglia, senza dare di sé più notizia, e che dovendosi maritar Lucia, sua figlia, con Renzo Tramaglino, vi sia mestieri di un atto notorio, attestante l’assenza del padre di lei per supplire al consenso richiesto. Di qui lo incarico e le resse a don Abbondio, notaio del paese, da parte degli sposi; di qui pure il divieto datogli da don Rodrigo, che aveva post’occhio a Lucia, perché le nozze non avvenissero. […] Dalla quale narrazione chi ha letto i Promessi Sposi, e ne ricorda lo argomento, già scorge di quanto se ne allontani il de Cesare per riuscire nello scopo proposto, laddove poi dal mio libro risulterà ben chiaro che, postomi per diverso cammino, io vidi il soggetto in una sfera più alta, e mi attenni più strettamente al romanzo, serbando nel miglior modo possibile lo schema istesso de’ dialoghi, e quasi talvolta i concetti medesimi dell’autore. Ma non è già che il mio dramma sia esente da licenze, a cui ricorsi anch’io.

Altri esempi sono I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti[20] di Antonino Catulli, I promessi sposi. Riduzioni teatrali[21] di Anne-Christine Faitrop Porta, I promessi sposi nel cinema[22] di Vittorio Martinelli e Matilde Tortora e Promessi sposi d’autore: un cantiere letterario per Luchino Visconti[23] in cui i due curatori Salvatore Silvano Nigro e Silvia Moretti ricostruiscono la storia del cantiere di scrittura cinematografica dei Promessi sposi raccogliendo e ordinando i progetti di scrittori e intellettuali come, ad esempio, Alberto Moravia, Emilio Cecchi, Giorgio Bassani. Tra i vari riadattamenti che sono stati fatti del capolavoro di Manzoni spiccano quelli linguistici, eccone alcuni esempi: Nuizes, libera traduzione e interpretazione de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni in vernacolo ladino[24] di Debettin Giovanni, edito a Milano da Tetragono nel 1983; “Ste spusalizi un’ s’à da fè!” I promessi sposi in dialetto romagno[25] di Farneti Duilio, edito da Stilgraf a Cesena nel 1986; I Promessi sposi in poesia napoletana[26] di Raffaele Pisani, edito a Catania nel 2013 presso la Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero. Non mancano poi le edizioni satiriche come i celebri Promessi sposi[27] di Guido da Verona o I Promessi topi[28] o I Promessi paperi[29] editi dalla Walt Disney rispettivamente nel 1989 e 1976 su “Topolino”.

I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti

Un esempio interessante di reinterpretazione dei Promessi sposi[30] in chiave teatrale è offerto dall’opera di Antonino Catulli: I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti.[31] Nella prefazione troviamo esplicitato il motivo che ha spinto l’autore a scegliere come oggetto della sua commedia proprio I promessi sposi:

Ho procurato di trascegliere un soggetto il quale riproducesse l’amore di due sposi e in pari tempo disvelasse in esso il suo senso cristiano.
Quest’argomento con brio e leggiadria di stile ritrovo svolto nel tanto divulgato romanzo: “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni, il quale mentre fa vedere l’amore casto, costante, sincero di Renzo e Lucia, manifesta altresì la loro fedeltà al Signore in mezzo alle più dure traversie. Da questo romanzo ho estratto la presente commedia.[32]

L’intreccio dell’opera, divisa in sei atti, non segue l’ordine delle vicende descritte nel romanzo per esigenze prettamente drammaturgiche; ciò è ben evidente nell’atto quarto in cui viene narrato il ritorno di Lucia dal castello dell’Innominato. Catulli pubblica la sua opera nel 1900 a Roma presso la casa editrice Artigianelli.

Copertina dell’opera. Antonino Catulli, I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti, Artigianelli, Roma 1900.

