La libreria d’occasione Simon Tanner sorge in Via Lidia, nel quartiere di Appio Latino di Roma, a pochi passi da quel “pezzo di campagna romana” che è il parco della Caffarella. L’idea di aprirla nasce dall’incontro tra Rocco Lorusso e Vincenzo Goffredo.

La libreria deve il suo nome a uno dei personaggi del romanzo I fratelli Tanner di Robert Walser, che Rocco e Vincenzo considerano un capolavoro della letteratura del ‘900.

Rocco Lorusso e Vincenzo Goffredo con la loro gatta Tina.

Rocco e Vincenzo – con le loro meravigliose gatte Tina e Marylin – abitano e plasmano lo spazio con cura e passione, rendendolo al tempo stesso fortemente identitario e accogliente. Varcato l’ingresso, due comode poltrone offrono ospitalità all’avventore, quasi invitandolo a prendersi del tempo, a fare un giro per poi fermarsi a leggere o a sfogliare uno dei loro tanti libri, spesso altrove introvabili. Il bancone di Rocco e Vincenzo, invece, sorge quasi nell’ombra. I due, discretamente, assolvono i loro consueti lavori: spostano pile di libri, ricercano qualche titolo di cui sfugge momentaneamente la collocazione o sfogliano libri per valutarne il possibile acquisto. Il catalogo è tutto nella loro mente – sono loro –, pronto a essere consultato dai possibili lettori in qualunque momento.

Grazie all’ampio spazio di cui dispongono – una vera rarità tra le librerie di questo tipo – Rocco e Vincenzo riescono a dare vita a iniziative e incontri culturali, promuovendo negli anni alcuni dei loro autori più amati.

Che tipo di libreria vi definite?

Vincenzo: Libreria d’occasione.

Qual è il vostro modus operandi, a livello tecnico e logistico?

Vincenzo: Premessa, parliamo della situazione pre-COVID. Ci riforniamo da privati o in mercatini. A Roma, ma a volte è capitato anche di andare in Umbria o in zone circostanti.

Rocco: Anche a Milano. Una volta andavamo spesso per fiere: era anche un’occasione per rifornirsi. È capitato più di una volta che amici a Milano ci segnalassero persone che dovevano disfarsi di libri e noi li andavamo a prendere.

Dai privati prendete tutto o fate una cernita?

Rocco: Quasi mai prendiamo tutto. Sin dall’inizio dell’attività abbiamo sempre cercato di scegliere cosa portar via. Poi, molte volte, non proprio spessissimo, capita che venga accettato il prezzo che offriamo, ma a condizione di portar via anche il resto. Allora è un altro discorso, si porta via tutto perché è la conseguenza di un accordo.

Vincenzo: Oppure mandiamo associazioni di beneficenza a portar via ciò che proprio non ci interessa.

Anche perché siete solo voi due che vi occupate dell’attività, no?

Vincenzo: Sì. Considera anche che al mercato di Porta Portese – e qui forse l’imperfetto è adeguato – ogni tanto, quando si accumulavano troppi libri, facevamo delle offerte mono prezzo, per esempio tutto a 5 o a 2 euro. Lì ci andavano libri che ci avevano regalato acquistando altro materiale oppure che stavano in libreria da anni. Adesso, se e finché non riapre Porta Portese, sarà un problema perché non c’è più questa valvola di sfogo per sgombrare il materiale in più.

Però abbiamo sempre preferito non aggiungere costi, anche perché questi libri poi vanno stoccati, distribuiti, è comunque un lavoro in più, oltre che una spesa.

E, in generale, avete qualche politica di imposizione dei prezzi?

Rocco: Di solito per l’acquisto si fanno delle valutazioni. Se so che quei libri hanno un valore X, faccio un’offerta proporzionata a un mio plausibile ricavo. Ovviamente, qualora la persona dovesse fare una controproposta, il tetto lo si stabilirebbe sul momento. Non è una questione matematica. Anche perché il libro che vale 100 non esiste. Il valore di un libro, nel nostro lavoro, è sempre molto teorico. Dipende dal pubblico che hai, a chi lo proponi.

Vincenzo: Tranne il libro in catalogo, che è una parte del nostro lavoro. Quello lo vendiamo a metà prezzo e, se è un po’ rovinato, anche a meno.

Rocco: Lì è più semplice fare una valutazione, soprattutto se so che alcuni libri sono ancora disponibili nel mercato del nuovo. Per il libro di valore tutto sta un po’ nel raggiungere un accordo conveniente per entrambe le parti. Si opera una piccola trattativa.

Vincenzo: Negli ultimi anni poi è capitato abbastanza spesso – adesso un po’ meno – di trovare gente che cerca le quotazioni su internet, dove si trovano sempre quotazioni sballate verso l’alto. A volte capita che trovino la quotazione del tal libro a 500 euro, ma che tu a più di 100 quel libro non lo puoi vendere, quindi non gli puoi offrire più di 50. E si scandalizzano. Allora li inviti a chiamare la persona che glielo vende a 1000, di proporglielo a 500 e di vedere cosa gli risponde.

Rocco: Non gli darà nemmeno 50. Il mercato online negli ultimi anni è anche colpevole del degrado del tipo di lavoro che facciamo. Colpevole nel senso che si sono inseriti su un portale come Ebay o Amazon, ancor peggio, molti dilettanti. Questi canali lasciano le porte aperte a chiunque e, così, la confusione dilaga. Mentre prima c’erano solo Maremagnum e AbeBooks, per esempio, siti specifici di librerie e professionisti del mondo del libro usato, raro o antico. Qui ti accorgevi che i parametri del prezzo avevano una logica.

Vincenzo: Per il tipo di situazione in cui noi operiamo, sempre in era pre-COVID, dunque tra la libreria, Porta Portese e mercati vari in giro per l’Italia (piazza Diaz a Milano, mercati di Bologna, Salone del Libro Usato, etc.), abbiamo sempre cercato, per quanto riguarda il libro esaurito e raro, di fare dei prezzi che andassero bene per tutte queste situazioni. Per non cambiare prezzo in continuazione a seconda di dove porti il libro. Di norma i nostri prezzi sono più bassi di quelli che si trovano su internet. Tendiamo a fare prezzi che siano comunque vantaggiosi sia per l’acquirente occasionale di Porta Portese sia per l’appassionato di libri. Questo non è perché siamo più buoni, ma perché proprio non abbiamo la clientela, come hanno altri, di collezionisti dell’alta borghesia o dell’aristocrazia.

Rocco: Ognuno misura il proprio orto. Non c’è un ente che stabilisce il prezzo del libro raro, insomma.

Ecco, a proposito di questo tema, per che tipo di categorie di clienti volete o pensate di essere più appetibili?

Vincenzo: Per tutti. Dal ragazzo che fa il liceo e cerca il libro che gli hanno dato da leggere e lo vuole a metà prezzo, al collezionista. Ci è capitato di vendere libri molto importanti a fior di collezionisti.

Rocco: I limiti non sono quelli dei nostri desideri, ma quelli di dove realmente operi. La nostra libreria non è in corso Rinascimento, dietro il Pantheon o a Piazza Duomo a Milano, quindi in questa posizione geografica della città ci sono determinate caratteristiche. E proprio per queste caratteristiche, compresa la zona defilata, abbiamo potuto avere uno spazio molto grande (penso che sia la libreria d’occasione più grande di Roma).

Interno Simon Tanner.

Vincenzo: Distinguiamo tra un piano terra con i libri esauriti e rari e un piano di sotto con libri a metà prezzo, o comunque esauriti, ma di un minor valore commerciale, a nostro avviso. C’è chi viene e va solo al piano di sotto, chi invece solo al piano terra, ma un po’ tutti danno uno sguardo complessivo. Anche perché da noi una prima edizione può costare sui 10-12 euro, quasi meno del tascabile.

Rocco: Infatti, questa, chiamiamola così, “politica” che abbiamo adottato non so quanto possa essere redditizia, però ci consente di avere la soddisfazione di vedere che anche ragazzi, che magari devono fare esami per l’università, possono scegliere di comprarsi anche una prima edizione di Minima Moralia di Adorno perché ha un prezzo a loro accessibile. Quel libro ha per loro un valore importante, dato lo studio che gli hanno dedicato, e il fatto che sia una prima edizione contribuisce a questo valore. E vediamo che questi ragazzi, giovanissimi, cominciano anche a capire la nostra funzione di librai nel far apprezzare le cose di un certo valore. Una prima edizione di Pavese o di Adorno deve suscitare qualcosa in più, questo per noi è importante. Vedere che questo lavoro spesso produce l’effetto desiderato è una piccola soddisfazione.

Vincenzo: Anche perché spesso poi, soprattutto chi non le conosce, rimane incantato dalla bellezza, dalla sobrietà e dall’eleganza delle vecchie edizioni, rispetto allo sparato attuale. Spesso si innamorano proprio di questi oggetti.