 

I Promessi sposi di Guido da Verona

Una delle edizioni satiriche più famose dei Promessi sposi è quella realizzata da Guido da Verona nel 1930.[33] L’opera, pubblicata dalla Società Editrice Unitas di Milano, mantiene il titolo dell’originale manzoniano I Promessi Sposi,[34] ma con annesso il sottotitolo di Alessandro Manzoni e Guido da Verona. Di quest’opera sono stati impressi anche cento esemplari su carta speciale numerati da uno a cento.

A causa delle sue caratteristiche l’opera viene messa al bando[35] nel 1929 sia da parte dell’autorità religiosa, sia da parte del regime fascista, infatti l’autore decide di riprendere la vicenda di Renzo e Lucia trasportandola, con molta ironia, negli anni venti, inserendo aspetti poco conformi alla morale e al clima del regime, come dice la seconda di copertina dell’edizione del 1998:

Lucia è una bellezza provinciale che parla francese e che, per farsi strada a ogni costo, non si rifiuta a nessuno, tranne che a Renzo. Quest’ultimo viaggia in Fiat 525, mentre Don Rodrigo, più comodamente, in Chrysler. L’astuto Don Abbondio invece, va a letto con la perpetua e converte i vecchi Buoni del Tesoro in Prestito del Littorio. Per non parlare della Monaca di Monza, lascivissima e con spiccate tendenze lesbiche. Il rifacimento del capolavoro manzoniano risulta divertente quanto intelligente.[36]

Quest’opera segna una sorta di svolta nel rapporto tra Guido Da Verona e Alessandro Manzoni: più volte Guido da Verona manifesta il suo disappunto nei confronti dell’autore milanese, sia per le sue opere in versi, sia per quelle in prosa[37] ma leggendo la sua Introduzione ai Promessi sposi i toni nei confronti di Alessandro Manzoni sono molto più pacati e positivi.

Copertina dell’opera. Guido Da Verona, I Promessi sposi, La Vita Felice 1998.

 

I fotoromanzi

Il fotoromanzo è un genere di letteratura popolare nato in Italia nel 1946[38] e poi diffusosi in tutta Europa e nel mondo intero, destinato principalmente ad un pubblico femminile. Si tratta di una sorta di racconto in sequenze, accompagnato da disegni, fotografie, dialoghi e didascalie. La cosa che più incuriosisce di questo fenomeno editoriale è la sua popolarità, come sottolinea Anna Bravo nell’introduzione alla sua monografia dedicata proprio al fotoromanzo:

quello che importa è però la sua popolarità, immediata, fragorosa, e di dimensioni tali da farne il massimo boom editoriale del dopoguerra. Giovane, più femminile che maschile, più proletario, contadino o piccolissimo borghese che la classe media, il pubblico è fra i meno raggiungibili dagli altri mezzi di comunicazione, e infatti in buona parte è nuovo.[39]

I principali protagonisti di questo fenomeno sono “Grand Hotel” della casa editrice Universo, “Bolero film” di Mondadori e “Sogno” di Rizzoli. Negli anni cinquanta è proprio “Bolero Film” che dà alla luce la serie “Le Grandi Firme” che riadatta il testo di romanzi classici alle linee del nuovo genere con un fine anche pedagogico. Tra gli autori scelti per queste rivisitazioni non può mancare Alessandro Manzoni con i suoi Promessi sposi.[40] Mondadori presenta questa novità editoriale con grande entusiasmo senza rinunciare però a un tono provocatorio nei confronti di un lettore scettico e sfavorevole al fotoromanzo e alla sua ormai raggiunta maturità:

Per quelli che non considerano ancora il fotoromanzo come una forma d’arte o per lo meno come un moderno linguaggio «volgare» nel senso classico e nobile della parola; per quelli insomma che ancora dubitano che questo nostro tempo dinamico e atomico sia all’affannosa ricerca di un nuovo mezzo d’espressione adeguato al secolo della rapidità e della televisione, una riduzione a fotoromanzo dei Promessi sposi potrebbe apparire in qualche modo come una fatica per lo meno arrischiata, se non vana. Proprio a coloro che si mostrano dubbiosi, siamo lieti di offrire questo Albo-Bolero che racchiude, in immagini fotografiche, l’immortale capolavoro. […] In questa riduzione, personaggi ambienti, costumi, paesaggi, sono rigorosamente aderenti al testo manzoniano, e soprattutto il dialogo del grande scrittore milanese è stato, perfino nelle virgole, scrupolosamente rispettato. Tutte le figure del libro, da Lucia a Renzo, da don Abbondio a padre Cristoforo e don Rodrigo, appaiono vive così come il lettore del romanzo le vede balzare da quelle mirabili pagine. È dunque con giustificato orgoglio che offriamo ai nostri lettori questo nuovo Albo-Bolero che può essere definito il gioiello della Collana Capolavori.[41]

Un caso editoriale dunque, questo, particolare rispetto agli altri: un tentativo di avvicinamento dell’opera manzoniana a un pubblico più vasto, femminile e popolare che altrimenti, con molta probabilità, non si sarebbe mai avventurato nella lettura di un romanzo di una portata tale. Una sorta di sfida, intrapresa da Mondadori che per l’ennesima volta ha raggiunto un grande successo seguendo tre aspetti fondamentali: «primo aver creato nuovi canali di vendita – secondo offerta di opere di alto valore letterario – aver fede costanza e coraggio nelle imprese nelle quali si crede».[42]

Copertina dell’opera. I Promessi sposi. Grande fotoromanzo del capolavoro di Alessandro Manzoni, Mondadori, Milano 1953.

Inizio del fotoromanzo. I Promessi sposi. Grande fotoromanzo del capolavoro di Alessandro Manzoni, Mondadori, Milano 1953.

 

Casi di edizioni saggistiche

Moltissime sono le opere dedicate all’analisi di caratteristiche e aspetti particolari del romanzo e delle loro trasformazioni nelle diverse edizioni.[43] Molte forniscono delle chiavi di lettura per affrontare l’opera[44] offrendo una preparazione di fondo sui temi toccati da Manzoni: ad esempio le condizioni storiche dell’epoca in cui è ambientato il romanzo e quelle contemporanee all’autore o l’epidemia di peste e tutto ciò che ne consegue; riguardo a quest’ultima è un esempio significativo il saggio di Antonio Guadagnoli presente nell’anonimo volume Storia della famosa peste di Milano, edito da Pagnoni, intitolato Elegia episodio estratto dalla descrizione della peste di Milano inserita nel romanzo “I promessi sposi” di A. Manzoni.[45] Sono frequenti anche saggi critici sulla lingua del Romanzo che contengono porzioni di testo interessanti proprio da questo punto di vista oltre alle guide di lettura sulla poetica dell’autore o sul suo rapporto con il vero e con i modelli.

I Promessi sposi è un romanzo ambientato in luoghi precisi toccati da eventi storici di grande importanza come, ad esempio, l’epidemia di peste, i tumulti a Milano, le visite pastorali del cardinale o la sottomissione a potenze straniere, proprio per questo molti studiosi si sono soffermati sulle località che sono state teatro di queste vicende e di quelle vissute dai protagonisti del romanzo. Alcuni di essi si concentrano su singole città come Giuseppe Belotti nell’opera Bergamo nei promessi sposi[46] o Empio Malara che invece si sofferma sulla città di Milano nell’opera I paesaggi dei Promessi Sposi. Le bellezze della grande Milano svelate da Alessandro Manzoni[47] nata in collaborazione con il Centro Nazionale di Studi manzoniani.