Rocco: Fino a qualche tempo fa, prendevamo uno stand anche alla Festa dell’Unità. Lì era uno degli ambienti dove portavamo due terzi di libri economici, anche una quota di libri più rari. Un giochino che ci piaceva fare era quello di mettere vicine una prima edizione e una successiva, per far vedere anche esteticamente la differenza, far notare anche come, nella storia dell’editoria, la grafica editoriale sia mutata nel tempo. Poi a ognuno di giudicare quale fosse la più bella! Era un lavoro che si faceva volentieri in occasioni in cui c’era un pubblico prevalentemente giovane. Avere anche la funzione di far notare delle differenze: questo è un gesto che cerchiamo sempre di portare avanti ogni volta che ne abbiamo la possibilità.

Vincenzo: Libri particolarmente brutti cerchiamo di non averne, se vuoi per un gusto estetico.

No, ma è importante anche per la costruzione di uno spazio, di un luogo…

Vincenzo: Anche di un’identità, inutile negarlo, di mercato. A volte, perfino quando facciamo le offerte a due euro a Porta Portese e magari buttiamo dentro cose che ci hanno regalato e che normalmente non butteremmo dentro nemmeno a quel prezzo, succede che i clienti ci chiedano che ci faccia quel libro lì: risulta comunque un pugno dell’occhio.

Credo sia molto importante educare il gusto del pubblico.

Vincenzo: Non è snobberia, non abbiamo solo cose eccelse. Abbiamo anche curiosità, cosine simpatiche però, ecco, cerchiamo sempre di mantenere un livello di un certo tipo. Spesso diciamo che vendiamo solo i libri che ci piacciono, non necessariamente i libri che abbiamo letto, ma quelli che leggeremmo se avessimo 300 vite. Forse ci sono un paio di titoli sfuggiti al nostro vaglio critico, o comunque libri validi che non ci piacciono, ma che dobbiamo tenere per forza perché hanno una loro ragion d’essere. Il Mein Kampf lo teniamo perché è un documento storico, tanto per fare un esempio.

In situazioni come la nostra, in librerie o banchi, è anche l’unica maniera per trovare libri di autori considerati minori, per esempio del ‘900 italiano, che non vengono più ristampati. Avremmo piacere che questi autori si trovassero anche nelle librerie nuove e che la gente venisse da noi per prenderle a metà prezzo o per trovare la prima edizione, invece non è così, il che è un vantaggio per noi, ma non ci fa così piacere che per leggere Ercole Patti tu debba venire solo qua perché nessuno lo ristampa.

Rocco: Qui c’è tutto quello per cui saremmo felici di poter leggere e sfogliare se avessimo tante vite. È un mondo che però, ne siamo consapevoli, sta svanendo. Siamo rimasti proprio pochi. Da lì nasce forse la soddisfazione di vedere un “pischelletto” di 20 anni che apprezza quello che stai facendo, un’idea così palesemente di nicchia. Non tutto è perduto, c’è possibilità che qualcosa si evolva anche in meglio.

Quali sono le motivazioni della vostra scelta di non vendere sul web e di non fornire un catalogo consultabile online? Immagino che invece, per vostro uso, abbiate un catalogo a cui rifarvi.

Vincenzo e Rocco: No, no.

Fate tutto a memoria? Fantastici. 

Rocco: Più che una scelta, quella di non vendere online è stata una conseguenza del nostro tipo di lavoro. Non abbiamo deciso a priori. Negli ultimi anni, molto meno, ma fino a 6-8 anni fa muovevamo tonnellate di libri: in due, mettersi a catalogare con la libreria da gestire e i mercati in giro per l’Italia non era fattibile. Le piccole librerie che hanno solo la libreria facevano il nostro stesso incasso catalogando. Noi senza il catalogo, ma con i vari mercatini e mercatelli, riuscivamo a portare a casa più o meno la stessa cifra.

Era anche difficile poter inserire nella nostra identità un terzo. Questa è un’altra peculiarità di questo tipo di lavoro: siamo identificati come Rocco e Vincenzo da tanti anni. Inserire un altro elemento in quello che sembra un grande caos, ma che ha comunque un suo ordine, creatosi tra noi nel corso degli anni, non era fattibile. Chiunque si troverebbe malissimo. Siamo delle persone a cui tutti vogliono bene e che tutti stimano, ma sono sicuro che se chiedessimo a qualcuno di venire a lavorare una settimana con noi si troverebbe a disagio, e noi lo stesso.

Vincenzo: Sull’idea di Amazon come canale privilegiato per vendere i libri ho delle riserve in merito, specialmente per il libro d’occasione, usato e raro. Secondo me la materialità è essenziale.

Chi vende online fa una descrizione del libro, ma quello che per me è “in buono stato di conservazione” può non esserlo per te, tanto per dirne una. Inoltre, Il libro è inscindibile dalla sua esistenza fisica, ti spinge a toccarlo. Capita che la gente spesso venga da noi in cerca orientativamente di una cosa e ne trovi poi tutt’altra perché rimane affascinato da qualcosa di cui non conosceva l’esistenza, o che scopre chiacchierando, attraverso divagazioni e altri canali.

No, secondo me internet non è l’ideale per vendere i libri. Il libro è un oggetto, ma è anche una merce molto particolare che necessita di un’attenzione e di una cura specifica cui, soprattutto per quanto riguarda il libro d’occasione, Amazon non può sopperire. Se vendessimo libri soltanto online per noi diventerebbe un lavoro come un altro, come vendere caciotte. Per carità, le caciotte son buonissime, però il contatto con le persone e anche la scoperta reciproca verrebbero meno. Succede spesso che la gente venga qui e scopra cose che non conosce, ma anche a noi succede che la gente ci faccia scoprire o ci chieda cose che non abbiamo mai visto e nemmeno sentito. È un arricchimento continuo e reciproco.

Come e quando è nata la Simon Tanner? Da quanto esistete così?

Vincenzo: La libreria nasce 16 anni fa, ma ha alle spalle 15 anni di Porta Portese mia e 10 anni di Rocco. Io ho anche lavorato in una Feltrinelli, qui a Roma, per tre anni. Quando la Feltrinelli era tutta un’altra cosa, assolutamente l’opposto di oggi: quando racconto com’era organizzato il lavoro lì rispetto ad adesso la gente non ci crede. Comunque, c’era un qualcosa dietro: non puoi aprire una libreria come questa se non hai un’esperienza alle spalle, ti devi saper regolare sotto vari punti di vista. Molta gente affascinata ci chiede sempre: “Ma se aprissi una libreria…”. Noi sconsigliamo sempre tutti, non per guastare la festa, ma perché è un lavoro di cui è difficile vivere. E se non ti orizzonti per bene nel mare immenso di titoli, autori, editori, non ne esci fuori. È una giungla tale che devi avere il tuo machete mentale per andarci dentro.

Rocco: I nostri stessi colleghi (all’epoca tanti, almeno 20-30), per lo più librai come noi di Porta Portese, quando abbiamo aperto si immaginavano una piccola libreria, un piccolo magazzino, più o meno arrangiato. All’inaugurazione, quando si sono ritrovati di fronte a questo spazio (oltre 200 mq) si sono veramente stupiti, pensando che fossimo impazziti.

C’è un motivo particolare perché avete scelto di aprire la libreria proprio ad Appio Latino?

Vincenzo: Non volevamo un posto centrale, ma cercavamo un posto grande, in una zona che non fosse neanche troppo periferica. Dopo molte ricerche, trovammo questa via che, non essendo commerciale, costava abbastanza meno rispetto ai prezzi che si trovavano all’epoca. Ci è piaciuto anche il fatto che a cento metri inizia il parco della Caffarella, che non è un parco urbano, ma un pezzo di campagna romana con le rovine, i pastori, che entra quasi fino nel centro della città. Ci piaceva l’idea che uno potesse comprare da noi un libro, andarsene al parco e starci anche tutta la giornata.

Aprire il piccolo locale in centro con la stessa cifra significava fare soltanto i libri rari e non ci piaceva l’idea. Volevamo anche un posto dove la gente potesse venire, sedersi, stare, a prescindere dall’acquisto.

Dunque, la libreria come spazio di aggregazione, di incontro, di esperienza. Da quanto e in che modo riuscite a coniugare il vostro lavoro, anche dal punto logistico e gestionale, con l’organizzazione di eventi culturali e di promozione di temi che vi appassionano?

Il poeta e scrittore Robert Walser (Biesl 1878 – Herisau 1956).

Rocco: Le iniziative hanno preso vita quasi fin da subito. Nel 2006, a nemmeno due anni dall’apertura, ricorrevano i 50 anni dalla morte di Robert Walser, l’autore dei Fratelli Tanner, a cui è dedicata la libreria, e abbiamo colto l’occasione. Avevamo in mente di programmare un evento per ricordarlo e poi invece si è trasformato in una programmazione lunghissima di due mesi, con cinque appuntamenti molto grandi, che ha avuto un’eco anche sui giornali.

Rocco: Fare questi eventi rientrava anche nello spirito del perché abbiamo scelto un posto così grande. Ci piace l’avere una sala sopra da poter usare per far diventare questa libreria un centro di aggregazione per interessi, per affinità. Questa è stata una cosa molto bella che adesso, ovviamente, non sapremo come potrà andare avanti.