Le correzioni ai Promessi Sposi e l’unità della lingua

La casa editrice Rechiedei nel 1874 pubblica un breve libro[48] di Luigi Morandi: Le correzioni ai Promessi Sposi e l’unità della lingua.[49] L’obiettivo dell’autore è espresso nell’avvertenza: «offrire al pubblico la storia e insieme un saggio delle correzioni nelle quali abbiamo la miglior prova della bontà della dottrina manzoniana sulla lingua giacchè ce la troviamo attuata pienamente e con ottimi effetti».[50]

L’opera contiene una lettera inedita di Alessandro Manzoni ad Alfonso della Valle di Casanova datata 30 marzo 1871 il cui permesso di pubblicazione è stato ricevuto dalla casa editrice da parte dell’autore stesso. In questa lettera Manzoni parla delle correzioni, soprattutto linguistiche, che ha inserito nell’ultima edizione del suo capolavoro, correzioni di cui, esibendo la sua consueta modestia dice «Ma ahimè! Anche di queste non posso farmi bello, perché non vengono a me; vanno a un tutt’altro e ben altro autore, voglio dire a un popolo, cioè a uno di quegli enti composti e multiformi, ognuno de’ quali, però, nelle cose in cui è uniforme, costituisce una grande e distinta unità».[51] Dopo la lettera inizia la sezione del libro dedicata al discorso di Luigi Morandi riguardo ai pregiudizi letterari sorti intorno al romanzo dopo la pubblicazione dell’edizione riveduta dei Promessi Sposi nel 1942. Le modifiche che l’autore milanese inserisce in questa edizione definitiva, «a detta d’alcuni,» producono un caso «in tutto simile a quello della Gerusalemme liberata».[52] Morandi riporta esempi di termini presenti nella prima edizione e le relative correzioni in quella successiva, ma anche esempi di cambiamenti sintattici e semantici, anche se rari soprattutto nei primi capitoli. Le correzioni sintattiche «mirano tutte a togliere al libro quanto c’era d’artifizioso e di contorto, e a conformarlo all’andatura piana e disinvolta dell’Uso».[53]

L’ultima sezione è riservata a un saggio comparativo della prima edizione dei Promessi Sposi con la seconda in cui il testo dell’una e dell’altra edizione sono posti su due colonne distinte: il lettore può, in questo modo, prendere atto subito delle differenze tra le due stesure avendole entrambe sott’occhio nella stessa pagina

La topografia del romanzo I promessi sposi

Nel 1895 Giuseppe Bindoni pubblica presso l’editore Enrico Rechiedei di Milano un’opera intitolata La topografia del romanzo I promessi sposi,[54] corredata da carte topografiche, tipi e vedute.[55]

L’autore ripercorre i luoghi del romanzo inserendo molte citazioni e riferimenti tratti dal testo di Manzoni che descrivono precisamente gli ambienti per cercare di trovarne un riscontro nella realtà. In alcuni casi Bindoni si concentra sulle abitazioni dove si svolgono le vicende come accade nelle sezioni riservate alla casa di don Abbondio[56] e a quella di Lucia:[57] riporta degli estratti di testo per cercare di capire dove sono collocate le case e come sono strutturate al loro interno. Nella sua indagine topografica Bindoni inserisce anche delle piantine di città o paesi oltre che a illustrazioni di Francesco Gonin che riproducono quei luoghi secondo le volontà di Manzoni: un esempio emblematico è offerto dal paesino di Olate, quello dei due protagonisti.[58] In quest’ultimo caso, ad esempio, Bindoni passa in rassegna diversi paesini nei dintorni di Lecco, da Rancio a Castello, da Germanedo a San Giovanni alla castagna, da Olate ad Acquate, cercando di rintracciare nel testo del romanzo informazioni che gli facciano capire quale di questi sia il paese scelto da Manzoni per essere il luogo teatro delle vicende dei due promessi; li esclude uno ad uno per varie motivazioni come il numero delle campane della chiesa per citarne uno, per arrivare ad affermare che il paese di Renzo e Lucia è Olate.