Vincenzo: Comunque ha avuto ottimi risultati, soprattutto per far conoscere la libreria. Non tanto per l’incasso che fai la sera, quanto per il fatto che quasi sempre abbiamo visto che la gente che era venuta era rimasta contenta. Magari poi ne hanno parlato a qualcun altro e per noi questo è fondamentale. Anzi, adesso proprio che avevamo preso un bel ritmo e ne facevamo uno al mese…

A proposito degli autori che più amate, negli anni avete cercato di promuoverli e diffonderli in modo particolare?

Vincenzo: Sì, infatti a Roma siamo conosciuti come “quelli di Robert Walser e Antonia Pozzi”!

Rocco: Beh, Robert Walser fu una sfida agli inizi, chiamando la libreria Simon Tanner. Quando abbiamo inaugurato prendemmo da Adelphi cento copie dei Fratelli Tanner: a tutti quelli che venivano nei primi tempi e sapevano a cosa si riferisse il nome regalavamo una copia. Penso che avessimo regalato meno di dieci copie. Però nel tempo, dopo la serie di incontri che facemmo su di lui, anche in collaborazione con l’Istituto Svizzero e la Pro Helvetia, siamo diventati quelli di Robert Walser e Simon Tanner.

La poetessa Antonia Pozzi (Milano 1912 – Milano 1938).

Poi abbiamo avuto l’occasione di dedicare un evento ad Antonia Pozzi, poetessa milanese, morta suicida, che a noi piace in modo particolare. Ci siamo probabilmente mossi abbastanza bene perché siamo riusciti a contattare la biografa, Alessandra Cenni, e la invitammo a presentare. In maniera del tutto casuale proprio in quei giorni Garzanti stava ripubblicando la raccolta di tutte le sue opere, di cui ci arrivarono 28 copie. La serata fu un successo sbalorditivo, soprattutto considerando che Antonia Pozzi non è molto nota (ci saranno state tre persone che la conoscevano). Gli altri vennero forse per la fiducia che ci siamo guadagnati nel tempo con le iniziative promosse. Le 28 copie sono volate: è stato l’unico libro nuovo venduto in questa libreria, esaurito subito.

Vincenzo: Rocco ebbe anche l’idea di fare dei segnalibri con le poesie di Antonia Pozzi. Facemmo due serie di sei e li portammo in giro per i mercati d’Italia, distribuendoli a tutti. Avemmo i complimenti del Centro Antonia Pozzi a Milano che ci disse che probabilmente nessuno più di noi aveva fatto conoscere la poetessa. Molti leggevano queste poesie, rimanevano folgorati e si chiedevano chi le avesse scritte.

Rocco: Alcune iniziative sono nate proprio come un gioco. Una volta a settimana, sempre il giovedì, facevamo degli incontri sugli articoli determinativi, poi su quelli indeterminativi. Oppure raccoglievamo delle parole dai clienti, la sera ne sorteggiavamo tre e ne parlavamo. Un bellissimo gioco da cui sono venute fuori serate meravigliose.

Come vi rapportate con altre realtà come la vostra, con la “concorrenza”?

Vincenzo: Come ti accennavamo, è un mondo in cui ognuno la vede a modo suo. Ci sono personalità anche molto particolari. A Roma si dice: se non so’ matti non ce li volemo, per cui a volte con qualcuno è anche difficile andare d’accordo. Per noi la concorrenza non esiste. Anche a Porta Portese: prima eravamo solo noi a vendere libri nel nostro angolo di mercato, poi sono arrivati altri e molti ci hanno detto: “Ah, ma vi fanno concorrenza”. Ma manco per sogno, anzi, perché creano un polo.

Rocco: Se in quartiere qualcuno aprisse una libreria, io sarei ben contento. Due? Ancora di più! Se ci fossero altre due librerie una quota del mercato sarebbe costretta a venire in Via Lidia, poi, che vinca il migliore. Sarebbe stato comunque, dal punto di vista commerciale, un vantaggio, non uno svantaggio.

Vi ringrazio e vi faccio i miei complimenti perché, oltre al grande carisma e alla passione, avete anche molto coraggio. Mi piacerebbe che posti come questo fossero più diffusi. I miei migliori auguri per il futuro.

 

Ricerca nata all’interno del corso di Editoria Letteraria, tenuto dal professore Roberto Cicala, promosso dal Collegio Santa Caterina per l’Università degli Studi di Pavia, nell’a.a. 2019/2020. Progetto a cura di Maria Fera.


(in "Editoria & Letteratura", editoria.letteratura.it).