Alla fine dell’opera una sezione è dedicata ad uno dei luoghi dove visse Manzoni per un certo periodo, il palazzo al Caleotto, in cui ha iniziato a progettare il suo romanzo.[59]

Il testo sopra riportato è tratto dalla tesi di laurea di Simona Bressan, intitolata I volti di un classico: itinerario tra casi editoriali dei Promessi sposi, discussa il 14 dicembre 2016 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, avente come relatore il Professor Roberto Cicala.

 

[1] Geno Pampaloni, Sergio Pautasso, Edoardo Villa et al., Letture Manzoniane ʼ87, Centro Nazionale di studi Manzoniani, Milano 1988.

[2] Alessandro Manzoni, I Promessi sposi. Storia milanese del secolo XVII scoperta e rifatta, Beretta per Lecco, Lecco 2000.

[3] Alessandro Manzoni, I Promessi sposi. Antologia, a cura di Vincenzo Jacomuzzi, Attilio Dughera, Petrini, Torino 2011.

[4] Alessandro Manzoni, I Promessi sposi. Antologia, a cura di Gilda Sbrilli, Loescher, Torino 2011.

[5] Ibi, quarta di copertina.

[6] Alessandro Manzoni, I Promessi sposi. Antologia, a cura di Enrico Ghidetti, Bulgarini, Firenze 2010.

[7] Sulla quarta di copertina si legge: «Non un ennesimo libro, quindi, sostanzialmente finalizzato a far svolgere esercizi standardizzati e ripetitivi. Al contrario, una proposta di lettura la cui valenza didattica si esprime nel far cogliere al lettore, in modo non meccanico, ma consapevole, gli aspetti narrativi dell’opera, i temi sempre attuali affrontati dall’Autore, la qualità letteraria di un testo che può essere colta solo se la lettura riesce ad essere altamente motivante»: ibidem.

[8] Alessandro Manzoni, I Promessi sposi. Antologia, a cura di Marco Romanelli, Giuseppe Battaglia, Edisco, Torino 2008.

[9] Sulla quarta copertina del volume, oltre alle informazioni sugli strumenti didattici dell’edizione e sulla Guida per l’insegnante che la accompagna, si legge: «Le motivazioni che hanno spinto a offrire una scelta antologica dei Promessi sposi nascono dalla pratica scolastica che spesso deve fare i conti con i tempi e la programmazione che obbligano a tagli e raccordi difficili da proporre»: ibidem.

[10] Angelo Restelli, Leggendo i Promessi sposi: il Sarto, Scuola tipografica Istituto san Vincenzo, Milano 1927.

[11] Ibi, p. 3.

[12] Il numero di capitolo è in numero romano seguito dal numero della riga in cifre arabe.

[13] Mario Mazzucchelli, Manzoni e la monaca di Monza, Cino del Duca. Le edizioni mondiali S.p.A., Milano 1964.

[14] La copertina, in brossura, riporta l’immagine della monaca di Monza realizzata dal pittore Renato Vernizzi. Il blocco libro è costituito da fascicoli in carta uso mano avorio. Sono presenti anche dieci illustrazioni su carta patinata. Il titolo dell’opera è riportato anche sul dorso della copertina.

[15] Già nel titolo del capitolo l’autore sottolinea una delle diversità che si possono riscontrare tra il Fermo e Lucia e I promessi sposi evidenziando il cambiamento linguistico nel nome della monaca.

[16] Ibi, p. 50.

[17] Ibi, p. 10.

[18] Ferdinando Villani, Lucia Mondella ovvero I promessi sposi. Dramma per Ferdinando Villani di Foggia, Masciangelo, Lanciano 1869.

[19] Ibi, pp. 3-12.

[20] Antonino Catulli, I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti, Artigianelli, Roma 1900.

[21] Anne-Christine Faitrop Porta, I promessi sposi. Riduzioni teatrali, Olschki, Firenze 2001.

[22] Vittorio Martinelli, Matilde Tortora, I promessi sposi nel cinema, La mongolfiera, Cosenza 2004.

[23] Salvatore Silvano Nigro, Silvia Moretti, Promessi sposi d’autore: un cantiere letterario per Luchino Visconti, Sellerio, Palermo 2015.

[24] Giovanni Debettin, Nuizes, libera traduzione e interpretazione de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni in vernacolo ladino, Tetragono, Milano 1983.

[25] Duilio Farneti, “Ste spusalizi un’s’à da fè!” I promessi sposi in dialetto romagnolo, Stilgraf, Cesena 1986.

[26] Raffaele Pisani, I Promessi sposi in poesia napoletana, Cooperativa Universitaria Editrice Catanese di Magistero, Catania 2013.

[27] Guido da Verona, I Promessi sposi, La Vita Felice, Milano 1998.

[28] Bruno Sarda, I Promessi topi, The Walt Disney Company, in “Topolino”, XXX (1989), 1769-1771.

[29] Edoardo Segantini, I Promessi paperi, The Walt Disney Company, in “Topolino” XXVII (1976), 1086-1087.

[30] Antonino Catulli, I promessi sposi di Alessandro Manzoni: commedia in 6 atti, Artigianelli, Roma 1900.

[31] È un’edizione in brossura, con il blocco libro cucito e formato da fascicoli in ottavo, con carta uso mano avorio. La copertina riporta tutte le informazioni presenti nel frontespizio incorniciate da motivi geometrici e floreali. Il titolo e il luogo di pubblicazioni sono stampati in rosso.

[32] Ibi, p. 3.

[33] Guido da Verona, I Promessi sposi, La Vita Felice, Milano 1998.

[34] È un’edizione in brossura, con il blocco libro, in carta uso mano avorio, cucito e costituito da fascicoli in sedicesimo. Sulla copertina sono riportati il titolo, il sottotitolo, il genere dell’opera e, sopra all’indicazione della casa editrice, i ritratti dei due autori inseriti in due ovali; il tutto è incorniciato da un motivo geometrico a forma rettangolare in arancione. Sul dorso sono indicati il titolo in arancione e i due autori con il genere del romanzo in nero, mentre sulla quarta di copertina il simbolo della casa editrice.

[35] «A pochi giorni dall’uscita, l’opera venne ritirata dal commercio perché presentava sulla copertina e sulla prima pagina intera il nome e l’effige di don Alessandro accanto a quello di un da Verona beffardamente ritratto insieme a uno dei suoi cani; apportate le necessarie mende, fu bloccata […] questa volta con l’accusa di vilipendio alla religione, alla morale e all’ideologia fascista»: Giuseppe Sergio, “I Promessi Sposi” di Guido da Verona: appunti sulla lingua e sullo stile, in “ItalianoLinguaDue”, II (2010), 1, p. 221.

[36] Guido da Verona, I Promessi sposi, La Vita Felice, Milano 1998, seconda di copertina.

[37] In particolare nel Mio discorso all’Accademia degli Immortali.

[38] «Una filiazione del fumetto, rivelata dalla ormai mitica testata delle edizioni Del Duca, ma intitolata con preciso riferimento ad una forte sedimentazione e concentrazione dell’universo multiplo e scorrevole hollywoodiano, “Grand Hotel”, che uscì nel 1946 con storie sceneggiate e disegnate da Walter Molino e da Giulio Bertoletti, per poi trasformare le “figure” da disegno a fotografia. Una filiazione risolutamente cinematografica con “Bolero film”, nata nel 1947 come ramificazione popolare del grande apparato mondadoriano, diretta da Luciano Pedrocchi»: Alberto Abruzzese, Fotoromanzo, in Alberto Asor Rosa, Letteratura italiana. Storia e geografia, Giulio Einaudi editore, Torino 1989, vol. 3: L’età contemporanea, p. 1269.

[39] Anna Bravo, Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003, p. 8.

[40] I Promessi sposi. Grande fotoromanzo del capolavoro di Alessandro Manzoni, “Albi Bolero Film”, Mondadori, Milano 1953, (“Grandi firme”).

[41] Ibi, frontespizio interno.

[42] Elena Brancati, Beatrice Porchera, La promozione degli “Oscar”: «aver fede costanza coraggio nelle imprese nelle quali si crede», in Libri e scrittori da collezione. Casi editoriali in un secolo di Mondadori, a cura di Roberto Cicala, Maria Villano, Gian Carlo Ferretti, EDUCatt Università Cattolica, Milano 2007, (“Quaderni del laboratorio di editoria”), p. 165.

[43] Alcuni esempi significativi sono:

Luigi Morandi, Le correzioni ai Promessi Sposi e l’unità della lingua, Fratelli Rechiedei Editori, Milano 1874; Natale Busetto, La genesi e la formazione dei Promessi sposi, Zanichelli, Bologna 1921; Grazia Raffa, Lingua e stile nei “promessi Sposi”, S.E.I., Roma 1935; Enzo Girardi, Struttura e Personaggi dei Promessi sposi, Jaca Book, Milano 1994; Jones Verina, Le dark ladies manzoniane e altri saggi sui «Promessi sposi», Salerno, Roma 1998; Luigi Russo, Personaggi dei Promessi sposi, Laterza, Bari 2002; Carlo Annoni, Eraldo Bellini, Luca Badini Confalonieri et al., Questo matrimonio non s’ha da fare: lettura de I promessi sposi, Vita e Pensiero, Milano 2005; Giovanni Acerboni, Manzoni e il vero falsificato. Saggio sui Promessi sposi e sulla poetica manzoniana, Aracne, Roma 2012; Giovanni Fighera, Il matrimonio di Renzo e Lucia. Invito alla lettura de «I Promessi sposi», Itaca, Castel Bolognese 2015.

[44] Gino Tellini riguardo ai Promessi sposi parla di «bifrontismo di un’opera insieme facile e difficile, dolce e amara, affabile e severa, limpida e complicata, scritta dall’“infinita potenza di una mano che non pare aver nervi”. I Promessi sposi sono in apparenza una bella favola a lieto fine e di fatto una contro favola piena di veleni»: Gino Tellini, Il romanzo italiano dell’Ottocento e Novecento, p. 47.

[45] Antonio Guadagnoli, Elegia episodio estratto dalla descrizione della peste di Milano inserita nel romanzo “I promessi sposi” di A. Manzoni, in Storia della famosa peste di Milano, Pagnoni, Milano s. d..

[46] Giuseppe Belotti, Bergamo nei promessi Sposi, Grafica e Arte, Bergamo 1984.

[47] Empio Malara, I paesaggi dei Promessi Sposi. Le bellezze della grande Milano svelate da Alessandro Manzoni, Chimera, Milano 2014.

[48] Luigi Morandi, Le correzioni ai Promessi Sposi e l’unità della lingua, Fratelli Rechiedei Editori, Milano 1874.

[49] Il libro presenta una copertina cartonata blu, senza scritte. Il titolo sintetizzato è riportato sul dorso. Il blocco libro, cucito, è costituito da fascicoli di formato diverso tra loro.

[50] Ibi, p. 6.

[51] Ibi, pp. 10-11.

[52] Ibi, p. 25.

[53] Ibi, p. 54.

[54] Giuseppe Bindoni, La topografia del romanzo I promessi sposi, Enrico Rechiedei, Milano 1895.

[55] Questa informazione è riportata sul frontespizio dell’opera.

[56] Ibi, pp. 42-43.

[57] Ibi, pp. 64, 65 e 69.

[58] Ibi, p. 47.

[59] Ibi, pp. 234-235.

 

 

 


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